La pandemia e i "nuovi poveri": il 56% in più dei pugliesi si è rivolto alla Caritas, pasti per 2,5 milioni di euro

La pandemia e i "nuovi poveri": il 56% in più dei pugliesi si è rivolto alla Caritas, pasti per 2,5 milioni di euro
di Matteo CAIONE
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Martedì 20 Luglio 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 07:58

La pandemia ha creato nuove povertà e ha allargato il solco delle disuguaglianze. Il primo lockdown, un buio lungo 75 giorni, da marzo a fine maggio 2020, ha fatto registrare in Puglia un aumento del 56% di persone che si sono rivolte alla Caritas. È il dato scritto con l’inchiostro più nero nel libro-report “Chiese chiuse…Chiesa aperta”, presentato ieri mattina a Bari, nell’Aula sinodale dell’arcidiocesi. Un volume-testimonianza realizzato da don Alessandro Mayer, delegato di Caritas Puglia, e dalla sociologa Serena Quarta, docente dell’università di Salerno e referente per la promozione umana della Caritas di Lecce: un viaggio di 108 pagine che è la sintesi ragionata della missione di carità compiuta dalle Chiese di Puglia al tempo della pandemia. Oltre ai curatori, sono intervenuti il vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano, Luigi Renna, presidente della commissione per i problemi sociali e il lavoro della Cei e segretario della Conferenza episcopale pugliese, il vescovo di San Severo e delegato della Conferenza episcopale pugliese per la pastorale della carità, Giovanni Checchinato, e il giornalista Enzo Quarto.

I numeri dell'emergenza: il 56% in più


L’indagine attraversa il periodo in cui le chiese-edificio sono rimaste chiuse al culto a causa delle restrizioni. Uno stop che ha messo in luce il volto delle chiese-comunità che, nel rispetto del distanziamento fisico, sono state testimoni di vicinanza sociale. Con l’esercizio della carità, racconta il report, la Chiesa della pandemia è stata paradossalmente una chiesa più missionaria di prima. E abitando la trincea della guerra contro il Covid il lavoro della Caritas ha intercettato povertà, disagi e bisogni. Parlano i dati. Da marzo a maggio 2020, in Puglia i 678 centri Caritas hanno svolto il ruolo di sentinelle nella notte. Circa 48mila famiglie pugliesi (quasi 120mila cittadini pugliesi) in due mesi e mezzo hanno chiesto aiuto ai vari avamposti Caritas, ovvero il 56% in più di persone rispetto al periodo pre-Covid. A soffrire maggiormente l’emergenza sono state le famiglie con minori, quelle che non avevano un lavoro stabile o che l’hanno perso proprio a causa della pandemia. E poi i lavoratori in nero, quelli che lavoravano alla giornata, braccianti agricoli e badanti. Ma non solo. La pandemia ha generato una “nuova povertà” attraversata da soggetti che, pur svolgendo lavori occasionali o precari, prima della chiusura forzata vivevano dignitosamente.

I nuovi profili e gli altri numeri


Tra le persone che si sono affacciate al mondo Caritas anche tanti piccoli commercianti, lavoratori autonomi e addirittura liberi professionisti, venditori ambulanti e camerieri. Questi i “nuovi poveri”. Categorie che il report definisce “insospettabili”: uomini e donne che prima dell’emergenza mai avrebbero pensato di dover bussare alle porte della Caritas per mangiare o pagare le bollette. Anche il focus relativo alle diverse fasce d’età presenti tra i beneficiari (tra i 45 e i 54 anni i più colpiti) conferma che i morsi della pandemia hanno aggredito soprattutto persone nel pieno dell’età lavorativa. In Puglia, attraverso un esercito di 3.300 volontari e col supporto anche degli Empori della solidarietà, la Caritas ha distribuito nel periodo emergenziale qualcosa come 10839 pacchi viveri (per un valore di 2 milioni e mezzo di euro), 54600 prodotti d’igiene (per 120mila euro), 1.900 farmaci (per 32.900 euro), 36.885 mascherine (33.700 euro), 9.650 buoni spesa (per 348mila euro) e altri 140mila euro per le iniziative della “spesa sospesa”: tutto in 75 giorni. Le 77 mense Caritas pugliesi sono state operative ogni giorno (molte col servizio da asporto per le misure anti-Covid) anche nel periodo più duro. E in meno di tre mesi hanno accolto 2.710 famiglie e garantito 150mila pasti. Poi il capitolo del sostegno al reddito: il pagamento di utenze è stato il costo che più ha gravato sulle famiglie in difficoltà e su questo fronte Caritas ha messo a disposizione 133mila euro.

Tra le richieste impellenti anche gli affitti e le spese improvvise o per visite mediche.


Sono state 3.666 le famiglie che all’alba della pandemia hanno usufruito di sussidi economici della Caritas prima ancora che fossero attivati gli aiuti statali: un numero peraltro sottostimato rispetto alla reale erogazione perché all’appello mancano i dati di molti centri. Per il servizio di integrazione al reddito sono stati utilizzati 360mila euro. E se si somma il valore dei beni offerti (pacchi viveri, vestiario, buoni spesa, pasti) la Caritas in Puglia ha sopportato una spesa pari a 5milioni e 215mila euro nel solo periodo che va da marzo a maggio del 2020: un numero che fotografa la portata della crisi esacerbata dalla pandemia. Fondi che Caritas ha raccolto soprattutto attraverso donazioni di privati (fondazioni, associazioni, cittadini, raccolte e altro ancora), mentre le risorse degli enti pubblici hanno inciso per il 5,4%. E l’appello della Caritas viaggia nella direzione delle istituzioni: le nuove povertà hanno messo in luce le debolezze e le fragilità del sistema di welfare. Si scivola nella povertà quando mancano i diritti: a causa di un reddito inadeguato, per lo sfruttamento, per la riduzione degli orari di lavoro, per la disoccupazione ma anche per la notevole presenza di lavoro nero o precario. Numeri e dati che invocano la necessità di un cantiere delle politiche sociali e delle tutele.

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