Balneari, la strettoia del Governo per evitare l’infrazione europea

Balneari, la strettoia del Governo per evitare l’infrazione europea
di Paola ANCORA
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Sabato 7 Ottobre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12:55

Concessioni balneari, il tempo stringe e la matassa, anziché sciogliersi, si è imbrigliata ancora di più in questi mesi. Il dato sulla “scarsità della risorsa naturale disponibile”, certificato - com’era prevedibile - dal Comitato tecnico riunitosi nei mesi scorsi a Palazzo Chigi, potrebbe essere parte integrante di un nuovo provvedimento dell’esecutivo, che verrebbe poi trasmesso alla Commissione europea perché valuti il da farsi e - come sperano i balneari e una parte del centrodestra - faccia un passo indietro sulle gare, da bandire a partire dall’1 gennaio 2024. Il rischio concreto, però, è quello di inasprire ulteriormente rapporti e trattativa sul punto: la Commissione, infatti, potrebbe decidere con parere motivato di “aggravare” la procedura d’infrazione già aperta a carico dell’Italia per la mancata applicazione della direttiva Bolkestein sulla concorrenza.

L'antefatto

Un passo indietro. Il tavolo tecnico che ha riunito parlamentari di centrodestra, funzionari dei ministeri e associazioni di categoria, ha stabilito che il 67% delle spiagge può essere teoricamente oggetto di nuove concessioni (anche tratti di costa rocciosa impervia o priva di strade d’accesso), a fronte di un 33% che è già oggetto di titoli o di domande in corso. Su questi numeri i balneari, con la sponda di una parte del centrodestra, intendono giocare la propria partita a Bruxelles per evitare di mettere a gara tutte le concessioni, limitando le procedure solo ai tratti di costa liberi. A quel punto le concessioni già in essere, secondo i parlamentari della maggioranza che sostengono le posizioni dei balneari, potrebbero essere prorogate. Insomma, di costa da sfruttare ce n’è per tutti e bandire le gare come impongono le leggi e le sentenze di Consiglio di Stato e Corte di giustizia europea, non è necessario. 
Con il Milleproroghe il Governo avrebbe voluto prendere tempo fino al 2025, ma dopo il severo richiamo del Capo dello Stato Sergio Mattarella, che ha promulgato la legge con riserva, e dopo una sentenza del Consiglio di Stato che ha stabilito la disapplicazione del Milleproroghe perché in contrasto con le norme europee, tutto si è fermato. Per esempio, non sono stati definiti i criteri per l’indizione delle gare pubbliche che - sempre per legge - avrebbero dovuto essere indicati entro luglio. Si è atteso che il tavolo tecnico concludesse i lavori, nonostante il forte scetticismo manifestato da una parte dello stesso esecutivo, preoccupato del possibile aggravarsi della procedura d’infrazione e, ancor di più, di vedere vanificato il lavoro compiuto in questi mesi per costruire un asse forte con l’Europa.

Resta da capire, quindi, quali saranno ora le prossime mosse del governo e della premier Giorgia Meloni in particolare giacché perplessità e dubbi sull’esito del tavolo tecnico sono già stati squadernati: di questo passo - è la convinzione di più di un ministro - si otterrebbe un duplice effetto boomerang. Da una parte, i Comuni dal 2024 potrebbero comunque partire con le gare per mettersi al riparo da eventuali ricorsi e rispettare la legge. Lo farebbero anche senza una “regia” nazionale, senza l’indicazione di criteri uniformi da seguire e che è responsabilità del Governo indicare. Il caos sarebbe così inevitabile. Dall’altra parte, la crescente confusione e gli ulteriori ricorsi assottiglierebbero il già esiguo potere contrattuale dell’Italia nei confronti dell’Unione europea e, quindi, tutelare gli interessi dei balneari di lungo corso diventerebbe impresa ardua anche per coloro che fino a oggi li hanno sempre sostenuti. Nel centrodestra c’è chi da tempo lo sussurra, sempre a microfoni spenti: «Alla fine sono i balneari i peggiori nemici dei balneari...», posizione peraltro a lungo sostenuta da Carlo Salvemini, il sindaco di Lecce che, per primo, ha sollevato il problema concessioni in sede di giudizio, vincendo. 

La strada per uscirne era stata delineata mesi fa e poi ricacciata in un cassetto.

Al termine di un confronto proficuo fra il Governo, rappresentato in quella occasione dal ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, e la Commissione europea si era pensato al varo di una norma - con “copertura” dell’Ue - che garantisse le gare in tempi rapidi e prevedesse anche criteri premiali per gli imprenditori che hanno investito con continuità negli anni. Ora, però, sono passati svariati mesi, la relazione frutto dei lavori del tavolo tecnico è tutt’altro che solida - la Corte di giustizia Ue ha sancito un “no” categorico ai rinnovi automatici delle concessioni - e potrebbe non superare il vaglio della Commissione. Il tempo stringe e il rischio di rendere più spigolosi i rapporti con l’Ue, molto concreto.

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