«Se il percettore del Reddito di cittadinanza rifiuta un compenso offertogli da un datore di lavoro, lo perde». Luigi Di Maio spalanca la porta alla possibilità che la misura bandiera dei 5 Stelle in questa legislatura, al centro di un aspro dibattito politico, possa essere modificata. Il ministro degli Esteri ha affrontato l'argomento nell'ultimo libro di Bruno Vespa spiegando di «essere il primo a pensare che non sia accettabile il rifiuto di una proposta di salario dignitosa da parte di un imprenditore». Di Maio ha accennato a possibili correttivi affermando che «se non stanno funzionando i Centri per l'impiego, bisogna consentire all'impresa di fare una notifica diretta. Con il miliardo e mezzo che non abbiamo speso per l'attivazione dei Centri per l'impiego ha aggiunto il capo della Farnesina costruiamo un rapporto diretto tra l'offerta e la domanda in modo da portare a casa compensi congrui e dignitosi».
La disponibilità di uno dei leader grillini a correttivi è caduta nelle ore in cui gli industriali sono tornati ad invocare un cambiamento del sussidio. «Mettere un ulteriore miliardo sul reddito di cittadinanza senza riformarlo prima, significa che continuiamo a sprecare soldi pubblici» ha avvertito il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. «Abbiamo sempre sostenuto che il reddito di cittadinanza ha chiarito Bonomi per la parte del contrasto alla povertà trova favorevoli. Poi guardiamo anche i dati. Il reddito di cittadinanza non ha intercettato la povertà del Nord ed è tanto anche un disincentivo per cercare lavoro al Sud».
L'affondo
Secondo il leader di Confindustria non ha funzionato neppure la parte relativa alle politiche attive. «Non ci ha mai convinto e purtroppo i numeri ci danno ragione ha aggiunto Bonomi perché nel triennio 2016-2019 per cui il governo aveva stanziato 516 milioni, ha prodotto 423 assunti, che ci sono costati più di 400 mila euro l'uno».
Nuove critiche anche dal fronte della Lega. «Draghi ci ha garantito una stretta sui furbetti e maggiori controlli e per quel che mi riguarda ha spiegato il segretario Mateo Salvini se uno rifiuta anche solo un posto di lavoro non deve percepire una lira».
La rotta
Una revisione della misura appare ormai scontata.