Intercettazioni: troppi abusi, è l'ora di porre un argine

di Luigi LABRUNA
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- Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 10:10
Che le intercettazioni debbano essere utilizzate dai magistrati nei casi previsti tassativamente dalla legge con correttezza, cautela e prudenza giacché incidono pesantemente sulle libertà personali dei cittadini è principio a parole da quasi tutti riconosciuto e affermato in importanti sentenze (ad esempio quella della Cassazione, la 12722/2009) che mettono l’accento su un punto preciso. E cioè sulla necessità di “non svilire e vanificare la garanzia di inviolabilità che la Costituzione ha apprestato” con le sempre più sofisticate e invasive “aggressioni alla sfera della riservatezza della persona” che gli sviluppi tecnologici consentono. E ricordano che le intercettazioni sono consentite solo quando sussistano “gravi indizi di reato” e siano “assolutamente indispensabili” per la prosecuzione delle indagini. Precisando che “tale requisito di legittimità” deve essere chiaramente motivato dagli inquirenti che sono inoltre tenuti a indicare esplicitamente il “collegamento esistente tra l’indagine in corso e l’intercettando”. Sicché non è legittimo violare la sfera privata dei cittadini anche attraverso il “proliferare” di intercettazioni “a catena”, o “a strascico”. Moniti più o meno inutili come, ad esempio, hanno clamorosamente dimostrato le intercettazioni “indirette” di cui è stato oggetto il presidente Napolitano da parte della procura di Palermo che, pur affermando di ritenerle penalmente irrilevanti, si rifiutò, per di più, di distruggerle fino a che non fu costretta a farlo dalla Corte costituzionale che intervenne a censurare anche per altri profili la patente violazione delle prerogative e dei diritti alla riservatezza del Capo dello Stato.

Al fine di “porre un argine” alle “gravi distorsioni applicative” delle norme vigenti, è più volte intervenuto il Csm e così ripetutamente governanti e parlamentari si sono pubblicamente (e vanamente) impegnati a provvedere “rapidamente” a livello normativo per far cessare quelli che nel 2012, ad esempio, il presidente Monti (spalleggiato dal ministro Severino) qualificò “abusi”. Non se ne è fatto nulla per le ragioni che è facile comprendere se si pensa ad eventi anche politico-istituzionali verificatisi nel nostro Paese, ma soprattutto, occorre dirlo, per le decise azioni di freno compiute da esponenti della magistratura, preoccupati degli effetti che una più incisiva tutela della riservatezza dei cittadini potrebbe avere nella lotta al crimine.

Giace ora in senato una proposta di modifica dei codici penale e di procedura penale, presentata dal ministro Orlando e faticosamente varata da tempo alla Camera, che all’art. 30 prevede la delega al governo perché effettui quella riforma delle intercettazioni che – ricorrendo, come spesso gli capita, ad un calendario diverso da quello gregoriano – il presidente Renzi assicurò sarebbe stata approvata indefettibilmente nel 2015 mentre, in parallelo, e destando non poca confusione, incaricò una commissione presieduta da Gratteri di preparare sullo stesso tema un progetto, ora abbandonato, che di fatto ampliava notevolmente le possibilità di ricorrere a tale strumento.

Cosa questa che, seppur in misura meno eclatante, è resa possibile anche dal citato art. 30 della legge Orlando che, con espressione vaga, delega il governo a “prevedere la semplificazione delle condizioni per l’impiego delle intercettazioni nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione” e, in generale, a “prevedere disposizioni dirette a garantire la riservatezza” delle comunicazioni in conformità dell’art. 15 della Costituzione e stabilire ancora una (indefinita) “scansione procedimentale per la selezione di materiale intercettativo nel rispetto del contraddittorio tra le parti e fatte salve le esigenze delle indagini”. Diventerà punibile, inoltre, con la reclusione sino a quattro anni, la diffusione di registrazioni, riprese audiovisive eccetera “effettuate fraudolentemente al solo fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui” a meno che esse “siano utilizzate nell’ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o di cronaca”.

Perché questa miniriforma produca effetti occorre attendere che la legge-delega sia approvata dai due rami del Parlamento e poi sia redatta ed entri in vigore (dopo il parere consultivo della commissioni parlamentari e la proclamazione del presidente della Repubblica) la legge delegata. Campa cavallo. Ha perciò destato clamore la circolare con la quale il procuratore della Repubblica di Torino Spataro, muovendosi naturalmente nell’ambito della legge vigente, ha vietato alla polizia di trascrivere, sia pure in sintesi, nei brogliacci le intercettazioni “inutilizzabili” e quelle “irrilevanti” non necessarie a motivare i provvedimenti dei pm, limitandosi a indicare data e ora in cui sono state effettuate senza far menzione delle persone intercettate. Naturalmente al termine delle indagini preliminari imputati e difensori avranno diritto a conoscere integralmente “il fascicolo del pm”, ivi comprese le intercettazioni utilizzate per motivare l’arresto, mentre potranno solo “ascoltare” le altre senza poterne ottenere copia. Sarà il pm a decidere quali intercettazioni servono a dimostrare la colpevolezza dell’imputato e (novità!) se e quali delle inutili o irrilevanti possano essere, invece, col consenso del giudice, distrutte (non conservate riservatamente come da altri proposto). Una decisione abile, questa di Spataro, che affrontando intrecci ormai chiaramente insostenibili della prassi investigativa e giudiziaria ha sorvolato su altri, delicatissimi, che restano irrisolti e di fatto ancora utilizzabili (si pensi alle investigazioni a strascico, per dirne uno). Altri procuratori, tra cui quello di Napoli Colangelo, hanno in cantiere circolari del genere. La speranza è che tutti questi provvedimenti rappresentino un tappa di un cammino vòlto a recuperare principii costituzionali e di civiltà giuridica in vario modo e a lungo smarriti.
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