Da Lady Gaga a Penelope, il lusso di Versace cucito nel Salento

Da Lady Gaga a Penelope, il lusso di Versace cucito nel Salento
di di Pierpaolo SPADA
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Giovedì 31 Gennaio 2019, 20:03 - Ultimo aggiornamento: 20:11
Versace bacia il Salento. Ora nelle mani di Michael Kors, la prestigiosa maison di moda ha deciso di affidare buona parte della sua produzione a Gda-Officina Tessile di Galatina, isola industriale prescelta dai più importanti brand internazionali e, già da qualche anno, nelle grazie della Medusa.
A pochi passi dell'Hermitage, tra diversi capannoni ed edifici diroccati, quasi non si nota. L'insegna non c'è e davanti all'ingresso è assente anche il minimo indizio che conduca alla luce di un regno del made in Italy. Poi, il cancello automatico si apre e dal Suv che l'oltrepassa scende un giovane in jeans, scarpe da ginnastica e giubbino nero. «Molto piacere, Pierluigi Gaballo», dice presentandosi. E' lui l'amministratore di questa realtà aziendale che, avviata 15 anni fa, nel 2018, riferisce lo stesso, ha fatturato di 20 milioni di euro.
Molto più che una commessa. L'acquisizione di Kors apre uno scenario di crescita di cui anche l'intero Tac e il territorio salentino potrebbero beneficiare. Nuovi spazi, tecnologie e decine di assunzioni sono già in programma per irrobustire il piccolo polo-moda di Galatina che, pur ben articolato, comincia ora ad andare stretto. La dimensione degli investimenti è enormemente lievitata. Soprattutto rispetto al 2003, anno in cui, in un'officina di famiglia, poco più che ventunenne e fresco di leva militare, Gaballo avviò, con la sorella Stefania e l'amica Mary Dragone (oggi in produzione), l'impresa che prenderà il nome di Gda e che, nel 2015, svilupperà anche la nascita di Officina Tessile. Erano in pochi. Oggi le persone impiegate sono in tutto 200 e altre 150 popolano i laboratori, sparsi in provincia, che costituiscono l'indotto.
Dalla progettazione al prodotto finito. I due stabilimenti salentini inglobano una filiera quasi completa. Gda costumizza capi di abbigliamento, borse, scarpe e, ora, cappelli, con le tecniche più avanzate, quali ricamo robotizzato, taglio laser, stampa serigrafica e digitale. Più in là, invece, Officina Tessile, progetta e produce i capi sui quali, poi, Gda opera le applicazioni. Ralph Lauren, Gucci, Valentino, Armani Privè, Calvin Klein, Diòr, Philipp Plein, Moschino, Ferragamo, Ermanno Scervino e Dolce&Gabbana: sono solo alcuni dei brand che, in modelleria come tra i macchinari, brillano su accessori e capi. Quelli che l'azienda realizza per qualche centinaia di euro e la maison rivende a 3 o anche 10mila euro. Tra questi, c'è anche l'abito Ralph Laurent indossato da Penelope Cruz (per la premiazione Golden Globe), quello sfoggiato da Lady Gaga sul palco di Las Vegas e la giacca Swarovski di Jovanotti in tour.
Gli addetti sono tutti molto giovani. In camice bianco, fanno comunicare pc e macchinari: 78 in Officina Tessile (2mila mq) e 135 in Gda (5mila mq). Il ritmo di produzione è sostenuto, la concentrazione elevata. A tratti, si respira anche una certa tensione perché, qui, la cura per il dettaglio è esasperata. Un tappetino mobile dispone e blocca strass Swarovski su di un tessuto. Nella stamperia, inaugurata un anno fa, i macchinari austriaci stampano decorazioni su prodotto finito (scarpe), prima che un addetto definisca l'opera con un pennello. Con la micro-iniezione di colore, poi, sui capi si eleva anche lo spessore plastico dei brand: macchinari a controllo numerico modellano (in 3D) dei metalli trasformandoli in stampi col nome del marchio, nei quali il colore viene colato e trasferito a caldo su abiti e calzature. Il ricamo è affidato, invece, a tecnologie giapponesi e tanti sono anche i macchinari importati dalla Cina che, con la Corea del Sud, è il bacino privilegiato di approvvigionamento di materia prima. E' proprio sui macchinari che Gaballo, perito elettrotecnico e figlio di imprenditore meccanico, sostiene di fornire la sua più grande competenza, in grado di dettare una marcia in più alla produzione: «Li compro, li modifico - dice - e li rendo più funzionali».
Passa tutto, però, sotto la lente dei brand, che vogliono assicurare ai propri gioielli standard produttivi di un certo livello: «C'è un patto etico da rispettare. Vengono una volta a settimana e controllano materiali, misure, autenticità, ambienti, certificazioni, contratti, buste paga. Loro esigono sempre di più e noi non ci fermiamo mai, ma va bene così», spiega l'amministratore. «Tra una settimana rivelano i suoi collaboratori - verranno a trovarci anche i manager di Yves Saint Laurent».
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