Veleni, la Procura frena: «Pcb non rilevantissimo a Burgesi»

Veleni, la Procura frena: «Pcb non rilevantissimo a Burgesi»
di Erasmo MARINAZZO
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Venerdì 30 Dicembre 2016, 10:37 - Ultimo aggiornamento: 13:48

Il policlorobifenile individuato nella discarica Burgesi di Ugento dalle analisi del Cnr non è riconducile ai 600 fusti di pcb segnalati in quel sito dalle dichiarazioni autoaccusatorie dall’imprenditore dei rifiuti Gianlugi Rosafio. Quel pcb sarebbe piuttosto la conseguenza dello smaltimento illecito sul quale c’è stato il processo con le condanne passate in giudicato due anni fa. Lo afferma il comunicato a firma congiunta dei procuratori aggiunti Antonio De Donno (capo facente funzione della Procura) ed Elsa Valeria Mignone (coordinatrice del pool reati ambientali). Nella nota diramata ieri mattina - dopo la revoca della conferenza stampa decisa al termine del vertice di mercoledì con il procuratore generale Antonio Maruccia e con il sostituto Ennio Cillo - riguardo al pcb, viene meno “l’elevato rischio ambientale” segnalato nella richiesta di archiviazione del 28 novembre, a firma dello stesso aggiunto Mignone e del pubblico ministero Angela Rotondano, dell’inchiesta sull’interramento di quei 600 fusti.
«Quanto alla presenza di pcb nella discarica Burgesi di Ugento in fase di post-gestione, segnalata dalle analisi del Cnr nel procedimento n.12592/2016 Rgnr (quello su cui pende la richiesta di archviazione, ndr), tale sostanza è stata individuata soltanto nel percolato», spiega la nota. «Mentre le analisi non hanno individuato alcuna contaminazione da pcb nell’acqua di falda prelevata dai pozzi limitrofi alla suddetta discarica. Peraltro la quantità di pcb di certo non rilevantissime, presenti nel percolato - comunque destinato ad un particolare smaltimento in sicurezza - sono agevolmente ricollegabili a quanto già accertato nel procedimento 11131/2000 Rgnr, come detto, definito con sentenza passata in giudicato, proprio in relazione allo smaltimento illecito all’interno della discarica di Ugento gestita dalla Monteco, di rifiuti contaminati da Pcb, non essendovi allo stato alcun riscontro sulla presenza, sempre all’interno di tale discarica, di centinaia di fusti contenenti Pcb».
 
Ma perché nel decreto si parla di elevato rischio ambientale mentre nel comunicato stampa i toni sembrano più rassicuranti? Perché - ha spiegato l’aggiunto Mignone, interpellato sul punto - il problema non è il pcb. Anche alla luce dei risultati delle analisi del Cnr. Quanto piuttosto le quantità di rifiuti che Rosafio avrebbe sversato illegalmente nella discarica gestita dalla Monteco. Sversamenti accertati dal processo e documentati dai filmati delle telecamere che ripresero il camion entrare a Burgesi carichi di rifiuti ed uscire con i cassoni vuoti.
Trattandosi di una discarica privata, quella della Monteco, la bonifica spetterebbe al gestore e non all’ente pubblico: questo il pensiero condensato nella richiesta di archiviazione, nella parte in cui sono sollecitati il Comune di Ugento, la Regione ed il Ministero dell’Ambiente a prendere iniziative per fare bonificare Burgesi.
La nota della Procura informa, inoltre, che sono stati bonificati intanto i siti di Acquarica, Ugento (non è quello della Monteco) e Presicce di cui si occupò il processo: «Tali siti, compreso quello interessato dalla presenza di una enorme discarica abbandonata in località Burgesi, sono stati, dal 2001 al 2004, dapprima “messi in sicurezza” e, successivamente oggetto di vera e propria bonifica disposta dagli stessi Comuni interessati, i cui lavori sono stati finanziati dalla Regione con fondi comunitari».
Infine il comunicato ricorda gli scavi nella discarica abbandonata di Burgesi, nel corso delle indagini sull’omicidio del consigliere comunale e provinciale Peppino Basile: non vennero fuori i veleni tombati di cui Basile parlava nei comizi e che diventarono una delle piste investigative.
Caso chiuso, dunque, per la Procura, sotto il profilo della comunicazione. Pende invece la richiesta di archiviazione: il giudice per le indagini preliminari Vincenzo Brancato dovrà decidere se condividere l’orientamento degli inquirenti o semmai individuare norme e argomenti per disporre nuove indagini per chiarire se quei 600 fusti si trovino effettivamente nella discarica Monteco o se Rosafio abbia detto

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