Tac negate ai malati di tumore, il silenzio di Asl e Regione

Tac negate ai malati di tumore, il silenzio di Asl e Regione
di Maddalena MONGIÒ
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Domenica 6 Marzo 2016, 07:20 - Ultimo aggiornamento: 19:01

Un miliardo e 700 milioni, il bilancio della Asl di Lecce. Eppure non riesce a erogare un centinaio di Tac ai pazienti oncologici. C’è poi l’assordante silenzio della direzione generale dell’Azienda sanitaria e del presidente della Regione Michele Emiliano sulla notizia choc di malati oncologici, operati e anche plurioperati, che devono aspettare 19 mesi per una Tac. Complice il weekend, forse, l’unico segnale lo ha avuto una delle due donne il cui caso è stato denunciato dal “Tribunale per i Diritti del Malato”. A una delle due pazienti, infatti, il reparto di Radiologia del Fazzi ha proposto la possibilità di fare una risonanza magnetica in sostituzione della Tac. Per il resto, nulla. E la disperazione di chi già si trova a lottare contro la malattia, si amplica nella desolante convinzione di essere soli, in questa dura battaglia.
 
Ancora più inquietante, il caso delle due pazienti con appuntamento richiesto al Cup a novembre del 2015 e fissato al 9 giugno del 2017, per una; richiesto a febbraio di quest’anno e fissato al 20 ottobre 2017, per l’altra. Non è un caso isolato. Sono più di cento i pazienti oncologici che aspettano di poter fare una Tac, esame essenziale per valutare l’evoluzione della malattia e dare modo all’oncologo di decidere come proseguire il percorso di cura con la chemioterapia. Si tratta di pazienti esterni, cioè non in carico all’Oncologico come avviene per i pazienti seguiti in day hospital. Per queste persone si determinano tempi d’attesa inaccettabili, sia dal punto di vista clinico che da quello psicologico. E non solo. Il problema delle Tac è tale che si allungano i tempi delle dimissioni, con collaterale aumento delle spese di degenza, oppure i pazienti vengono dimessi e invitati a tornare successivamente per fare la Tac. Se ne vedono e se ne sentono di tutti i generi, insomma.

Dopo l’azzeramento del dipartimento di Diagnostica per immagini, il commissario straordinario della Asl di Lecce, Silvana Melli, ha diramato un circolare interna in cui vieta tassativamente l’utilizzo di agende cartacee per gestire le prestazioni specialistiche del Cup, ma i problemi ci sono e rimangono.
Inaccettabile e vergognosa, la situazione. Così i commenti a latere e le prese di posizione sono nette e secche. Arturo Oliva, segretario regionale di Cimo e dirigente medico del reparto di Chirurgia vascolare di Brindisi, non ha dubbi: «La Asl deve erogare queste prestazioni. Il problema è uno: dovrebbe essere il territorio a rispondere a queste esigenze. Non si può caricare tutto sull’ospedale, anche perché così si allungano i tempi delle dimissioni e cresce la spesa ospedaliera. Quando si parla di riordino ospedaliero si torna a parlare di potenziamento del territorio, ma alla fine si taglia e basta. Noi siamo da parte dei cittadini e le agende devono essere rispettate».

Ma la situazione, secondo Oliva è grave: «La denuncia di questi due casi è solo la punta dell’iceberg di una situazione che rischia di essere esplosiva. È inammissibile che non si riesca a rispondere alle esigenze urgente e brevi. La conseguenza è che si spinge il malato ad andare verso il privato e il sistema sanitario pian piano sarà smantellato. Tutto questo nasce dalla carenza di risorse umane perché ai politici dovrebbe essere chiaro che non basta tagliare i posti letto per risolvere i problemi: la malattia non si azzera in questo modo. Così salta il rapporto medico-paziente».
E la presidente regionale di “CittadinanzAttiva-Tribunale per i Diritti del Malato”, Anna Maria De Filippi, chiama in causa il presidente della Regione, Michele Emiliano, perché dica come si possono risolvere problematiche così gravi. «Siamo alle solite», sbotta De Filippi che rincara: «Ancora non siamo nella fase operativa del riordino e combattiamo con annosi problemi. La mia preoccupazione, e quella dei malati, è che quando andranno a fare l’operazione chirurgica che intendono portare a termine non sappiamo cosa succederà. Noi cittadini dobbiamo alzare la testa perché l’operazione che intendono fare non è frutto di un’elaborazione in cui si sia tenuto conto degli effettivi bisogni di cura e assistenza. Quali benefici ci sono per i pazienti? Le liste d’attesa, che non mi stanco di dire sono un falso in atto pubblico, esistono perché la Asl fa “concorrenza” a se stessa con l’attività di intramoenia. Riceviamo continue segnalazioni di persone che prenotando un esame da qui a chissà quando si vedono proporre l’esame in tempi rapidi se fatto a pagamento nelle strutture pubbliche. Da un lato si fissano i codici priorità e all’atto pratico ci ritroviamo di fronte a casi drammatici. Per questo mi rivolgo direttamente a Emiliano per chiedergli come intende risolvere questa situazione».
E in serata, con un sms, Melli ha fatto sapere che non ritiene «di dover dare spiegazioni di problemi atavici» e invita a fare «le denunce in Procura e non sui giornali».

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