Abusi sessuali, stalking e botte: le storie di chi spera nella giustizia "riparativa"

Abusi sessuali, stalking e botte: le storie di chi spera nella giustizia "riparativa"
di Roberta GRASSI
4 Minuti di Lettura
Martedì 21 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 07:43

Sono storie diverse, alcune molto delicate. Storie in cui il presunto autore di reato ha chiesto di poter incontrare la vittima (o i famigliari). Per avviare un programma di riparazione dell’offesa. 
Quattro quelle citate in un esposto che denuncia la mancata attivazione del servizio a Lecce, che preclude a tutti tale possibilità, sebbene prevista dalla riforma Cartabia.

Nonno accusato di abusi

C’è un uomo che è a processo per violenza sessuale.

Un nonno a cui viene contestato di aver toccato le parti intime della nipotina e di una sua amichetta. Persona conscia di aver commesso un errore, in tutta probabilità, e intenzionata a riprendere il filo del discorso, del legame affettivo, partendo da una certa consapevolezza della gravità dei comportamenti che gli vengono attribuiti e per cui si era anche auto denunciato. 

Bidello risponde di violenza 

Un altro che risponde, in qualità di bidello, di aver trascinato in ascensore una studentessa e di averle palpato il seno e tentato di baciarla sulla bocca. 
Infine un marito accusato di maltrattamenti in famiglia: frasi sul genere “pazza ubriaca”, oppure “mamma da quattro soldi” e ancora schiaffi al volto, lesioni personali. 
Infine una persona a giudizio per stalking. Per aver perseguitato la sua ex, inviandole numerosi messaggi sul cellulare, alcuni secondo l’accusa privi di senso logico, altri offensivi e minacciosi, del tipo: “sei solo una malata mentale”. 

La giustizia riparativa

In tutti i casi il difensore, Paolo Spalluto, ha chiesto di poter accedere a programmi di giustizia riparativa. Una serie di incontri tra il presunto autore di reato e la vittima in cui si parta dal riconoscimento di aver avuto un comportamento tale da nuocere al prossimo. Una forma di rieducazione preventiva, che si può naturalmente compiere con l’accordo della controparte. 
E che non sempre può portare all’estinzione del procedimento, non nei casi in cui i reati contestati sono procedibili d’ufficio, quindi quando la querela non è “revocabile”. 
Le storie in questione raccontano di situazioni limite. Di contesti in cui si sono verificate condotte gravi. In un caso, quello di presunti maltrattamenti inflitti alla moglie (e a quanto viene asserito anche subiti), l’imputato non potendo accedere a un servizio “pubblico” ha deciso di rivolgersi a un centro privato per seguire un corso di rieducazione antiviolenza. Un percorso di distacco dalle vicende che sono state oggetto di un procedimento penale e ora anche di un processo che si sta celebrando dinanzi ai giudici della prima sezione penale del Tribunale di Lecce. 
Anche loro hanno dovuto rigettare la richiesta di accesso alla giustizia riparativa, sebbene prevista dalla riforma. Hanno detto “no”, considerato che la valutazione è comunque discrezionale, non per motivazioni di merito ma perché non c’è possibilità alcuna, a Lecce, di mediazione penale intesa in senso “istituzionalmente” accettato. 
Da qui l’esposto, del legale, che solleva il caso perché il deficit possa in qualche modo essere colmato. Necessario un protocollo e l’attivazione di almeno due centri in tutto il distretto (che comprende oltre a Lecce, anche Brindisi e Taranto). Uno sforzo per adeguarsi a una legge nuova che tanti problemi interpretativi e pratici sta procurando (tutti via via in fase di risoluzione) e che nel perseguire il fine di “alleggerire” il sistema dei processi, ha posto nuove sfide. Alcune forse troppo innovative rispetto alle strutture e agli strumenti a disposizione. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA