Salento, il boom del turismo grazie a lavoratori pagati 6 euro all'ora: tutti i dati

Salento, il boom del turismo grazie a lavoratori pagati 6 euro all'ora: tutti i dati
di Pierpaolo SPADA
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Giovedì 24 Febbraio 2022, 05:00

Il turismo nel Salento rende ricco meno dello 0,1% di chi ci lavora. Ecco perché reperire addetti da assumere è diventato facile come pescare uno squalo. Numeri troppo eloquenti per essere ignorati. E il dibattito che torna vivo prima di ogni festività o estate non può che giovarsene. Nel 2020 - rivela un’elaborazione dell’Osservatorio economico Aforisma su base Inps -, 23.546 dei 26.061 addetti dipendenti nelle attività di alloggio e servizi di ristorazione della provincia di Lecce hanno ricevuto una retribuzione media annua di 4.656 euro per 100 giornate di lavoro. Sono i cosiddetti “operai”: addetti alla pulizia, camerieri, cuochi, magazzinieri, autisti, portieri.

Impiegati e quadri/dirigenti: la differenza

L’esiguità della loro retribuzione - per una giornata di 8 ore pari a 5,8 euro l’ora a fronte degli 11/12 euro lordi previsti dal Ccnl Fipe per un 7° livello - si evince in rapporto a quella percepita dai 1.443 “impiegati” che, con 44 giornate di lavoro in più, hanno portato a casa 10.384 euro, ma soprattutto rispetto a quella dei 19 “quadri/dirigenti” che, con 208 giornate lavorate, di euro ne hanno incassati in media 41mila, ovvero quasi 10 volte di più degli “operai” ma con il doppio di giornate. 

Il confronto

A livello regionale, il numero di addetti del turismo con retribuzione pari a 5mila euro l’anno nel 2020 è stato più contenuto, pari al 62,8% del totale, sebbene solo in 34 abbiano percepito tra 40 e 45mila euro (0,03%) e in 22 - ossia lo 0,02% dei 100mila complessivi - più di 80mila euro. E tanto vale per l’ambito nazionale: con 26 giornate di lavoro in più in media, 1,5 milioni di addetti hanno ricevuto 6.849 euro l’anno, ovvero 1.849 euro in più degli addetti salentini che, al netto degli stipendi dei “quadri”, hanno incassato in media 5mila euro. 

La pandemia colpisce in basso

Era il 2020. Sarà, dunque, colpa della pandemia se il Salento è scivolato così in basso? A giudicare dai dati del 2019, il Covid pare aver solo aggravato lo status che caratterizzava gli addetti di settore prima del suo avvento. Nell’anno del virus, infatti, gli italiani hanno guadagnato in media più dei salentini nel pre-pandemia: lo dimostra il fatto che nel 2019, a fronte di 130 giornate  lavorate (contro le 126 nazionali), la retribuzione media per il 90,7% degli addetti di questa provincia non abbia superato i 6.026 euro.

Mentre per lo 0,1% degli addetti - tutti quadri e dirigenti - ha toccato quota 52mila. Non è, dunque, un caso se tra il 2019 e il 2020, nel Salento, il numero degli addetti “operai” sia crollato (-2.183) mentre quello dei “quadri” sia, addirittura, aumentano: da 18 a 19. 

Precariato

Il 2021? Secondo Pugliapromozione, ha reso al Salento un’estate da record, migliore di quelle pre-Covid. Ma se le retribuzioni hanno eguagliato quelle del 2019, non c’è da gioirne. Lo sanno bene i lavoratori che, come oggi, non si son fatti trovare all’appuntamento. In tanti - se non per mete assai più gettonate e gratificanti - hanno optato per il Reddito di cittadinanza, la cui perdita oggi è disposta a seguito del secondo rifiuto di un’offerta di lavoro “congrua”, che - per legge - includa, cioè, anche i “riferimenti al contratto collettivo nazionale di lavoro”. La stagionalità gioca un ruolo cruciale. Basti pensare che nel 2019, il 70% degli addetti salentini lavorava da stagionale o con contratto “a tempo”, percependo poco più di 4.300 euro l’anno. Mentre il 25,7% con contratto a tempo indeterminato ne incassava 10mila.

La variabile della stagionalità

«Emerge forte il divario tra le buste paga tra i diversi inquadramenti lavorativi, ma anche il numero medio di giornate retribuite. Il turismo - spiega Davide Stasi, direttore dell’Osservatorio economico - nel Salento è ancora molto condizionato dalla stagionalità. Durante l’estate, si moltiplicano gli arrivi ma le aziende non riescono a sfruttare appieno questa opportunità, perché la loro redditività resta ancora troppo bassa. Intraprendendo un percorso sostenibile, sia dal punto di vista finanziario che da quello ambientale, occorre perseguire un modello di sviluppo che possa fra incrementare i ricavi e gli utili aziendali. Per competere, le imprese hanno bisogno di investimenti, delle opportune competenze manageriali e gestionali, nonché di un’adeguata formazione del personale».  Lo dicono anche le imprese che, parlando di «preparazione inadeguata», giustificano le paghe che i sindacati e lavoratori definiscono «ridicole».

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