Clan Tornese-Politi, le rivelazione del pentito: «Cena con aragoste e il conto pagato al boss»

Clan Tornese-Politi, le rivelazione del pentito: «Cena con aragoste e il conto pagato al boss»
di Roberta GRASSI
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Giovedì 11 Aprile 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 12 Aprile, 07:18

Ostriche e aragoste al ristorante: il conto per una parte pagato in loco, per il resto da versare al presunto “boss”. E poi la proprietà “occulta” di un locale e un finanziatore, individuato in un famoso ex calciatore (del tutto estraneo a ogni contestazione).  Sono in sintesi le recentissime narrazioni rese dall’ultimo pentito Scu, il brindisino Cesare Sorio, ascoltato nel carcere di Matera il 5 aprile scorso dal pm della Dda di Lecce, Carmen Ruggiero e dai poliziotti della Squadra mobile di Brindisi. 

Il procedimento "Filo di Arianna" sugli affari del clan Tornese-Politi

Ieri mattina, nel corso dell’udienza preliminare in corso davanti al gup Silvia Saracino per il procedimento “Filo di Arianna”, su ipotesi di associazione di stampo mafioso relative alle attività del clan Tornese - Politi, l’accusa ha depositato nuovi verbali che recano le dichiarazioni rese da Sorio.

All’interno, intervallate da numerosi omissis, le ricostruzioni del collaboratore riguardanti i traffici di droga e i rapporti con i leccesi. E poi alcuni dettagli riguardanti il presunto coinvolgimento “occulto” di Saulle Politi, ritenuto un elemento di vertice del gruppo (anche lui non coinvolto in questa indagine), in affari imprenditoriali. Nella gestione dell’Isola Beach di Porto Cesareo (rispetto a cui nelle indagini si rileva il coinvolgimento di Pierpaolo Panarese, assistito da Laura Minosi e Stefano Prontera, che ha sempre sostenuto che si trattasse di una attività di famiglia. E poi, la vicinanza ai titolari di un noto ristorante di Lecce e di un marchio che si occupa della commercializzazione di prodotti ittici. 

Le rivelazioni del boss: «Politi socio occulto di ristoranti e locali»

«In due occasioni mi invitarono - si legge nei verbali - presso il ristorante di Lecce. Quando siamo entrati all’interno del ristorante ci ha accolto il titolare che era una persona di circa 45/50 anni, ben vestito, che indossava al polso un Rolex d’oro, il quale ci disse di averci riservato un tavolo all’attico del ristorante. Durante la cena consumammo ostriche e aragoste, il conto ammontava a 750, 800 euro, ma quando ci recammo alla cassa per pagare si presentò il titolare che disse di dargli solo 250 euro e di corrispondere la somma restante a Maurizio Briganti, a cui mandava i suoi saluti». Briganti è ritenuto dalla Dda elemento di vertice di una associazione attiva a Lecce: nel processo su ipotesi di narcotraffico in zona Le Vele, nel capoluogo, è stato assolto. A lui sarebbe legata la figura di Carlo Zecca, pure citato dal collaboratore, sempre in relazione ad accuse di gestione del mercato degli stupefacenti.  «Analogamente - ricostruisce ancora Sorio - accadde in un’altra circostanza, allorché il conto ammontava a circa 600 euro. Il titolare disse di dargli solo 200 euro e di corrispondere le restanti 400 a Briganti».

Sorio: «Cena con aragoste, il conto pagato al boss»

Sorio spiega di aver pagato per intero il conto in altre circostanze, quando si era recato da solo o con altri allo stesso ristorante. Sarebbe stato sistemato in un tavolo al piano terra. 
«Riguardo al proprietario del locale - aggiunge - ho appreso che era amico di tale Saulle di Porto Cesareo il quale era socio, e anche un certo Pierpaolo che aveva un’azienda di noleggio di autovetture di grossa cilindrata nel Leccese». E poi ancora: «Mi fu detto che questo Saulle aveva una notevole disponibilità economica ed era molto attivo nel traffico degli stupefacenti». Quindi, andando avanti: «Mi fu detto che il proprietario dell’Isola Beach era l’ex calciatore (di cui fa il nome, ndr) e anche che attraverso questa società ripuliva i soldi di Saulle». Infine: «Saulle e quel Pierpaolo - spiega il pentito - erano soci, ma non comparivano sulle carte poiché Saulle, avendo precedenti penali non si intestava i beni per evitare il sequestro». Un meccanismo, quello descritto, che sarebbe tipico della Scu contemporanea, secondo come viene tratteggiata nelle diverse inchieste che la riguardano: interessata all’economia legale, ma silente e in grado di inabissarsi. Capace di fare business con la droga e di reinvestire i capitali in aziende del tutto estranee al contesto criminale. 
I fatti narrati sono stati collocati in un periodo compreso tra il 2019 e il 2020. In allegato altri atti di indagine, e alcuni riscontri eseguiti successivamente dalle forze dell’ordine. Si parla anche di droga. Di incontri per forniture di marijuana e di cocaina. 
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