L'INTERVISTA/L'ex direttore Asl: «Io, assolto dopo dieci anni. Ho rinunciato ai miei sogni»

L'INTERVISTA/L'ex direttore Asl: «Io, assolto dopo dieci anni. Ho rinunciato ai miei sogni»
di Erasmo MARINAZZO
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Giovedì 17 Dicembre 2020, 11:05 - Ultimo aggiornamento: 12:04

Quasi dieci anni per aspettare la sentenza di assoluzione dell'inchiesta che gli costò il posto di direttore generale della Asl Lecce. Guido Scoditti, 77 anni, originario di Mesagne, da 50 anni cittadino leccese, ha avuto tempo e modo per vivere le fasi di una controversia giudiziaria che gli ha cambiato su due piedi una carriera di dirigente pubblico durata oltre 40 anni. Sembrava sul punto di arrendersi, poi ha reagito. Ed ora tira le somme. Un vissuto tutto in negativo? No, non è questo l'approccio dell'ex manager Asl.
Come ha trascorso questi quasi dieci anni con il peso di un'accusa di avere fatto parte di un sistema corruttivo all'interno della Asl?
«I primi mesi sono stati segnati dalla decisione della Asl di destituirmi. Una scelta che non ho compreso perché non è passata attraverso la procedura di sospensione o comunque non ha contemplato tutte le garanzie previste quando un dirigente è colpito da una misura cautelare nella fase preliminare delle indagini. Ai domiciliari, peraltro, ci sono rimasto solo un giorno. Ciò che mi ha ulteriormente fatto riflettere è stata la constatazione che per altri dirigenti nella mia stessa posizione la Asl non è stata così perentoria. È andata così, ho provato un dolore forte, tanto rammarico. Il mio contratto sarebbe scaduto due mesi dopo, è vero, ma avrei avuto tempo e voglia di fare ancora tanto altro per la pubblica amministrazione».
E sul piano strettamente personale?
«Ho rinunciato alla vita sociale. Avrei voluto dedicarmi all'associazionismo, al volontariato, ma avevo il timore che la gente, la gente che non mi conosce, mi giudicasse. Timore che mi sono portato dietro in tutti questi anni».
C'è stato qualche episodio che l'ha segnata particolarmente?
«Sì, purtroppo. Mi sarei aspettato un trattamento diverso quando la notte del 24 febbraio del 2011 mi notificarono l'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari. Suonarono a casa alle quattro e mezzo di notte, mi trovai circondato da sei carabinieri, come se fossi il peggiore dei delinquenti. Eppure si trattava solo di una notifica. E ai domiciliari, peraltro. Nei mesi successivi mi sono svegliato spesso nel cuore della notte con l'incubo dello squillo del campanello e dei militari in casa. I ricordi sono anche piacevoli, però: l'atteggiamento di due dei tre magistrati di quell'inchiesta e dello stesso giudice che mi interrogò: dei galantuomini. Del resto, venne subito archiviata la parte dell'inchiesta che mi accusa di una fornitura aggiuntiva al laboratorio di analisi del distretto di Martano. E poi in quei giorni mi fece piacere leggere alcuni articoli, fra i tanti che mi dipingevano come se fossi stato già condannato in via definitiva. Uno in particolare, pubblicato sul vostro giornale, a firma di Oronzo Martucci: descriveva una situazione confermata poi dall'esito del processo».
In primo grado assoluzione per intervenuta prescrizione. Raro vedere l'imputato chiedere il pronunciamento del merito. Può rivelarsi rischioso. Perché lo ha fatto?
«Di questo devo ringraziare il mio avvocato, Massimo Manfreda. Dopo la prima sentenza mi ero persuaso che le persone attorno a me fossero ormai definitivamente certe della mia innocenza. Il mio avvocato mi ha convinto a fare appello: un nuovo processo in nome della mia dignità».
Che idea si è fatto ora del sistema giustizia?
«Funziona. Ma è lenta. Troppo lenta. Non è possibile attenere quasi dieci anni per essere assolti. Tuttavia il problema è un altro ed anche più grave: ho imparato a mie spese che non è vero che la responsabilità penale sia personale. Sono finito in un tritacarne perché accusato di fare parte del così detto sistema Tedesco quando l'allora assessore non era stato mai un mio interlocutore. E comunque è frustrante sentirsi contestare un'accusa di associazione a delinquere solo per avere indicato un direttore sanitario piuttosto che un altro: indicai il migliore, perché era effettivamente la persona più adeguata a ricoprire quel ruolo».
Come ha passato la prima giornata libero da quell'accusa?
«Il calore e l'effetto delle telefonate e dei messaggi ricevuti dalle persone più impensabili mi ha risarcito del martirio subito in questi anni».
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