L’ex preside voleva suicidarsi, ha sparato al figlio dopo la lite. Esclusa la premeditazione nell’accusa di omicidio

L’ex preside voleva suicidarsi, ha sparato al figlio dopo la lite. Esclusa la premeditazione nell’accusa di omicidio
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Sabato 21 Novembre 2015, 11:41 - Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 09:26

Nessuna premeditazione nell’accusa di omicidio volontario. Il professore Sebastiano Sabato, 75 anni, di Taviano, ex preside della scuola media “Dante Alighieri” di Alliste, non si era portato dietro la sua pistola a Gallipoli con l’intenzione di ammazzare il figlio Antonio di 39 anni. Quella Beretta 7.65 regolarmente detenuta l’aveva infilata nella tasca del giubbotto nel primo pomeriggio con l’intenzione di farla finita. Non reggeva più le esplosioni di violenza del figlio, soprattutto dopo la morte per infarto della moglie Giovanna Petrucci del 27 ottobre scorso: quella donna riusciva ogni volta a riportare serenità in famiglia dopo gli sfoghi e le accuse di Antonio dovuti a problemi psichiatrici che lo vedevano in cura da sette anni.

E proprio l’altro ieri pomeriggio verso le 17, quando si è trovato nel soggiorno della casa estiva di Gallipoli, in via Gian Battista Vico al 53, con Antonio e la figlia Daniela, ha estratto quella pistola e ha sparato un colpo al cuore e uno alla gamba sinistra del figlio.

Senza fare trasparire nervosimo o tensione, ma con la tranquillità di chi è convinto dell’ineluttabilità delle cose, ha sparato quando Antonio ha cominciato a chiedere con insistenza come fosse morta la madre ed a inveire contro la sorella.

Il professore Sabato subito dopo ha chiamato i carabinieri della Compagnia di Gallipoli raccontando esattamente cosa fosse accaduto. Sono arrivati anche il pubblico ministero di turno, l’avvocato difensore Luigi Suez, il medico legale Ermenegildo Colosimo e i carabinieri della sezione Rilievi del Nucleo investigativo. In serata il magistrato ha disposto che il professore Sabato fosse messo agli arresti domiciliari, alla luce di una confessione piena e senza ombre.

Nella giornata di oggi il medico legale Colosimo effettuerà l’autopsia, un atto dovuto in un’inchiesta che, mai come questa volta, sembra ormai non avere più nulla da dire. Se non aggiungere ancora qualche dettaglio doloroso ad una vicenda familiare scaturita dalla difficoltà di gestire un figlio con problemi psichiatrici. E violento. «Questa tragedia è figlia delle disfunzioni del nostro sistema legislativo - è il parere dell’avvocato Suez - non si concede la possibilità di curare i malati psichiatrici. La caratteristica di questi pazienti è che non riconoscono la patologia e, quindi, non accettano di farsi curare».

Che è poi ciò che sarebbe accaduto con Antonio Sabato. In cura da sette anni, cinque anni fa fu sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio per una decina di giorni. E da quella volta, ha raccontato il professore Sebastiano, si incattivì: non la smise mai di accusare la famiglia di averlo obbligato a curarsi. Ogni giorno, e più volte a giorno, ogni occasione diventava spunto per aggredirli.

L’altro ieri la situazione è degenerata: nella mattinata il professore Sebastiano e la figlia sono corsi a Gallipoli perché Antonio si era infilato in casa di una persona sconosciuta. Lo hanno riaccompagnato nella residenza di via Vico, non prima di aver acconsentito di passare dalla banca per ricaricare il cellulare. Rientrato a Taviano, dopo pranzo il professore Sabato ha preso la pistola con l’intenzione di suicidarsi. Nel portone ha incontrato la figlia che l’ha avvertito di una nuova chiamata di Antonio. La morte li ha seguiti. E si è materializzata a Gallipoli.