Finanziamenti alle imprese, i primi indagati anche a Lecce

Finanziamenti alle imprese, i primi indagati anche a Lecce
di Erasmo MARINAZZO
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Mercoledì 24 Febbraio 2016, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 17:45
Una nuova ondata di inchieste giudiziarie sui finanziamenti pubblici erogati alle imprese. L’effetto dell’operazione “Return” della Guardia di finanza e di Invitalia, cioè l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa, sta toccando anche il Salento. Perché sono salentine una buona parte delle 1.079 imprese a livello nazionale (il 18,7 per cento delle quali è pugliese) che dovranno restituire allo Stato quasi 40 milioni di euro. I primi provvedimenti sono stati già adottati dalla Procura di Lecce: il pubblico ministero Massimiliano Carducci ha ottenuto il sequestro di una villa a Baia Verde e di un conto corrente di 9.000 euro intestati ad una coppia di coniugi di Taviano finiti sott’inchiesta con l’accusa di truffa ai danni di Invitalia e di falso. Un sequestro per equivalente della somma erogata nel 2006 da Invitalia: 87mila e 900 euro.
 Alla coppia - S.P. e C.C, 44 e 45 anni, entrambi di Taviano - viene contestato di non aver rispettato la clausola contrattuale che prevedeva di tenere aperta l’attività per almeno 5 anni: le verifiche effettuate da Invitalia e dai finanzieri della Compagnia di Gallipoli guidati dal maggiore Francesco Mazza sostengono che la loro attività di noleggio di dvd sia cessata il 20 dicembre del 2010, mentre nell’autocertificazione avrebbero dichiarato di aver chiuso i battenti il 20 gennaio del 2011. Una scelta - siamo sempre sul fronte dell’accusa - strumentale ad evitare di dover sottostare alla clausola che prevedeva la restituzione del contributo in conto capitale a fondo perduto di 43mila 544 euro.
Una tesi condivisa ed avallata dal giudice per le indagini preliminari, Simona Panzera, che ha accolto la richiesta di emettere il decreto di sequestro preventivo. Prospetta invece una ricostruzione dei fatti diversa l’avvocato difensore Biagio Palamà. E per questo ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere l’annullamento del decreto e la restituzione del conto e della villa. Soldi che, appunto, dovrebbero rientrare a casa Invitalia. Cioè nelle mani dello Stato.
Il caso è emblematico e sembra ripercorrere le stesse anomalie segnalate da Invitalia alla Guardia di finanza a livello nazionale: nel capitolo “Frodi autoimpiego” le irregolarità riguardano soprattutto le imprese che non hanno comunicato la cessazione dell’attività entro il quinto anno.
L’impresa dei coniugi di Taviano venne avviata a marzo del 2006 con il finanziamento di quasi 88mila euro per incentivare il lavoro autonomo. Il 50 per cento di questo importo è stato erogato a fondo perduto, la parte restante è stato restituita con rate versate in sette anni.
Tuttavia - e questo sembra una dato documentale - non sarebbe stato rispettato il termine del mantenimento in vita dell’attività commerciale. Se ci sia un motivo giustificabile sotto il profilo penale, dovrà stabilirlo ora il Riesame. Intanto altri casi analoghi sono al vaglio del pool dei magistrati dei “reati finanziari”.
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