Ma i prof vanno al contrattacco: «I veri sottopagati siamo noi»

Ma i prof vanno al contrattacco: «I veri sottopagati siamo noi»
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Sabato 26 Marzo 2016, 10:26 - Ultimo aggiornamento: 12:39
«I veri sottopagati siamo noi». E i docenti passano al contrattacco avanzano l’idea di organizzare un “Cedolino Day” alternativo a quello lanciato dai presidi. «Dovremmo essere noi, ancor prima dei dirigenti, a lamentarci»: è il messaggio che arriva dai professori con tanto di numeri. Stipendi più bassi del 30 o del 40 per cento rispetto alla media europea o dei precari.
La protesta dei dirigenti scolastici risveglia così la mai sopita ribellione dei docenti contro la riforma renziana della scuola e l’amarezza per uno stipendio che non riconosce dignità al loro lavoro. Ma in questa fase i sindacati stanno cercando di ricucire quella frattura del muro-contro muro: da una parte i docenti, dall’altra i dirigenti scolastici. Il bersaglio comune è la riforma della scuola e su questo sono tutti d’accordo, anche perché i 500 euro una tantum che sono stati riconosciuti ai prof sono considerati una “mancia” che non dà un riconoscimento reale, in termini di stipendio, del lavoro dei prof e men che meno pareggia il conto con il carico di lavoro a cui sono costretti.
Mette i puntini sulle ”i” Santa De Siena, docente di Filosofia al liceo Palmieri di Lecce: «I veri sottopagati siamo noi. È vero che i dirigenti hanno responsabilità giuridica, ma il carico di lavoro burocratico che riguarda l’espletamento materiale di tutte le procedure è sulle spalle del corpo docente».
Non ci sta la prof di uno dei licei più conosciuti del capoluogo e del Salento e lo dice a chiare lettere: «Quello che non si conosce è la quantità di operazioni che devono essere svolte dai docenti e dalle docenti che va oltre la funzione specificatamente didattica e riguardano l’organizzazione della scuola. Basti citare la realizzazione del Piano dell’offerta formativa, ora triennale. Coinvolge tutti i docenti e le docenti e comporta: viaggi per accompagnare i ragazzi nelle gare, attività pomeridiane, attività di recupero, iniziative pubbliche, organizzazione di iniziative come ad esempio gli “Open Days”. E questo è tutto gratis».
In sintesi, si lavora tanto, ma si guadagna poco. E i 500 euro concessi con la riforma? «Lo stipendio di un docente è mediamente inferiore del 30, se non del 40 per cento rispetto ai colleghi dei Paesi europei: questo è il dato di fatto. Anche i 500 euro che ci ha “regalato” Renzi sono un’offesa alla nostra dignità professionale perché a fronte di un mancato adeguamento dello stipendio ci è stata fatta l’elemosima. Di contro, a scuola non arrivano più soldi, a causa dei tagli lineari, e andiamo avanti con il contributo volontario delle famiglie».
E Francesco Tarantini, docente di Matematica al “Virgilio-Redi” punta, sul filo dell’amarcord, il dito sulla competenza e sulla valutazione. «Mi torna in mente la frase della mia vecchia prèside “Tutti vogliono diventare generali, ma se scoppia la guerra vogliono restare a casa”. Un fondo di verità esiste perché i dirigenti non sono stati reclutati dopo aver frequentato l’accademia, ma dopo tanto onorato servizio da fante. Da qui nasce il primo problema: deve essere data l’opportunità di una preparazione all’altezza dei compiti amministrativi da svolgere, il secondo deriva dalle troppe funzioni attribuite». Critica urticante per chiedere la separazione netta tra «il compito di indirizzo affidato al dirigente e agli organi amministrativi della scuola da quello della gestione demandata al direttore amministrativo. Per tutti dirigenti e docenti esiste il problema della responsabilità ed è difficile da risolvere nel pubblico impiego. Siamo sulla stessa barca, dirigenti e docenti, ed è legittima la richiesta e la giusta aspirazione di un legame tra responsabilità e retribuzione, tanto più che i docenti non hanno un peso inferiore».
Lory De Simone, docente di Filosofia e Scienze umane al “Siciliani” di Lecce, spera nel riconoscimento del merito: «Sicuramente in un confronto europeo siamo tutti sottopagati, in compenso ci sono tanti politici che guadagnano molto di più, magari con due tre mesi a Montecitorio. Lavoro da 33 anni nella scuola e l’impegno è in costante crescita, ma il problema non è semplicemente di stipendio. È importante il riconoscimento del merita, a partire dal reclutamento. Bisogna che ci sia una selezione più severa, un processo questo che inizia a muovere i primi passi, e sia per i docenti che per i dirigenti scolastici il sistema deve tendere alla qualità. Indubbiamente a questo deve corrispondere una maggiore retribuzione, anche perché noi docenti abbiamo la responsabilità di formare i futuri cittadini. E serve una qualificazione economica dei diversi ruoli».
 
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