Arrestato l'ergastolano Perrone: era latitante da due mesi. "Protetto da una rete di insospettabili"

L'arresto del latitante
L'arresto del latitante
di Alessandro CELLINI ed Erasmo MARINAZZO
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Sabato 9 Gennaio 2016, 07:52 - Ultimo aggiornamento: 10 Gennaio, 19:22

E’ stato arrestato all'alba di ieri, a Trepuzzi, Fabio Perrone, l’ergastolano 42enne che la mattina del 6 novembre scorso fuggì in modo rocambolesco dall’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce dove era stato portato per essere sottoposto ad un esame clinico.

L’arresto è avvenuto in una villetta di Trepuzzi, in via 2 Giugno, circondata pochi minuti prima delle 6 di questa mattina dalle forze dell’ordine. Una trentina di agenti hanno partecipato al blitz. Gli agenti della Squadra mobile e della polizia penitenziaria hanno fatto irruzione nell'abitazione non appena hanno avuto la certezza che il 42enne fosse dentro.
Perrone ha tentato la fuga attraverso il terrazzo, ma è stato immediatamente bloccato dai poliziotti. Aveva con sé la pistola Beretta rapinata all’agente di polizia penitenziaria durante la sua fuga dall’ospedale "Vito Fazzi" di Lecce; all’interno della pistola vi erano 15 cartucce ed un colpo in canna; inoltre addosso aveva anche un Kalashnikov, 10 cartucce calibro 12 e 4.660 euro in contanti. Non ha comunque opposto resistenza e non ha detto nulla al momento dell'arresto.

Insieme a Perrone è stato arrestato anche Stefano Renna, 33 anni di Trepuzzi, proprietario dell'appartamento. L'uomo, un insospettabile, è il proprietario di un bar che si trova nei pressi della villa comunale a Trepuzzi. Secondo gli investigatori, però, l'ergastolano aveva trovato rifugio in casa di Renna solo negli ultimi giorni; è probabile che in questi mesi si sia spostato molte volte, pur rimanendo sempre a Trepuzzi.

Secondo gli investigatori, Perrone ha potuto godere un'ampia rete di omertà e connivenze che gli ha permesso di trascorrere due mesi nel suo paese, senza che nessuno ne segnalasse la presenza. "C'era una rete di persone che lo ha protetto, anche insospettabili", ha detto la dirigente della Squadra mobile Sabrina Manzone. "Per qualcuno Perrone stava diventando un idolo".

Perrone, il giorno della fuga, riuscì, come ricordato, a sottrarre la pistola d'ordinanza a uno dei due poliziotti penitenziari che lo accompagnavano, ferì tre persone, si impossessò di una macchina e riuscì a lasciare l’ospedale facendo perdere ogni traccia. Coinvolto anche in attività della Scu, Perrone era stato condannato all'ergastolo per omicidio: il 28 marzo del 2014 di un bar, a Trepuzzi, aveva sparato a Fatmir Makovich, di 45 anni, uccidendolo, e aveva anche ferito il figlio dell’uomo, un ragazzo di 16 anni.

Il questore di Lecce Pierluigi D’Angelo, come si legge in una nota, ha espresso il suo plauso ai funzionari della Squadra Mobile che hanno dimostrato tenacia e capacità investigativa.

La cattura del latitante Perrone, che ha dimostrato la sua pericolosità sia nel momento della fuga che nelle fasi della sua cattura, è il frutto dell'attività investigativa scattata fin dall'inizio della polizia di stato e della polizia penitenziaria. Per tutto il tempo è stato fatto un lavoro di sinergia tra Polizia di stato, Carabinieri e Guardia di finanza e Polizia penitenziaria, nell'attività investigativa svolta sotto il coordinamento del Procuratore Distrettuale Cataldo Motta.

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