Ambulante muore a 39 anni in Rianimazione, la moglie: «Mio marito negativo dopo undici tamponi. Ora voglio la verità»

Ambulante muore a 39 anni in Rianimazione, la moglie: «Mio marito negativo dopo undici tamponi. Ora voglio la verità»
di Francesco BUJA
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Mercoledì 11 Novembre 2020, 08:09 - Ultimo aggiornamento: 12 Novembre, 13:51

«Voglio la verità sulla morte di mio marito». Angelica Reggio, vedova di Oronzo Castelluzzo, il 39enne leccese deceduto la notte del 3 novembre nell'ospedale Vito Fazzi di Lecce per una causa che pare ancora discutibile, attende ansiosa l'autopsia del coniuge. Si è parlato di polmonite causata dal coronavirus, ma lei vuole vederci chiaro, quindi, assistita dall'avvocato Ivan Feola, ha sporto denuncia in questura. E il pubblico ministero Paola Guglielmi indaga per capire perché veramente il noto venditore ambulante sia morto. Nelle prossime ore l'esame della salma.

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«Qualcosa non quadra lamenta la signora Angelica perché mio marito è stato sottoposto a ben undici tamponi il cui esito è stato negativo. Tant'è vero che inizialmente è stato ricoverato in un reparto no covid». Il 5 ottobre era risultato positivo al tampone. La Tachipirina non è riuscita a debellare la febbre e il 20 ottobre il termometro segnava 39,7 gradi.
«Dopo le due settimane di isolamento racconta Angelica - è stato effettuato un altro esame e mio marito è risultato ancora positivo.

Dopo qualche giorno il medico curante ci ha esortato a chiamare nuovamente i sanitari del 118, nonostante avesse lui stesso contattato tramite email le Usca (Unità speciali di continuità assistenziale, ndc), perché la febbre era preoccupante. Ma neanche questa volta i medici hanno ritenuto di dover ricoverare mio marito, che, fra l'altro, era gravemente diabetico. È stato curato con la Tachipirina 500, somministrata ogni sei ore». Il 23 ottobre Castelluzzo presentava affanno e catarro. Angelica continua: «In serata un medico dell'Usca chiede per telefono a mio marito di compiere dei giri intorno al tavolo portando il saturimetro al dito, lui al secondo percorso è risultato affaticato e caratterizzato da scarsa ossigenazione, ma quello che ha indotto la dottoressa che era al telefono a disporre il ricovero in ospedale è stato lo scompenso glicemico del paziente che persisteva da quattro giorni».


«Oronzino è stato portato al Dea (Dipartimento di emergenza ed accettazione, ndc)», continua il racconto della moglie. «Ricordo che per telefono mi chiese di portargli il termometro, l'insulina e la Tachipirina. Lì è stato sottoposto ai tamponi. A un test è risultato negativo, mentre da un altro è emersa solo una piccola infiammazione al polmone, che prima non era stata rilevata. Gli è stata somministrata dell'eparina, quindi è stato trasferito nel reparto di pneumologia. Sono stati effettuati altri tamponi, negativi. E lì, mi raccontò, non ricevette alcuna terapia dalle 5.30 alle 16. Mi chiedo perché intorno alle 17 le sue condizioni sono diventate talmente gravi da rendersi necessario trasferirlo in rianimazione». Angelica si domanda cosa sia davvero accaduto al marito visto che «complessivamente è stato sottoposto a undici tamponi e questi sono risultati tutti negativi».

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