Il Governo ora può dare ciò che serve al Sud

di Gianfranco VIESTI
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Sabato 21 Novembre 2015, 10:25 - Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 09:55
Sta entrando nel vivo la discussione parlamentare sulla Legge di Stabilità. Conviene riprendere due aspetti: la possibile introduzione di interventi mirati al Mezzogiorno; le conseguenze dell’introduzione della clausola di “flessibilità” europea sugli investimenti.

Sul primo punto ciò che sorprende è che siano necessari emendamenti. Più volte nel corso dell’estate esponenti di punta del Governo avevano anticipato interventi specifici.



Era stato annunciato dal Primo Ministro addirittura un Masterplan, prima della Legge di Stabilità: invece, a sorpresa, il testo presentato alle Camere non conteneva nulla. Questo è negativo, perché la crisi sta avendo effetti asimmetrici fra le regioni italiane; come si è ricordato su queste colonne, sta colpendo molto di più il Mezzogiorno: perché più dipendente dalla domanda interna, e perché l’austerità (aumento delle tasse, tagli alla spesa) è stata molto più intensa al Sud. Senza misure specificamente mirate, la ripresa del prossimo anno non potrà che essere quasi impercettibile al Sud. Dopo tutti questi anni di sofferenza sociale, sarebbe davvero il caso di evitarlo.



Si era parlato, e si sta tornando a parlare (ne ha fatto cenno ieri in Parlamento anche il Viceministro Morando) di due questioni: aumentare, per il Mezzogiorno, l’intensità dello sgravio contributivo per nuove assunzioni nel 2016; potenziare l’intervento – già previsto per l’intero paese – di incentivazione agli investimenti. Su quest’ultimo punto sarebbe preferibile, più che il “superammortamento” (che aumenta artificialmente i costi delle imprese, riducendo così l’utile che viene tassato), un vero e proprio credito di imposta. Nel primo caso, infatti, il vantaggio va solo alle imprese in utile (che di questi tempi non sono molte); nel secondo, invece, può essere utilizzato da tutte le imprese nei loro rapporti con il fisco. Sono misure costose e “a pioggia”: ma se c’è un momento in cui possono servire è questo.



C’è da far di tutto perché il miglioramento dell’economia si traduca in posti di lavoro e in un rafforzamento delle capacità produttive delle imprese. Potrebbe essere utilissimo anche un significativo aumento delle famiglie meridionali interessate dai, limitati ma interessanti, provvedimenti della Legge di Stabilità contro la povertà. Naturalmente, infine, sarà decisivo vedere da dove verranno le risorse: se saranno prese da fondi già stanziati, l’effetto sarà assai più modesto: bene che si spendano; ma necessariamente bisognerà ridurre altre azioni.



In secondo luogo c’è il capitolo della flessibilità. Il Governo sta chiedendo a Bruxelles di poter avere un deficit un po’ maggiore: un aumento corrispondente alle risorse nazionali destinate a cofinanziare politiche europee di investimento. I fondi strutturali, ma anche il Piano Juncker e la “Connecting Europe Facility”. Stando a dichiarazioni del governo, dovrebbe significare 7 miliardi di investimenti al Sud. Come è chiaro a tutti, a valere su risorse che già ci sono, senza nessun impegno aggiuntivo.



Il governo fa bene a richiedere l’applicazione di questa clausola: gli investimenti pubblici sono le principali vittime delle crisi e vanno rilanciati. Tuttavia, non ci si può non chiedere perché questa richiesta non sia stata fatta l’anno scorso per il 2015, anno in cui – per la chiusura del ciclo 2007-13 – sarebbe stata davvero utilissima. Avrebbe ridotto il rischio – ancora presente – di non riuscire a spendere i fondi disponibili: che dipende da diversi motivi, ma anche dai vincoli alla spesa collegati alle regole europee e al Patto di Stabilità interno.



L’applicazione della clausola viene chiesta per il 2016; se concessa, dovrebbe riguardare 5.150 milioni di cofinanziamento nazionale su 11,3 miliardi di investimenti; i dettagli sono nel Documento Programmatico di Bilancio 2016, ed in particolare nella tabella I.1.3. Proprio questa tabella fa sorgere due dubbi. Primo dubbio: come sono state individuati opere ed interventi così maturi da poter garantire l’effettiva spesa nel 2016? E’ possibile averne una lista, anche per monitorarla? L’Italia, infatti, prende un impegno con Bruxelles, e non è chiaro cosa succede se non lo rispetta; ma è fondamentale invece per tutto il paese, e per il Sud, che questi interventi siano fatti davvero. Secondo dubbio: questo processo è utilissimo per il bilancio nazionale, perché gli dà respiro. Ma rappresenta davvero un aumento di investimenti al Sud? La comparazione non è facilissima, ma già la spesa di quest’anno potrebbe aggirarsi intorno ai 6 miliardi. Non è il caso, vista la flessibilità, di fare davvero qualcosa in più?



Tanti aspetti formali: il timore è che di vera nuova sostanza potrebbe essercene poca. Il problema è sempre di volontà politica. Ieri a Milano Renzi ha annunciato un grande investimento pubblico aggiuntivo per un centro di ricerca sull’area ex-Expo. Ci ha messo il suo peso; l’ha individuato come una vera, importante novità, una grande priorità. La sensazione sgradevole è che quando invece si parla di interventi al Sud, di vere, importanti novità, di grandi priorità ce ne siano poche.

Gianfranco Viesti