Lo specialista non c'è, donna colpita da ictus “dirottata” a Lecce

Lo specialista non c'è, donna colpita da ictus “dirottata” a Lecce
di Maurizio DISTANTE
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Domenica 24 Aprile 2016, 07:06 - Ultimo aggiornamento: 18:35
C'è chi, come una novella Cassandra, lo aveva previsto. C'è un problema da qualche tempo, all'ospedale "Antonio Perrino", che, durante la notte tra venerdì e sabato, è venuto a galla, mettendo non poca agitazione addosso al personale in servizio nel presidio brindisino. La vicenda è maturata in pronto soccorso ma riguarda la radiologia interventistica, da mesi in carico a soli due medici. Una donna è giunta nel punto di frontiera dell'ospedale accusando i sintomi di un ictus emorragico, cioè la chiusura o l'ostruzione delle arterie che portano il sangue al cervello.

Medici e infermieri, inquadrata la situazione nella sua gravità, hanno allertato i colleghi e il personale di supporto necessario a effettuare un'angiografia alla paziente: il radiologo di turno, una volta raggiunta la donna, ha dichiarato l'impossibilità di sottoporre la paziente al trattamento perché la prestazione non sarebbe rientrata nelle sue competenze. Per non perdere ulteriore tempo, quindi, l'equipe del pronto soccorso ha contattato il rianimatore reperibile col quale, una volta giunto in ospedale, si è partiti in ambulanza alla volta del "Vito Fazzi" di Lecce, dove la donna ha potuto ricevere il trattamento necessario.

Raccontata la cronaca, le domande rimangono. La prima, la più banale, forse, riguarda il radiologo di turno che, senza colpa, non ha eseguito una prestazione che non era in grado di garantire: perché, se il Perrino è dotato della strumentazione necessaria, si affida il servizio a un medico che non può sfruttare le possibilità offerte dall'ospedale? Riassumendo, la storia ha una genesi che risale a qualche mese fa: dei tre medici radiologi in servizio al Perrino, uno è andato via dalla struttura. Da quel punto in poi, per diverse settimane, si è andati avanti con soli due professionisti che coprivano i tre turni giornalieri, mattina, pomeriggio e notte.

La situazione, a lungo andare, si è resa insopportabile: al di là del fatto che, a rotazione, i medici dovevano sobbarcarsi sistematicamente un doppio turno, in caso di ferie, malattia o altro, in servizio rimaneva un solo professionista a coprire tutte le 24 ore. Limitare il servizio non era una via percorribile: non si può negare, in alcune ore del giorno o in alcuni giorni della settimana, l'accesso a cure salvavita, altrimenti si potrebbe andare incontro anche all'interruzione di pubblico servizio.

Per tamponare la cosa, quindi, si sarebbe fatto ricorso a un accordo con l'Asl di Lecce: per 10 giorni al mese, da qualche tempo, in servizio al Perrino, c'è un medico radiologo proveniente dall'azienda salentina, così da ripristinare la dotazione organica dei 3 radiologi. Il punto, però, è che il professionista leccese sarebbe specializzato nella radiologia “body”, quella riguardante il corpo, non potendo intervenire sulla testa, come richiesto per la donna arrivata in pronto soccorso la notte scorsa. A quanto pare, della cosa non erano informati in molti, tanto che dal pronto soccorso era partito il segnale per la preparazione dell'equipe medica, tecnica e infermieristica che avrebbe dovuto sottoporre la paziente all'angiografia.

Al netto di questo, comunque, rimangono tanti i punti di domanda sulla questione. Il segretario regionale del Cimo, Arturo Oliva, è stato, nel recente passato, una di quelle cassandre che aveva preventivato un simile scenario. «Non si tratta di essere profeti di sventura - afferma Oliva - sono i fatti che portano alle valutazioni. Avevo previsto un simile scenario poiché, quella della radiologia interventistica non è l'unica specialità a soffrire di questi problemi. Anche al centro trasfusionale sono rimasti in 5 medici; stessa cosa alla pneumologia di San Pietro Vernotico e in neurochirurgia. Oltre questo, poi, c'è da sottolineare il pericolo in cui si mettono medici e infermieri coinvolti: come al solito, chi rischia è sempre il personale e sempre a causa di decisioni prese da terzi». Le notizie che circolano, poi, non sono affatto confortanti: nonostante il grande bisogno di risorse umane, pare che non ci saranno molte assunzioni per correggere le situazioni a rischio come quella sopra rappresentata.
Di questo e di altro, si discuterà il prossimo 28 aprile, nel corso di una riunione sindacale sul piano dell'emergenza. «Non posso esprimermi sulla vicenda in esame perché ero fuori e non ho gli elementi necessari all'analisi - ragiona Bruno Passarella, segretario provinciale dell'Anpo, l'associazione nazionale dei primari ospedalieri - Quello che posso dire è che, se una simile disposizione sia stata presa per far fronte a un'emergenza, sarebbe stato auspicabile un coinvolgimento medico-sindacale che avrebbe potuto portare un contribuito anche da parte nostra. Se così non è stato, ne discuteremo nella riunione del 28, quando si parlerà proprio delle emergenze. Se una decisione in tal senso è stata presa senza interpellare nessuno, ripeto, sarebbe un fatto sgradevole».
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