Si porta il figlio in Kazakistan, da Brindisi il padre lo rivuole: due ministri al lavoro

Si porta il figlio in Kazakistan, da Brindisi il padre lo rivuole: due ministri al lavoro
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Mercoledì 27 Giugno 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 12:18

A distanza di un anno si torna a parlare del caso del  bimbo portato via da sua madre, una donna 35enne kazaka, che lo ha allontanato da Brindisi contro la volontà del padre e della sua famiglia. A tre anni dall’inizio di questa difficile vicenda, umana e giudiziaria, l’onorevole Mauro D’Attis, deputato di Forza Italia, ha presentato un’interrogazione ai ministri della Giustizia e degli Affari esteri su un caso che ha risvolti internazionali: “La signora è stata condannata dal Tribunale di Brindisi, con una sentenza del 2017, alla pena di due anni di reclusione e alla sospensione della responsabilità genitoriale” scrive D’Attis. In relazione a ciò, lo Stato Italiano ha chiesto l’esecuzione penale della stessa alla Repubblica del Kazakistan, ad oggi non si conoscono gli esiti dell’istanza. Il padre prova ad avere contatti col figlio e da qualche videochiamata ha riscontrato che il piccolo non gode della dovuta assistenza e del dovuto sostegno. Il 13 dicembre 2017, presso il Dipartimento di Tutela dei minori di Taraz, a sud del Kazakistan, si è tenuta la seduta dedicata al caso del piccolo, incentrata sul diritto di visita ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, si chiedeva dunque al Dipartimento di riconoscere la possibilità del padre di stare con il figlio e di portarlo con sé in Italia per limitati periodi tempo. Il Kazakistan ha aderito alla suddetta Convenzione il 3 giugno 2013. Il Dipartimento di Taraz ha completamente disatteso l’istanza sul diritto di visita ai sensi della Convenzione.
“L’organo amministrativo - sostiene D’Attis - ha deciso che il padre potrà esercitare il suo diritto di visita soltanto in Kazakistan, alla presenza della madre, ipotesi purtroppo non realizzabile, visto che l’ex coniuge non consente al padre di vedere il bambino. Il padre ha presentato azione innanzi alla Corte minorile per il riconoscimento del diritto di visita”. Per cui il deputato ora chiede se i ministri siano a coscienza di questi fatti e quali iniziative intenderanno assumere affinché siano messe in atto le procedure per l’esecuzione della sentenza penale comminata alla madre del piccolo.
In questi anni la famiglia paterna del bambino ha tentato in ogni modo di raggiungere il piccolo. Da allora, è iniziata una battaglia legale, condotta per conto della famiglia dall’avvocato Pieluigi Morena dello studio Attis Legal, volta a riportare il bambino in Italia e che ha visto anche la condanna della madre a due anni di reclusione senza condizionale e alla sospensione della responsabilità genitoriale per il reato di sottrazione internazionale di minore e trattenimento all’estero, con sentenza emessa dal Tribunale di Brindisi. Ma a quanto pare la lunga battaglia legale non ha ancora sortito i suoi frutti, la famiglia attende ancora che il bambino sia riportato in Italia e affidato alle cure del padre così come disposto dai giudici. A parte questo aspetto il padre del bimbo non può neppure fare visita al bambino così come è suo diritto perché la moglie non lo consentirebbe.

La famiglia paterna è angosciata per la salute del piccolo, nell’ultimo contatto avuto con il bambino, una videochiamata, dicono i parenti, il bambino appariva molto provato. Da allora è trascorso più di un anno e la preoccupazione cresce.

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