Detenuto colpì infermiera con il manico della scopa: assolto

Detenuto colpì infermiera con il manico della scopa: assolto
​Detenuto colpì infermiera con il manico della scopa: assolto
di Eliseo ZANZARELLI
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Martedì 3 Ottobre 2023, 19:56 - Ultimo aggiornamento: 22:11

Colpì un’infermiera col manico di una scopa, ma il giudice l’ha assolto perché incapace d’intendere e di volere al momento del fatto. Se l’è cavata così un uomo di Francavilla Fontana che l’8 marzo 2020 si trovava nel carcere di Lecce per scontare una condanna per maltrattamenti in famiglia ed estorsione ai danni dei suoi genitori. 

In questo ultimo processo era accusato di lesione personale aggravata proprio dall’impiego di una scopa, con recidiva specifica infraquinquennale. Quel giorno, un’infermiera in servizio presso il penitenziario salentino era intenta a somministrare al detenuto una terapia farmacologica, quando quello - senza che vi fosse una particolare ragione di attrito - impugnò una scopa dal manico e colpì con la parte sguarnita di setole il viso dell’operatrice sanitaria.

Centrandola sulla guancia e procurandole un arrossamento, un’escoriazione interna e una piccola perdita di sangue. 

La denuncia

La donna decise di denunciare l’accaduto e a conclusione delle indagini l’autore del gesto fu mandato a processo, difeso dall’avvocato Giuseppe Pomarico. Quest’ultimo sin da subito ha puntato sulle particolari condizioni di salute del detenuto: non che non avesse commesso il reato, ma che lo avesse commesso in un momento di “buio” cerebrale. Seguirono le perizie degli esperti in materia psichiatrica, che finirono per confermarne altre già effettuate in precedenza in relazione a diversi episodi.

Nel caso del ferimento dell’infermiera, si sarebbe verificata una “immediata e contingente esplosione (nel comportamento del detenuto), frutto di improvvisa ed immotivata agitazione, ben compatibile con il prospettato stato di incapacità”. 

Le probabilità che l’uomo finisca fuori controllo e diventi da “moderatamente” a “pericoloso” aumentano nel caso in cui non assuma la terapia farmacologica - stabilì la perizia - e non si sottoponga ai controlli del Centro di salute mentale. Di qui, la presa d’atto del fatto - evidentemente, accaduto - ma anche dell’infermità mentale totale per quanto temporanea, perorata a processo dal difensore. Nei confronti dell’uomo - assolto perché non punibile, oltre che incompatibile col regime carcerario - è stata comunque applicata la misura di sicurezza della libertà vigilata della durata di un anno con obbligo di firma. Durante questi 12 mesi, l’uomo dovrà rispettare la terapia e i controlli psichiatrici al fine che siano scongiurate ricadute socialmente pericolose come quelle nei quali è incappato sia tre anni fa, sia in precedenza quando si accanì contro i suoi familiari.

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