Minacce a De Picciotto: «Devi dire allo svizzero di pagare, o saranno guai»

Minacce a De Picciotto: «Devi dire allo svizzero di pagare, o saranno guai»
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Venerdì 31 Luglio 2020, 09:54 - Ultimo aggiornamento: 09:59
Lo svizzero: lo definivano così l'imprenditore René De Picciotto i 5 estorsori finiti ieri in manette. Il 14 settembre scorso uno dei collaboratori dell'imprenditore, l'amministratore unico di una società agricola riconducibile alla holding di De Picciotto, riceve la prima richiesta estorsiva. 50.0000 euro o continueremo a bruciare gli ulivi all'interno di Masseria Pettolecchia il monito dato dall'interlocutore di turno che, alla domanda di come avesse avuto il numero di telefono, risponde di averlo estrapolato dalla denuncia che aveva sporto presso i Carabinieri in occasione dell'incendio degli ulivi avvenuto antecedentemente.
In effetti il 29 agosto tre alberi di ulivo millenari di rilevante valore paesaggistico e di inestimabile valore economico erano stati bruciati e da lì la denuncia in quanto si era palesato il dolo. Al collaboratore di De Picciotto viene anche intimato di non recarsi dalle forze dell'ordine asserendo che conoscevano la figlia e la nipote e che se avesse sporto nuovamente denuncia avrebbero fatto loro del male. A questa telefonata ne succederanno altre, tutte da cabine telefoniche di Triggiano, Mola di Bari, Capurso, Monopoli e Polignano a Mare.
Proprio da Polignano viene fissato l'appuntamento. E' l'8 ottobre quando uno degli estorsori (da sottolineare come fosse molto marcato l'accento barese di tutti coloro che hanno via via telefonato) dà appuntamento al collaboratore di De Picciotto per il pomeriggio in territorio di Monopoli e intima di non fare gli scemi perché altrimenti ci sarebbero state delle persone appostate sotto casa sua ma che c'erano anche persone appostate sotto casa del maestro che sta a Monopoli riferendosi probabilmente ad un altro collaboratore di De Picciotto. A quell'appuntamento, però, si presentano i Carabinieri. I due estorsori riescono a fuggire gettando lo zaino con i soldi in un terreno ma sarà l'inizio della loro fine perché proprio partendo dalla macchina utilizzata gli investigatori hanno ricostruito tutto il disegno dell'estorsione.
Le intercettazioni telefoniche hanno fatto il resto. Ad esempio in una telefonata tra Dell'Aglio e la Colapietro emerge l'intenzione di rientrare nella disponibilità dello zainetto abbandonato durante la fuga. E di grande riscontro investigativo ai fini del coinvolgimento degli arrestati nell'estorsione, appare una serie di conversazioni captate il 9 ottobre sull'utenza telefonica in uso alla Colapietro verso Giandonato Sciacovelli finalizzate a capire, per poi portarsi sul posto insieme al marito, quale fosse l'esatto punto in cui cercare lo zainetto e l'autovettura abbandonata durante la fuga. I Carabinieri, dopo aver recuperato l'auto, intestata alla madre di Soloperto, si recarono a Bari. Mentre alcuni militari entrarono nell'abitazione della donna altri, rimasti fuori, notarono la stessa che effettuava una telefonata dal balcone dell'abitazione con cui comunicava testualmente ad una terza persona di non farlo rientrare a casa perché ci sono i Carabinieri.
Ma sono innumerevoli la chiamate tra i cinque che, ignari di essere ascoltati, hanno in un certo senso fatto ammissioni sull'estorsione fino a quando gli inquirenti, avendo in mano molte prove in merito, hanno deciso di agire.
A.Spa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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