Crisi dell'olio di oliva: in forte calo il numero dei frantoi in attività. Rallenta la produzione aumentano i costi. Nel report sulle tendenze del mercato dell'olio di oliva per l'annata 2022-2023 pubblicato a settembre dall'Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo) viene disegnato un quadro poco rassicurante per i produttori, a causa di alcune criticità: in particolare la siccità, la presenza della mosca olearia, gli alti costi di trasformazione come conseguenza dell'aumento del costo dell'energia elettrica.
A un mese di distanza la situazione è diventata ancora più complicata e difficilmente sostenibile, posto che quelle criticità nel frattempo si sono aggravate a causa del clima, che continua a essere sostanzialmente estivo anche se siamo a fine ottobre.
Alle emergenze stagionali bisogna aggiungere la xylella, che ha già provocato dal 2015 la perdita del 70 per cento circa della produzione nella provincia di Lecce e sta aggredendo sempre di più la provincia di Brindisi. In una nota pubblicata due giorni fa da Coldiretti Puglia si evidenzia che nella campagna in corso in provincia di Brindisi, la raccolta delle olive subirà una riduzione generale del 20-25% a causa degli eventi atmosferici, oltre alla continua avanzata della Xylella fastidiosa, con la presenza sempre più numerosa di oliveti con evidenti disseccamenti caratteristici dell'infezione dovuta al batterio. Nella parte sud del territorio provinciale tale fenomeno interessa oramai tutti gli oliveti con conseguenze anche sulla produzione ed una diminuzione del prodotto che in tali comprensori raggiunge oltre il 50% rispetto alle annate precedenti, denuncia ancora Coldiretti Puglia.
In questo contesto c'è da prevedere che molti frantoi rinunceranno ad avviare l'attività, con perdite di migliaia di giornate di lavoro. Dunque, i danni sul piano economico e paesaggistico aumentano anno dopo anno, con l'aggiunta nell'annata 2022-2023 (l'attività di raccolta comincia a settembre-ottobre e termina a gennaio-febbraio) dei danni provocati da siccità, mosca olearia e costi energetici.
Sino agli inizi degli anni Settanta, i frantoi garantivano occupazione per tanti capi frantoiani (nagghjire in dialetto ostunese) i quali erano depositari di competenze non facili da trovare e per i frantoiani (trappetare). Molte maestranze del settore provenivano dalla provincia di Lecce (in particolare dal Sud) a conferma del fatto che vi era una economia collegata alla lavorazione delle olive che garantiva opportunità di lavoro per periodo relativamente lunghi e che nel Salento vi erano esperti capaci di lavorare le olive.
Con il passare degli anni quella tradizione è cambiata e lo spostamento dei trappe tare leccesi si è sostanzialmente annullato. E dal 2015, anno in cui si sono cominciate a vedere le conseguenze della xylella, per i frantoiani e i capi frantoiani è stato sempre più difficile trovare lavoro. Non solo nella provincia di Lecce.
Le elaborazioni Ismea disegnano un quadro estremamente grave del settore. Nell'annata 2014-2015 (la xylella non aveva ancora provocato danni significativi) in Puglia erano attivi 939, con la provincia di Lecce che ne aveva 251 e la provincia di Brindisi 143.
Nel 2017-2018 con 904 frantoi attivi in Puglia, la provincia di Lecce era scesa a 227 frantoi con una produzione di 20.184 tonnellate di olio di oliva mentre la provincia di Brindisi faceva registrare 145 frantoi con 32.786 tonnellate di olio di oliva prodotto.
Nell'annata 2021-2022 il totale dei frantoi attivi in Puglia è stato di 766, con Lecce che è scesa a quota 128 (la metà rispetto al 2014-2015) con 3.415 tonnellate di olio prodotto. Nella provincia di Brindisi nella stessa annata sono stati in funzione 128 frantoi con una produzione di 21.511 tonnellate di olio. Le previsioni del 2022-2023 sono catastrofiche sia per quanto riguarda le opportunità di lavoro che i frantoi offrono che per quanto riguarda la qualità e la qualità del prodotto.
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