Cairo, sulle ossa i segni della motosega. L’imprenditore scomparve a 36 anni la mattina del 6 maggio 2001

Cairo, sulle ossa i segni della motosega. L’imprenditore scomparve a 36 anni la mattina del 6 maggio 2001
Cairo, sulle ossa i segni della motosega. L’imprenditore scomparve a 36 anni la mattina del 6 maggio 2001
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Lunedì 18 Marzo 2024, 21:20 - Ultimo aggiornamento: 21:22

Segni evidenti di taglio con una motosega e di combustione sulle ossa recuperate il 20 dicembre dell’anno scorso dai vigili del fuoco nel pozzo del casolare diroccato fra la zona industriale e la superstrada per Lecce. Ed ora per stabilire se appartengano allo scomparso Salvatore Cairo, ucciso a 36 anni la mattina del 6 maggio del 2000, manca solo la comparazione del dna, estratto da quelle ossa, con quelli del fratello Sebastiano e della sorella Anna.

Dicono questo i primi accertamenti della genetista Giacoma Mongelli e del medico legale Viviana Innamorato, incaricate il 23 gennaio dal presidente della Corte d’Assise, Maurizio Saso, nel processo che vede i fratelli Cosimo ed Enrico Morloe, 59 e 58 anni, di Brindisi, difendersi dall’accusa di essere stati il primo il mandante ed il secondo l’esecutore dell’omicidio di Cairo come anche di quello di Sergio Spada ammazzato a 46 anni il 19 novembre 2001.

Cosa è successo

La tesi sostenuta dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Milto De Nozza (è contestata l’aggravante del metodo mafioso) è che sia Cairo che Spada furono eliminati nel progetto di Cosimo Morleo (si è proclamato innocente) di spazzare via la concorrenza nel fiorente settore della vendita porta a porta di articoli per la casa e di batterie di pentole in particolare.

Si sta facendo, dunque, strada la verità svelata da Cosimo Morleo durante l’esame del 12 dicembre nell’aula Metrangolo del Tribunale di Brindisi dove rivelò di avere fatto a pezzi il cadavere di Cairo e di averlo buttato in un pozzo dopo averlo bruciato in un bidone metallico. Enrico Morleo respinse, invece, l’accusa di averlo ammazzato, sostenendo di avere trovato il corpo di Cairo senza vita nella legnaia dell’azienda Mc Europe del fratello Cosimo. Non avvisò nessuno - ancora la verità dell’imputato - perché certo di finire in carcere, alla luce del suo curriculum criminale.

L’imputato annunciò anche la disponibilità ad accompagnare gli inquirenti nel posto in cui si disfece del corpo e per questo fu disposta l’ispezione dei luoghi della Corte d’Assise e di tutte le parti del processo per la giornata del 20 dicembre con la partecipazione anche dei poliziotti della Squadra mobile.

Da sotto un terriccio spesso circa 30 centimetri sul fondo di quel pozzo, secco, emersero un paio di scarpe e delle ossa.

È difeso dall’avvocato Giacinto Epifani, Cosimo Morleo dall’avvocatessa Elvia Belmonte e dall’avvocato Luca Leoci.

I familiari delle vittime sono assistite dagli avvocati Maurizio Scardia, Oreste Nastari, Karin Pantaleo, Emanuela Sborgia, Giuseppe Guastella e i Vincenzo Farina.

Fra i familiari anche la moglie di Cairo, Elvira Stano, il fratello Sebastiano e la sorella Anna. Chiedono giustizia, nell’immediato il processo ha riacceso in loro la speranza di dare una degna sepoltura al loro Salvatore.