Xylella, la pandemia nel cuore della piana secolare: 10 anni tra scienza e “santoni”

Foto di Max Frigione
Foto di Max Frigione
di Oronzo MARTUCCI
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Venerdì 10 Novembre 2023, 05:00

A livello europeo, nazionale e locale da tempo è in corso uno sforzo non indifferente per contrastare l’avanzata della xylella fastidiosa, il batterio killer che uccide le piante di ulivo e che in Puglia nel giro di 10 anni, cioè dal momento della scoperta del primo focolaio nei pressi di Gallipoli nell’ottobre 2013, ha contagiato un’area di circa 8000 chilometri quadrati (i territori delle province di Lecce, Brindisi e Taranto con qualche sforamento nel sud Barese) nella quale sono presenti 25 milioni circa di alberi di ulivi. Ci sono stati anni durante i quali negazionisti, santoni e complottisti, accompagnati da un consenso istituzionale molto forte, hanno ricondotto la comparsa della xylella a interessi di grandi aziende internazionali, pronte a trasformare in business quella situazione di emergenza creata ad arte.

Le tappe

La magistratura inquirente della provincia di Lecce ha avuto un ruolo nella vicenda, con l’apertura nell’aprile del 2015 di una inchiesta che coinvolgeva 10 persone e con il sequestro degli ulivi contagiati e di quelli presenti sino a una distanza di 100 metri che, secondo il piano approvato dal ministero delle Politiche agricole e dal dipartimento della Protezione civile, dovevano essere abbattuti. Il Commissario straordinario nominato nel febbraio 2015 per attuare il Piano, il generale Giuseppe Silletti, comandante regionale pugliese del Corpo forestale dello Stato, a dicembre dello stesso anno si dimise, sottolineando che “dopo la sentenza del Tar del Lazio e l’inchiesta della procura della Repubblica di Lecce che ha decretato il sequestro di tutti gli ulivi colpiti da xylella fastidiosa, non sono più nelle condizioni di eseguire il piano di eradicazione approvato dal Ministero e dalla Protezione civile”. Gli indagati, tutti ricercatori e tecnici che si erano occupati del contrasto della xylella, furono indagati per aver agito con “colpevole ritardo”, sottovalutando una minaccia (la presenza della xylella) di cui, a parere dei pm, avrebbero avuto notizia molto prima della data ufficiale del rilevamento del batterio, avvenuto nell’ottobre del 2013, per poter accedere a finanziamenti necessari a contrastare la xylella. L’archiviazione di tutte le accuse avvenne nel maggio del 2019, con decreto del gip del Tribunale di Lecce, con scarsa soddisfazione degli indagati. Il gip, infatti, scrisse nel decreto di archiviazione che “ancora oggi non vi è chiarezza scientifica né sulla piena conoscenza del fenomeno, né sulle cause e tanto meno sui rimedi”, riprendendo l’impianto accusatorio della Procura. Al contrario l’Accademia del Lincei si era già pronunciata con chiarezza sulle cause e sulle contromisure necessarie per contrastare l’avanzata della xylella e aveva sottolineato che “i ricercatori hanno indicato con certezza xylella come responsabile del disseccamento rapido dell’olivo sin dalla prima identificazione certa del batterio, nel 2013”.

Gli ostacoli

Negli ultimi anni negazionisti, santoni e complottisti hanno avuto meno sostegno da rappresentanti istituzionali e hanno riversato le loro attenzioni verso altre battaglie, per esempio la negazione del valore del vaccino per contrastare il covid 19. E tuttavia, nonostante attualmente non esista una cura scientificamente certificata capace di contrastare la xylella fastidiosa e si vada avanti con sperimentazioni la cui validazione appare lontana, di tanto in tanto si propongono rimedi miracolosi che ci riportano nuovamente al tempo dei santoni. Che non ci siano rimedi miracolosi, ma situazioni che vanno monitorate e valutate, è stato sottolineato chiaramente nell’agosto 2023, durante la IV Conferenza europea su Xylella organizzata dall’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) che ha riunito a Lione, in Francia, centinaia di specialisti provenienti da tutto il mondo. “Gli esperti hanno discusso sullo stato dell’arte della ricerca sul controllo di questo batterio che continua a minacciare l’economia e l’ambiente in Europa”, si legge sul sito dell’Efsa.
E ancora: “La ricerca su Xylella fastidiosa sta facendo passi avanti su parecchi aspetti come ad esempio le piante resistenti, gli insetti vettori, le strategie mirate di controllo degli organismi nocivi, le tecnologie avanzate per il rilevamento precoce quali le tecniche di analisi delle immagini. Preparazione e diagnosi precoce restano cruciali nella lotta contro questo batterio”.
Durante la Conferenza il professore Donato Boscia, coordinatore di un gruppo che coinvolge numerosi ricercatori pugliesi, ha sottolineato che “negli ultimi 5 anni è stato osservato un notevole rallentamento della diffusione della xylella in direzione Nord. Dal 2018 si registra solo una diffusione limitata sul versante adriatico. Diversi fattori sembrano contribuire a questo problema. Un ruolo rilevante sembra giocare la minore abbondanza di popolazione vettoriale e la diversa condizione climatica rispetto alla parte meridionale del Salento. I nuovi sintomi di disseccamento sono più lievi e meno frequenti nella zona a Sud di Brindisi”. E poi una buona e una cattiva notizia: “Negli ultimi due anni si è registrato un numero crescente di segnalazioni di sintomi di remissione negli alberi sopravvissuti adulti (età fino a 60-70 anni, non centenari), più evidenti nelle cultivar “Cellina” che nella “Ogliarola”; di conseguenza, in alcune aree si registrano fenomeni di parziale guarigione che ora sono oggetto di indagine”. Al contrario, nel territorio settentrionale, da Brindisi sull’Adriatico ad Avetrana sullo Jonio, “la malattia è attiva e sta volgendo al peggio”.
Infine, a parere del gruppo di ricercatori coordinati da Boscia, “risulta evidente una drastica riduzione del serbatoio di inoculo. Le ragioni sono riconducibili a: una riduzione massiccia della vegetazione con alta concentrazione di batterio a causa dell’infezione; una rimozione significativa di oliveti gravemente danneggiati, spesso sostituiti (oltre 3 milioni di piante) con cultivar resistenti (basso presenza di batterio quando infettate); l’alta frequenza di incendi negli oliveti; la proibizione di piantare cultivar altamente sensibili al contagio del batterio.
Dunque, il batterio è diventato meno aggressivo nel Sud Salento, ma la situazione provocata dalla xylella resta gravissima. Se ne vedono i segni, sempre più evidenti nella Piana degli ulivi monumentali, da Carovigno sino a Ostuni e Fasano. In particolare gli alberi di ulivo presenti nel territorio di Carovigno risultano fortemente aggrediti dal disseccamento provocato da xylella.

A Ostuni quei segnali cominciano a risultare evidenti ma non ancora invasivi. Il patrimonio paesaggistico complessivo di Ostuni resta ancora una risorsa, con la speranza che prima o poi si riesca a trovare un rimedio contro la xylella. Perché, come spiegano i ricercatori, “la malattia è attiva e sta volgendo al peggio”. A dispetto dei santoni. Nella speranza che i rappresentanti delle istituzioni non tornino a sostenere i santoni, come in qualche occasione sta accadendo.

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