«Sequestrato e picchiato per 30 agnelli». Ma era tutto inventato: assolti dopo 10 anni

A dare il via all’inchiesta, nel lontano 2014, fu la denuncia di un giovane, all’epoca dei fatti appena 17enne, a carico dei due imputati

«Sequestrato e picchiato per 30 agnelli». Ma era tutto inventato: assolti dopo 10 anni
​«Sequestrato e picchiato per 30 agnelli». Ma era tutto inventato: assolti dopo 10 anni
di Nicola MICCIONE
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Sabato 16 Marzo 2024, 20:24 - Ultimo aggiornamento: 18 Marzo, 09:13

All'età di 17 anni raccontò di essere stato sequestrato e picchiato per estorcergli decine di agnelli dalla masseria del padre a Gravina in Puglia. Ci sono voluti dieci anni, ma alla fine il 33enne Onofrio Lagreca e il 32enne Domenico Calderoni, ambedue del posto e condannati in primo grado rispettivamente a 6 anni e 6 mesi e a 5 anni e 6 mesi di reclusione, sono riusciti a dimostrare che l’accusa mossa nei loro confronti era falsa.

Lo ha stabilito il processo di secondo grado che si è concluso per entrambi con un verdetto di assoluzione con formula piena, «perché il fatto non sussiste». Le motivazioni della sentenza, emessa dai giudici della terza sezione penale della Corte d’Appello di Bari (presidente Adolfo Blattmann D’Amelj), saranno depositate entro 30 giorni, ma di certo, oltre al lavoro degli avvocati difensori dei due imputati, Nicola Lerario e Carlo Mindicini, a fare da ago della bilancia è stata la lettera della presunta vittima inviata a Lagreca subito dopo la condanna in primo grado in cui ha ammesso di «sentirsi in colpa per aver mentito in relazione alla “storia degli agnelli e del gasolio”».

La storia

A dare il via all’inchiesta, nel lontano 2014, fu la denuncia di un giovane, all’epoca dei fatti appena 17enne, a carico dei due imputati. Li accusava, il 22 dicembre di quell’anno, di averlo costretto, «con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante reiterate minacce di morte, a consegnare loro 30 agnelli e mille litri di gasolio agricolo che il ragazzo prelevava dalla masseria del padre», aggiungendo «di aver sempre taciuto a suo padre di essere costretto a consegnare agnelli e olio, sino al giorno in cui questi scopriva l'ammanco e gli chiedeva giustificazioni».

Il 28 dicembre, poi, il solo Lagreca, dopo averlo minacciato ancora per farsi consegnare altri esemplari di agnello colpendolo con un calcio al fianco sinistro, spingendolo «all’interno della propria auto Ford Focus, lo costringeva a salire e a rimanervi contro la sua volontà, privandolo in tal modo della libertà personale». Poi, dopo averlo minacciato («Prima di andare a casa tua - gli avrebbe detto - stiamo andando da un’altra parte dove ci stanno aspettando gli altri così ti taglieremo a pezzi e ti butteremo dove stanno i maiali così imparerai a rifiutarci a darci gli agnelli»), «lo trasportava per le strade di Gravina», è scritto agli atti.

La presunta vittima, sempre stando al suo racconto, sarebbe «riuscito a scappare e a mettersi in salvo» lanciandosi dall’auto in corsa a 80 chilometri orari, «salvo, poi, riportare, lesioni trascurabili» - fra escoriazioni e traumi contusivi alla spalla e al polso sinistro - giudicate guaribili in appena 3 giorni. Inoltre «riferiva di aver ricevuto telefonate dai coimputati non riscontrate dal traffico telefonico di cui ai tabulati acquisiti nel corso delle indagini e rendeva dichiarazioni poco chiare sui rapporti intercorrenti tra sé e i soggetti denunciati». E quindi, come detto, il processo di secondo grado ha stabilito un’altra verità. Si è trattato di un racconto inventato, hanno stabilito i giudici, avvalorato anche da una lettera consegnata a Lagreca, dopo aver appreso della sua condanna, in cui il giovane ha spiegato di «sentirsi in colpa per aver mentito al solo fine - si legge nella sentenza di assoluzione - di evitare che suo padre lo picchiasse di nuovo e lo “cacciasse” ancora una volta di casa».

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