Blitz antidroga, insospettabili bariste e universitarie nel clan mafioso

Blitz antidroga, insospettabili bariste e universitarie nel clan mafioso
di Nicola MICCIONE
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Mercoledì 13 Luglio 2022, 21:57 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 21:55

Giovani e attratti dai soldi: bariste e universitarie, e un liceale coinvolte nel blitz anti droga. Insospettabili solo a prima vista, ma lasciati «abbagliare dalla promessa di guadagni facili e di fringe benefits come l’uso illimitato di internet, Sky o l’accesso alle sostanze stupefacenti». È un passaggio dell’ordinanza arrivata al culmine di un’inchiesta delle fiamme gialle di Bari che ha accertato il coinvolgimento di «una schiera di giovani incensurati insospettabili, studenti e lavoratori», i quali «agli ordini di Davide Monti e del suo luogotenente Vito Giuseppe Laera» sarebbero stati convinti a collaborare all’attività illecita da «vantaggi facili». C’è chi non voleva sporcarsi le mani con la droga e allora investiva soldi oppure garantiva protezione. Chi con la violenza non voleva avere a che fare e allora creava commercio e arruolava i propri compagni, in bilico su un precipizio di follia e di criminalità.

Insospettabili bariste 

Così insospettabili bariste, come Arianna Labalestra, 24enne di Turi incensurata finita ai domiciliari, sarebbero diventate esperte nel taglio e nell’occultamento, presso la sua abitazione, delle dosi, mentre studentesse universitarie come Annalisa Coppi, 28enne di Turi arrestata all’alba di ieri, «anch’essa insospettabile, poiché figlia di un agente della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Bari», avrebbero scalato le posizioni del gruppo. «Fu proprio il suo aspetto di ragazza pulita - scrive di Coppi il gip Mattiace nell’ordinanza - a spingere Monti e Laera ad utilizzarla nel trasporto di carichi di stupefacente da Bari (dove parte della droga rimaneva nella città vecchia per alimentare il mercato locale, nda) a Turi» finendo con «il curare cessioni di quantitativi più consistenti agli acquirenti residenti fuori Turi, come Noicattaro e Casamassima e dedicandosi anche al recupero crediti». Partendo dal semplice ruolo di corriere, ben presto sarebbe diventata il punto di riferimento per gli altri giovani pusher.

Gli studenti

Ed ancora: uno studente delle scuole superiori di Putignano, non attinto da alcun provvedimento, sarebbe diventato il custode dello stupefacente, mentre Giuseppe Giacovelli, 26enne di Turi rinchiuso in carcere, sarebbe stato un «uomo di estrema fiducia di Laera, come dimostrato dal forte interessamento di quest’ultimo in occasione del suo arresto».

Non si sarebbe «reso partecipe tramite la mera commissione di reati scopo», ma si sarebbe «dato da fare per la sopravvivenza del sodalizio nei momenti difficili». Il riferimento del gip Mattiace è alle condotte assunte da Giacovelli nella vicenda legata alla detenzione di Monti, in cui avrebbe «tentato di avvicinare un agente di Polizia Penitenziaria, nonostante si trovasse agli arresti domiciliari». Per questo, da semplice acquirente, sarebbe arrivato rapidamente a gestire una piazza di spaccio al posto di Agostino Dispoto, 25enne di Turi. Con lui, ai domiciliari, sono finiti anche i due alter ego di Laera: Silvio Anastasio (28enne di Turi) e Roberto D’Addabbo (27enne di Turi).

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Questi ultimi tre, secondo le indagini, sarebbero stati «investiti direttamente da Laera - è scritto agli atti - dell’incarico di trasporto, custodia, taglio e di vendita della sostanza stupefacente». Ad aprile 2018, in una delle intercettazioni registrate dagli investigatori, ad uno degli insospettabili che il gruppo voleva reclutare fu fatta «una offerta di lavoro» si legge negli atti. «Te ne vuoi venire a Turi?» domandò Laera proponendo «30 euro al giorno» per restare nell’appartamento di Turi dove era custodita la droga. «Devi stare a casa mia - era la proposta -, fitto pagato, televisione, ci sta tutto, Sky e internet». L’inchiesta, che ha portato alla luce i grossisti del commercio illegale (Francesco Rizzo, 28enne di Rutigliano, in stretto legame con Vincenzo Acquaviva, 33enne di Andria, e Onofrio Lorusso, 26enne di Bari, tutti posti ai domiciliari, nda), ha documentato anche una cassa comune per pagare le spese legali e mantenere le famiglie dei rispettivi sodali detenuti. Dopo l’arresto di Giacovelli, ad esempio, nel 2018, «i suoi familiari - si legge nell’ordinanza - andando contro la volontà del padre, ex agente della Polizia Penitenziaria, messo ormai da parte dal nucleo familiare, si affidarono completamente a Monti e Laera, i quali garantirono l’assistenza legale del loro congiunto, oltre che il sostentamento della famiglia, a riprova dell’esistenza di un sodalizio criminale tendente a tutelare i propri accoliti».
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