La parola ai candidati/Emiliano: gli assessori saranno scelti dai 3mila delle "sagre"

Michele Emiliano
Michele Emiliano
di Francesco G. GIOFFREDI
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Domenica 24 Maggio 2015, 23:11 - Ultimo aggiornamento: 13 Luglio, 23:22
Abbraccia tutti sotto il suo ombrello politico e non trascura nemmeno le briciole. Perché - ne è convinto - nell’epoca post-ideologica così si fa, e l’unico vero collante sono il carisma del leader, la partecipazione dal basso e la forza delle idee. Michele Emiliano, dopo una rincorsa lunga anni, è a pochi giorni dall’appuntamento clou. A modo suo. E con tutti i fuochi d’artificio: «La giunta sarà decisa con i 3mila partecipanti alle “Sagre del programma”, che dovranno accoppiare le deleghe da me formulate ai nomi, ognuno dei consiglieri racconterà la propria storia presentando un piano di azione e l’assemblea a voto segreto deciderà. Speriamo di rispettare la parità di genere, almeno quattro donne, forse attingendo anche all’esterno. E il mio vice sarà una persona di stretta fiducia, senza valore compensativo», territoriale o politico.

Campagna elettorale tra “sagre”, sondaggi, qualche polemica e una certa “bulimia” nelle alleanze: si sente già vincitore? Percezione rischiosa?

«Mi sono solo preoccupato di capire le cose, organizzare il modo per affrontarle, e spiegarlo: sono un politico anomalo, perché cerco di dire come ci voglio arrivare ai risultati. E tento un’operazione rivoluzionaria: è la prima volta in Italia che 3mila persone scrivono al posto dei partiti il programma con visioni e azioni, noi ci siamo limitati a studiare quanto prodotto da questo gigantesco forum, facendo un esame politico e di compatibilità con i princìpi e valori fondamentali del centrosinistra. Ora il voto dei cittadini valida i candidati scelti, e lo spiego nello spot: se non volete votare me, valutate gli altri candidati, ho fatto pure i nomi illustrandone le caratteristiche positive: la signora della politica; un bravissimo medico; una ragazza simpatica, studiosa e giovane; un candidato più moderato, uno post-sovietico e un altro verde».

Vuol sedurre anche gli avversari?

«Il nostro programma vuol ricostruire un’idea di popolo pugliese a prescindere dalle proposte: se il popolo è una componente omogenea e ha una visione comune, anche svolgere il ruolo di maggioranza e opposizione diventa più semplice e non divisivo. È un’operazione rischiosissima, perché sto facendo incavolare quelli che fanno marketing politico basato sull’identità».

Per esempio i vendoliani?

«Diciamo che c’è ancora gente che tenta di farsi votare dicendo: io sono a destra, ancora più a destra, a sinistra, o - come i cinque stelle - l’unico garante dell’onestà. Sono estremismi che indeboliscono ulteriormente il popolo italiano. Noi facciamo il percorso inverso: innanzitutto dicendo che siamo un popolo unico, coeso sui princìpi generali, a cominciare dalla visione strategica di Puglia, una regione da fondare su produzioni tradizionali come l’agricoltura, su cui innestare le imprese innovative a basso impatto ambientale, verso una lunga vita felice».

Una “coscienza pugliese” senza confini: per questo coalizione-patchwork?

«Sarebbe impossibile fare un patchwork perché non esistono nemmeno le pezze: i partiti non ci sono più, lo stesso Pd funziona come catalizzatore di forze e basta. Le persone arrivano ad aderire al progetto che unifica il popolo pugliese esauste, non con la loro identità, per dare senso alla loro vita politica».

Dicono: Emiliano così vuol essere l’anti-Renzi.

«Vecchia logica. Lo stesso Renzi raggruppa in un’omogenea visione del futuro il popolo italiano, un lavoro politico difficilissimo che condivido totalmente, ma che mi autorizza a dire le cose che non mi stanno bene. E Renzi, come me, dev’essere coerente col suo progetto: se qualcuno ti dice di non essere d’accordo su qualcosa, hai il dovere di ascoltarlo e di trovare all’infinito una soluzione».

Tap, Ilva, scuola: i punti di attrito col Pd nazionale non sono pochi. E dice d’essere «tutt’altro che renziano».

«Su tutto hanno avuto una reazione un po’ stupita...ma siccome voglio bene a Renzi, deve sapere che sono rompiballe. Renziano? Non sono mai stato nemmeno veltroniano, dalemiano, bersaniano. Non ho mai fatto parte di una corrente. Rappresento solo i pugliesi».

E rompe col passato. Ma il parziale accantomento della discontinuità rispetto alla giunta Vendola è solo per frenare le polemiche?

«Vendola è stato l’ultimo grande episodio di politica basata sull’ideologia del ’900, arrivando alla massima estensione possibile del progetto. Ora cambia tutto, e si lavora con un’altra prospettiva, fermo restando che ognuno resta custode della cultura che lo esprime: io sono un uomo di sinistra, ma se devo progettare il futuro della Puglia, lo faccio con un approccio alla partecipazione attiva che costruisce una visione condivisa».

Tradotto: in questi anni c’è stata una visione unidirezionale.

«Non so nulla di quanto successo in Regione, ne sapete di più voi giornalisti: io ho fatto il sindaco di Bari e sono stato all’opposizione nel Pd dal 2009 a un anno fa. Insomma: nel governo di Vendola non contavo niente, nel bene e nel male, non avevo la forza politica di imporre a Nichi visioni diverse. Solo alle primarie ho potuto dire che in molte cose avrei fatto diversamente».

Strizza l’occhio ai Cinque stelle: dopo il reddito di cittadinanza, anche un posto in giunta?

«Innanzitutto la nostra proposta di reddito di cittadinanza è diversa: nei casi in cui vai sotto la soglia di povertà, integro il tuo reddito, ma lavori per me. È un modo di utilizzare la forza lavoro con servizi alla comunità, riqualificandosi. Quanto ai Cinque stelle, ho detto loro che si limitano a cogliere le contraddizioni e a dire che non le hanno: rimanete fermi nei vostri princìpi, ma misuratevi col governo, anche solo dal punto di vista tecnico, con una delega assessorile ad hoc che io vi assegno e su cui avete totale libertà».

Ilva da chiudere se non ambientalizza, no al Tap, polo brindisino: è per una de-industrializzazione?

«Dobbiamo tenerci l’industria, ma dobbiamo gestirla al miglior stato della scienza, per produrre acciaio o energia elettrica senza ammazzare la gente. Enel è allineata, l’Eni anche, e lo Stato - ormai “proprietario” di Ilva - ha scritto questo nei decreti. Ma, essendo un magistrato, non farò buon viso a cattivo gioco: se la legge dice una cosa, quella cosa si fa. A costo di non essere rieletto. E a proposito di Tap, aggiungo: mi auguro ci sia lo spazio intelligente per rivedere questa scelta. So dove fermarmi, ma so che possono esserci falle giuridiche nelle procedure. E le utilizzeremo».

Il primo provvedimento sarà la legge sulla partecipazione. Ma non rischia di appesantirsi il processo decisionale?

«I cittadini devono prendere atto che i progetti necessitano di rapidità, e man mano che i pugliesi lanciano spunti e proposte, l’attività legislativa deve proseguire. Sono due binari paralleli che non si bloccano a vicenda».

Il programma non è un elenco di titoli senza parte operativa?

«Sarà consegnato ai dirigenti della Regione che lo trasformeranno in senso operativo, collegando azioni e coperture, e sarà tradotto in linee guida al voto del Consiglio».

Manager Asl e vertici delle partecipate dovranno consegnarle le dimissioni?

«Le norme di bon ton non devo dettarle io, sta a loro decidere che stile tenere davanti a un cambio importante di guida».

Dica la verità: cerca sponde con tutti perché vuol essere il più suffragato d’Italia.

«Non credo sarà facile, dopo il distacco col mondo della scuola a seguito della riforma. Ma mi auguro che il mondo della scuola pugliese si renda conto che il centrosinistra qui ha tenuto un atteggiamento autonomo».




Le precedenti interviste:

1- Riccardo Rossi (leggi)

2- Francesco Schittulli (leggi)

3- Michele Rizzi (leggi)

4- Adriana Poli Bortone (leggi)

5- Antonella Laricchia (leggi)

6- Gregorio Mariggiò (leggi)
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