Avrebbero preteso un “pizzo” da duecentomila euro sui lavori per la realizzazione della strada “Regionale 8”, progetto che prevede il collegamento tra Taranto e Avetrana.
Quella richiesta di denaro, però, in realtà si sarebbe tradotta in una “tangente” per un totale di 25.000 euro. Per la presunta estorsione, l’altro pomeriggio il pubblico ministero della Dda di Lecce Milto Stefano De Nozza ha chiesto la condanna a sei anni di reclusione per i due tarantini finiti sotto processo per la vicenda che risale al lontano 2011 e al centro di un procedimento nato da una costola dell’inchiesta denominata “Alias”.
A giudizio i tarantini Giuseppe Scarci, di 68 anni, e Maurizio Petracca, di 53 anni, accusati di aver taglieggiato il titolare della società che si era aggiudicato l’appalto per la realizzazione dei lavori stradali.
Il processo inizialmente vedeva coinvolte tre persone, ma una di loro nelle more del lungo procedimento è deceduto.
La requisitoria
L’altro pomeriggio, quindi, il pubblico ministero De Nozza ha tirato le fila delle contestazioni rivolte ai due imputati e ha formulato la duplice richiesta di condanna. Sono accusati di aver preteso il pagamento di quella robusta tangente dal titolare dell’azienda poi confluita in un’associazione temporanea di imprese.
L'accusa
Secondo l’accusa, Scarci e Petracca si sarebbe recati diverse volte nel cantiere stradale per “riscuotere” i pagamenti. La vittima in più tranche avrebbe sborsato 25.000 euro, rispetto alla richiesta iniziale di 200.000 euro. Poi avrebbe deciso di rompere gli indugi e denunciare tutto. Di qui la contestazione di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Nella sua requisitoria dell’altro giorno, il pm De Nozza ha chiesto di condannare i due imputati a sei anni a testa di reclusione, anche se ha escluso l’aggravante del metodo mafioso. Dopo l’intervento del pm, quindi, il Tribunale presieduto dal giudice Lotito ha aggiornato il processo al prossimo 19 maggio. In quell’udienza sono previste le arringhe degli avvocati Antonio Mancaniello, difensore di Petracca, e Adriano Minetola, difensore di Giuseppe Scarci. Poi spazio alla camera di consiglio dalla quale uscirà il verdetto del Tribunale.
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