Primitivo made in China: in cantiere il ricorso dei produttori

Primitivo made in China: in cantiere il ricorso dei produttori
di Nazareno DINOI
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Martedì 7 Novembre 2017, 06:15 - Ultimo aggiornamento: 11:05
Tra le tante contraffazioni in giro, non poteva mancare quella sul «Primitivo di Manduria doc» made in China.
Al momento la sua esistenza non è stata dimostrata materialmente, nel senso che non è stata ancora scoperta una bottiglia con l’etichetta del famoso vitigno Messapico. C’è però la certezza, questa volta documentata, che nel paese del dragone qualcuno abbia già registrato due marchi cosiddetti complessi (perché contengono più denominazioni) contenenti il nome «Primitivo di Manduria doc». Una registrazione è silente, mentre l’altra ha già prodotto qualcosa. A scoprire la presunta frode alimentare è stato il neodirettore del «Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria doc», Adriano Pasculli De Angelis (nella foto a sinistra). Il giovane bitontino con esperienze manageriali negli Stati Uniti, ha sfruttato le sue conoscenze d’oltreoceano per scoprire l’esistenza dei due marchi «Primitivo di Manduria doc» che le autorità cinesi hanno già autorizzato a due società per ora sconosciute. Da parte dell’organismo di tutela presieduto dall’imprenditore del vino, Roberto Erario (nella foto a destra), il quale ha messo al primo punto del suo programma la difesa del marchio e la lotta a tutte le contraffazioni, sono subito scattate le procedure per individuare e bloccare la frode cinese.
La prima è stata quella di fare una ricerca di mercato interno per vedere chi e quanto Primitivo di Manduria originale viene esportato in Cina. Su proposta del direttore Pasculli De Angelis, dagli uffici del Consorzio sono partire circa trecento lettere indirizzate ai produttori di Primitivo, non solo quelli consorziati ma a tutte le cantine e imprese del territorio del disciplinare.
 
Nel testo che fa esplicito riferimento al sospetto Primitivo taroccato cinese, il Consorzio di tutela fa sapere di avere ricevuto dagli addetti alla sorveglianza una segnalazione di utilizzo improprio, in Cina, della denominazione protetta. «Chiediamo quindi – si legge nella nota – se abbiate esportato in Cina negli ultimi due anni e, in tal caso, se possiate inviarci le fatture relative a suddette esportazioni, al fine di presentarle per intentare opposizione».
«Il sistema cinese della registrazione dei marchi – afferma Pasculli De Angelis - è molto complicato, pertanto, per convincere gli organismi cinesi ad accogliere il nostro ricorso, dobbiamo dimostrare che la presenza del nostro prodotto nel loro paese è così significativa da meritare la tutela sull’origine».
A dicembre 2015, il Consorzio ha ottenuto dal Ministro delle Politiche Agricole e Forestali l’attribuzione dell’incarico a svolgere funzioni di tutela, promozione, valorizzazione e vigilanza. Grazie a questa estensione di funzioni, l’organismo ha già formato due agenti vigilatori che in qualità di pubblici ufficiali e in collaborazione con l’istituto centrale qualità repressione e frodi, possono effettuare dei controlli anche sui vini già in vendita sugli scaffali. L’obiettivo è quello di tutelare il consumatore ed i produttori da irregolarità o anomalie relative al prodott[EMPTYTAG]o c[/EMPTYTAG][EMPTYTAG]he non rispetta i dettami del Disciplinare di produzione.
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