Legambiente: «Bisogna rinnovare l'ex Ilva di Taranto o lo stabilimento non reggerà»

Il convegno di ieri
Il convegno di ieri
di Domenico PALMIOTTI
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Sabato 18 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 07:50

«Quello che dice la Morselli non è una novità. Questa è anche la storia della città, che è stata sempre sotto il ricatto dell’industria e negli ultimi trent’anni scarsi, vittima anche del ricatto del privato. Le dichiarazioni della Morselli sono un film già visto. Si richiama sempre lo Stato ma non si chiede mai conto ai privati». All’amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, Lucia Morselli, che l’altro ieri, in un convegno in fabbrica, ha battuto cassa allo Stato («la decarbonizzazione è bella, ma il conto chi lo paga?») affinché sostenga finanziariamente un progetto impegnativo, risponde - ieri in un convegno - Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente in un convegno nazionale che si è svolto a Taranto. E dichiara che la decarbonizzazione non ha alternative.

«Per dare un futuro a questo stabilimento nello scenario mondiale, o si fa acciaio in modo innovativo, oppure continuiamo ad investire denaro pubblico - come abbiamo fatto su Taranto per decenni - alimentando un pozzo senza fine che vedrà come conclusione la chiusura della produzione - dichiara Ciafani -. A meno che l’Italia non decida di continuare a pagare l’attività di un impianto che non sta sul mercato. E allora visto che l’Italia, mi riferisco ai contribuenti e al Paese, i soldi li ha già messi e li metterà ancora, la proposta che facciamo è quella di investirli nell’innovazione produttiva per rincorrere gli altri Paesi.

Quelli del Nord Europa stanno già andando sull’innovazione, mentre noi continuiamo a praticare il vecchio modello che si fa soprattutto nei Paesi emergenti».

«Taranto - dice Ciafani - di bivii ne ha conosciuti tanti, ma questo è un bivio importante. Lo Stato continua a spendere soldi su questo stabilimento e ora deve decidere se continuare ad alimentare un ciclo vizioso, oppure provare a metterne in campo uno virtuoso. La proposta che facciamo è quella di produrre acciaio primario attraverso Dri e preridotto con l’evoluzione a media scadenza verso l’idrogeno verde per avere una produzione decarbonizzata. Oggi è una tecnologia costosa. Quelle innovative lo sono sempre. Ma i grandi investimenti che stanno facendo i Paesi europei abbasseranno i costi. Sarebbe suicida per il Paese continuare ad alimentare di denaro pubblico una tecnologia perdente, che magari continuerà ad esserci in Cina o in India».

La proposta in otto punti

La proposta di Legambiente è strutturata in punti. Si apre con l’obbligatorietà della Valutazione preventiva dell’impatto sanitario (Vis) “per stabilire se e quanto si possa produrre senza compromettere la salute degli abitanti e dei lavoratori di Taranto” in modo da stimare quanti decessi si potrebbero evitare attraverso scelte sostenibili. “Ogni microgrammo per metro cubo di PM2,5 in meno - calcola Legambiente - eviterebbe da 12 a 18 decessi l’anno (in media 6,8 casi attribuibili per 100.000 abitanti che diventano 7,54 per 100.000 abitanti ai Tamburi”. Segue la richiesta di una politica industriale “per orientare le scelte delle imprese verso decarbonizzazione e innovazione dei processi produttivi” e si propone “la costruzione solo di forni elettrici e impianti per la produzione di Dri (preridotto), che abbattono emissioni inquinanti e di CO2 e sonoØpronti all’idrogeno verde”. Secondo Legambiente, “sarebbe antistorico ricostruire l’altoforno 5”. Altre richieste: eliminare le barriere burocratiche che ostacolano lo sviluppo delle energie rinnovabili, incrementandole significativamente e promuovendo una filiera industriale italiana; bonificare le aree inquinate, ritenute “possibile volano di una diversificazione produttiva capace di creare nuove occasioni di lavoro” e affrontare la transizione “con accordi di programma stringenti nei territori interessati dalla riconversione industriale”.

«La salute è una questione ineludibile per Taranto - commenta Lunetta Franco, rappresentante provinciale di Legambiente -. La decarbonizzazione determina un abbattimento sostanziale degli inquinanti e dalla difesa della salute non si può prescindere. Serve la valutazione preventiva in modo che la produzione avvenga senza danni inaccettabili. Non lo diciamo noi di Legambiente ma le valutazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità». Decarbonizzare, quindi, ma «il preridotto è di fatto bloccato. C’è, ma è sulla carta, perché il Governo non ha ancora detto nulla sul rifinanziamento» aggiunge Franco.

Il messaggio del ministro dell'Ambiente

Ma il preridotto si farà, assicura in un messaggio a Legambiente il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Il «luogo simbolo della siderurgia italiana» è Taranto, è «attraversato da profonde questioni ambientali» ma «è al centro del nostro impegno», sostiene il ministro. «Tassello fondamentale di questa strada intrapresa che rivendico con forza - dichiara Pichetto Fratin - è lo spostamento nei fondi Fsc nazionali di risorse per un miliardo di euro destinate dal Pnrr alla decarbonizzazione dell’ex Ilva». Si tratta di «una scelta di ordine tecnico che potrà consentirci, senza alcun passo indietro, di spendere nei modi e nei tempi giusti tutte le risorse che servono a costruire un futuro diverso per Taranto, lontano dal carbone», dice il ministro. E ancora: «Il Governo sta portando avanti la chiara visione del Pnrr sull’idrogeno, tecnologia che guarda al futuro, determinante nel percorso di decarbonizzazione». Pichetto Fratin rilancia anche su Taranto come porto in cui costruire i grandi impianti eolici offshore da posizionare in mare aperto. È un investimento, osserva, «pienamente in linea con i nostri obiettivi climatici» e «si integra strategicamente con l’introduzione di una Zes unica nel Mezzogiorno. Puntiamo a sostenere interventi in aree marittime demaniali proprio nel Mezzogiorno per sviluppare investimenti nella cantieristica che serve alla realizzazione e al varo di piattaforme galleggianti». 

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