Su un muro di indifferenza adesso c'è il volto di Giorgio a ricordare il dramma di una famiglia che lo ha visto spegnersi quando aveva appena quindici anni. Se l'è portato via un cancro, due anni fa, spezzando per sempre tutta una vita davanti. Quegli occhi e quello sguardo fiero, che giganteggiano sul fianco di una palazzina popolare di dieci piani, raccontano la tragedia di una morte che nessuno a Taranto vuole cancellare. Diventano monito per una città ferita che faticosamente prova a voltare pagina col passato, e che nel presente cerca di ricucire periferie a lungo dimenticate e storie che hanno il sapore tragico del ferro.
L'iniziativa
Al quartiere Tramontone lo street artist Jorit dipinge bellezza in un luogo grigio segnato dalla rabbia. Nel contesto della seconda edizione del festival T.r.u.st. – Taranto Regeneration Urban and Street, che sta trasformando Taranto nel museo a cielo aperto più importante d’Europa, Jorit ha scelto il volto di Giorgio Di Ponzio per lanciare il suo messaggio umanitario e di libertà. Sulla sua pagina Facebook, Jorit scrive: «Immaginate un ragazzino di 15 Immaginate che si ammali di tumore Immaginate che muoia Immaginate che un tribunale accerti che sia morto, non per casualità o sfortuna, ma perché avvelenato da una grande industria, colpevole due volte perché consapevole di farlo. Ora immaginate che quel bambino sia vostro figlio… Come vi sentireste? Così è come si sentono dal 25 gennaio 2019, Carla e Angelo i genitori di Giorgio». Parole che hanno colpito il papà di Giorgio, Angelo: «È la stessa cosa che diciamo noi dall'inizio - racconta -: mio figlio, i nostri figli sono vittime di un sistema, sono vittime dello Stato. Chi passerà di lì e sa che potrebbe migliorare le cose si sentirà in colpa, chi poteva fare e non ha fatto come tanti politici negli anni vedrà in quello sguardo l'atto di accusa di un bambino verso chi non ha tutelato la sua salute». Le sensazioni, comprensibilmente, sono forti: «Vederlo è un pugno allo stomaco, ma sono anche contento perché spero veramente che le morti dei nostri figli e tutto quello che facciamo possano un giorno portare risultati per altre famiglie e altri bambini».