I 106 anni tristi dell'Orfeo: «Così non so se riapriremo»

I 106 anni tristi dell'Orfeo: «Così non so se riapriremo»
di Francesca RANA
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Lunedì 1 Marzo 2021, 19:58

Arrivare a compiere 106 anni in piena pandemia, senza spettatori, nessuno in scena o in sala ad applaudire e nel foyer, al Cinema Teatro Orfeo è stato malinconico. Apprendere di proposte di Dario Franceschini, ministro della Cultura, ora al vaglio, di riaprire i teatri il 27 marzo con stringenti misure di sicurezza, ha innescato invece un corto circuito, perché questa non sarebbe una bella notizia, né terrebbe conto di tante dinamiche organizzative e differenze tra teatri pubblici e privati e tra gli stessi teatri privati, grandi o piccoli.
Gli artisti si sono divisi tra favorevoli e contrari e lo spettatore è rimasto disorientato e non ha compreso il disagio di tante figure professionali, sotto o dietro i riflettori, davanti o dietro le quinte. Adriano Di Giorgio, proprietario, gestore e direttore artistico, ha provato a spiegare la situazione in un video girato sul palco ed ha mandato un messaggio al ministro. Ieri, ha spiegato la questione a Nuovo Quotidiano di Puglia: «Servono mesi e mesi di lavoro per programmare una stagione teatrale, eventi fuori cartellone o affittare la sala. Le produzioni (dopo lunghe chiusure) potranno mai accettare di lavorare in un teatro di 750 posti, al 25% di capienza, con meno di 200 posti disponibili? È improponibile. Noi non abbiamo condiviso o chiesto un'apertura il 27 marzo. Il ministro Franceschini avrebbe dovuto sostenere la riapertura, fissare una data con tutti i posti disponibili o quantomeno il 50%, e favorire accordi con le produzioni su 2 turni di spettacoli. Lo abbiamo chiesto pure alla Regione Puglia. I fondi destinati alle programmazioni devono essere trasformati in sostegni alle sale, consentire di lavorare alla riapertura ed avere la possibilità di poterlo fare. Mancano i soldi di un anno».
Finora, è arrivato un bonus di 10.000 euro e dovrebbero rimandare altri 10.000 euro, i dipendenti sono andati in alcuni periodi in cassa integrazione. Tuttavia, non sarebbero stati stanziati gli stessi sostegni in tutti i teatri: «Se avessero dato a tutti i fondi inviati a 71 teatri, oggi bene o male non avremmo perso nulla. Alcuni teatri hanno avuto 600.000, 800.000 euro, in base a parametri su giornate lavorative e numero di spettacoli realizzati, oltre agli stessi bonus. Hanno escluso tutti gli altri, nonostante abbiano prodotto tantissimo. Io - prosegue - ho acquistato l'attività nel 2005, l'immobile nel 2007. Noi abbiamo un mutuo di 140.000 euro l'anno, come facciamo a mantenerlo con un anno di inattività? Non li recuperiamo con la stagione 2021/2022. Abbiamo fatto un progetto nel 2018 di circa 800.000 euro di lavori, una parte era un finanziamento regionale (la metà circa, Por Puglia 2014/2020 Avviso Pubblico per il sostegno alle imprese di filiere culturali, turistiche, creative e dello spettacolo, sale cinematografiche) l'altra era a carico mio. E gli utili non ci sono stati. I lavori sono iniziati nel 2019 e finiranno a giugno».
Nemmeno la distribuzione cinematografica sarebbe stata analizzata con criterio: «Il Mic (Ministero della Cultura) ha detto apriamo e proiettiamo il cinema italiano. Il cinema d'autore però è uscito sulle piattaforme. Restano Rai Cinema e produzioni minori. Tutte le altre hanno posticipato le uscite dopo l'estate. Un esempio è Top Gun 2. Questi film ti mantengono la sala. Il Governo ha l'obbligo di far uscire i film in sala quando dà contributi alla realizzazione in Italia. C'è stata una deroga e sono stati trasmessi sulle piattaforme, perché i cinema erano chiusi. Tra produzione, distribuzione ed esercente, ha subito il colpo più di tutti l'esercente, gli altri sono usciti nei canali digitali. Se tu, Stato, cerchi di imporre alla distribuzione l'uscita di film quando apriremo, è un conto (e però bisognerebbe avere l'ok statunitense). Se tu mi dici di aprire con i film d'autore italiani, senza contributi non ce la facciamo».
I sostegni, se tutti riaprissero o fossero autorizzati a riaprire il 27 marzo, potrebbero essere annullati e i teatri impossibilitati ad aprire potrebbero licenziare i dipendenti: «Si andrà ad uccidere la filiera - teme, in sintonia con diversi attori, noti e meno noti, italiani, beneficiari di massimo 4000 euro in tutto il 2020 attraverso il Fondo Anti Covid - stiamo programmando date di dicembre ed io ho paura di chiusure dopo l'estate. Non sapremo se avremo le capacità di mantenere la struttura fino al 107° anno». In conclusione, a se stesso e tutti il proprietario Adriano Di Giorgio abbassa il sipario e promette: «Le luci le accenderemo quando saremo nelle condizioni di poter offrire emozioni».
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