Ex Ilva di Taranto a corto di soldi e di gas. Scade oggi la fornitura per Acciaierie d'Italia

Il siderurgico
Il siderurgico
di Domenico PALMIOTTI
6 Minuti di Lettura
Sabato 30 Settembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 22:35

Ha bisogno di soldi Acciaierie d’Italia, l’ex Ilva, per andare avanti. Ma nell’immediato ha bisogno (e sicuramente ci sarà) di una proroga della fornitura di gas in default.

La scadenza

Oggi, infatti, scade il termine assegnato dall’Arera - Autorità di regolazione energia, reti e ambiente - per la fornitura in default da parte di Snam. La proroga non dovrebbe essere in discussione sia perché AdI è riconosciuta come industria strategica italiana, e quindi appare davvero difficile che la si privi del gas, sia perché i ministeri delle Imprese e dell’Ambiente e sicurezza energetica ne stanno già discutendo con Arera, Eni e Snam. 

Il precedente


Il caso non è nuovo. Anzi, si ripete una storia già vista l’anno scorso. Il 14 e 15 dicembre Snam aveva infatti programmato l’operazione della “discatura”. Consiste nel posizionare dei “dischi”, o flange, a monte del punto di fornitura e così la condotta diventa “cieca” e il flusso si interrompe. Praticamente è quello che accade quando viene interrotta l’erogazione dei servizi agli utenti morosi. Poi l’interruzione non c’è più stata, nella prima parte del 2023 sono arrivati i 680 milioni erogati da Invitalia per conto dello Stato e una parte della somma è servita a pagare il debito accumulato con Eni per 380 milioni e con Snam per 270. Quest’anno, si legge nella delibera del 7 settembre dell’Arera, poiché “i relativi punti di riconsegna non sono divenuti oggetto di un contratto di trasporto con un nuovo UdB - si tratta dell’Utente di Bilanciamento -, entro i sessanta giorni dall’attivazione del servizio, Snam Rete Gas ha avviato le procedure per la discatura”.

In sostanza, poiché nei 60 giorni in cui è rimasto aperto l’ombrello del servizio di default trasporto, AdI non ha stipulato alcun nuovo contratto di fornitura, l’erogazione terminava. Gli interventi di blocco del flusso sarebbero dovuti avvenire ai “punti di riconsegna della rete interconnessi con gli impianti di Acciaierie d’Italia per le date del 7 settembre 2023 come primo tentativo e dell’8 settembre 2023 come secondo tentativo”.

È intervenuto il Mimit - il ministero guidato da Adolfo Urso - chiedendo all’Arera una proroga e questa è stata accordata sino ad oggi. Con due condizioni però: “che siano puntualmente rispettati dalla società i pagamenti delle fatture per il servizio usufruito” e che, considerato che il servizio di default ha “natura transitoria”, Acciaierie d’Italia “aggiorni tempestivamente l’Autorità in merito alle attività intraprese al fine di trovare un venditore sul libero mercato quanto prima, comunicando, al termine del corrente mese - cioè settembre -, eventuali difficoltà incontrate”. Ora, sul fronte dei pagamenti la situazione sino a luglio era in regola per Snam. Si tratta quindi di decidere come affrontare il periodo che va dal 30 settembre in poi. 

Il tema economico


Si diceva prima che l’azienda ha bisogno di soldi, evidentemente perché ha finito i 680 milioni ricevuti. L’altro ieri, quando i pullman portavano in giro per lo stabilimento, in visita agli impianti, i clienti che Acciaierie d’Italia ha fatto venire a Taranto per il road show commerciale, c’è chi, vedendo alcune cose ammodernate, ha chiesto la ragione di così tante difficoltà per l’azienda. Ebbene, la risposta dei dirigenti di AdI, anche con un inequivocabile gesto delle mani, è stata proprio questa: i soldi. Che non ci sono. Anche qui, a ben vedere, nulla di nuovo e il negoziato in corso tra Governo e Mittal affronterà anche questo tema. Già mesi fa Franco Bernabè, presidente di AdI (non si sa per quanto tempo ancora), ha denunciato che l’azienda non ha un castelletto bancario adeguato, né un sufficiente circolante, e non ha il supporto finanziario di quello che dovrebbe essere il suo azionista di maggioranza (Mittal), che, anzi, l’ha pure esclusa, col deconsolidamento, dal perimetro della corporate. E ancora, che AdI non gode di “bancabilità” verso gli istituti di credito per via degli impianti sequestrati, che passano almeno sei mesi prima di incassare una fattura dall’arrivo delle materie prime alla consegna del prodotto al cliente, che le materie prime bisogna pagarle allo sbarco (e in questa situazione AdI ne compra poche, tant’è che c’è chi dice che sotto le coperture dei parchi minerali ci sia praticamente poco). Proprio sull’incasso delle fatture, tempo fa circolò l’idea di vendere alle fonderie la ghisa in pani attraverso la granulazione. Perché la fusione delle materie prime e la loro trasformazione in ghisa, è il primo anello della catena di produzione. E quindi fermandosi al primo anello e mettendo in vendita il ricavato, più brevi sarebbero stati i termini di incasso. Sarebbe stata un’operazione limitata, ma non è stata nemmeno fatta. 

Il meeting 


Eppure, malgrado abbia una situazione finanziaria precaria, vedi i ritardati o mancati pagamenti su più fronti, Acciaierie d’Italia l’altro ieri nel meeting ha cercato di accreditarsi con un’immagine positiva, dagli investimenti fatti al nuovo marchio, Penisola Steel, che certifica l’acciaio a ridotto impatto. E quando un cliente ha chiesto perché allora sui social o in tv girano prevalentemente le immagini delle polveri nere depositate ai Tamburi, Alessandro Labile, direttore dell’Ambiente, ha risposto che le polveri sono un problema risolto con i parchi minerali, che le emissioni sono sotto i limiti, che il monitoraggio avviene con le centraline di Arpa e che l’azienda in questi anno ha investito due miliardi. Intanto, sul fatto che l’ad Lucia Morselli abbia mostrato alla platea uno dei grandi manifesti sindacale che l’accusano, dicendo, ironicamente, di averli pagati lei, Valerio D’Alò, segretario nazionale Fim Cisl, dichiara: «Morselli dovrebbe sapere che quei manifesti li pagano i lavoratori con la trattenuta in busta paga anche quando lei li mette in cassa integrazione senza motivo. Non è lei che paga il sindacato». E Rocco Palombella, numero 1 Uilm, chiosa: «Morselli continua a schernire le persone e il sindacato».

Emendamenti bocciati per  i lavoratori Ilva in as


E intanto «in Senato la maggioranza ha bocciato in Commissione l’impianto emendativo a mia firma al Dl Asset, volto a sostenere il reddito dei lavoratori ex Ilva in amministrazione straordinaria». A darne notizia è stato il senatore Mario Turco, vicepresidente del MoVimento 5 Stelle. «Questa notizia non ci coglie certo di sorpresa, poiché tale maggioranza abbiamo imparato a conoscerla molto bene, ma in occasione di un’assemblea pubblica vennero assunti degli impegni precisi con i 1500 lavoratori di Ilva in amministrazione straordinaria, che oggi risultano traditi. Il MoVimento 5 Stelle continuerà a difendere il diritto al reddito dei lavoratori in questione, ripresentando gli emendamenti al Dl Asset la prossima settimana, quando il testo passerà alla Camera. Si confida in un passo indietro da parte delle forze di maggioranza e del Governo» conclude il senatore tarantino. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA