Ex Ilva: la protesta da Taranto risale l'Italia. Oggi assemblea a Genova

Lo sciopero di giovedì scorso a Taranto
Lo sciopero di giovedì scorso a Taranto
di Domenico PALMIOTTI
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Lunedì 2 Ottobre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 14:10

Lo sciopero del 28 settembre a Taranto, effettuato nel giorno in cui Acciaierie d’Italia ha radunato in fabbrica 300 clienti, è stato solo il preludio. L’inizio. Perché oggi c’è un’assemblea all’ex Ilva di Genova e non si escludono ulteriori proteste già in giornata. E a Genova - è già accaduto altre volte - rapidamente bloccano strade e città. La Fim Cisl della Liguria è pronta a fare, come Taranto, uno sciopero. “Il periodo più buio della storia della siderurgia del più grosso impianto produttivo italiano rischia di giungere al capolinea” dichiara la Fim della Liguria. La protesta dunque si estende e risale l’Italia.

La riunione

Domani, inoltre, si riuniranno i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm insieme ai responsabili nazionali di settore per un punto di situazione e convocare il coordinamento nazionale. A fronte di un gruppo industriale che va sempre più verso il declino, a nulla, spiegano i sindacati, è servito l’incontro del 27 settembre a Palazzo Chigi malgrado ci fosse il sottosegretario alla presidenza, Mantovano (braccio destro del premier Meloni) e ben tre ministri: Urso (Imprese), Fitto (Affari europei, coesione e Pnrr, in questo momento il ministro che sta trattando con Lucia Morselli, ad di Acciaierie d’Italia) e Calderone (Lavoro). Non ci sono state risposte, non c’è stata l’indicazione chiara di un percorso, dicono i sindacati, preoccupati soprattutto del fatto che il Governo abbia messo da parte la linea Urso (non c’è un piano industriale di ripresa da parte di Mittal? Interverrà lo Stato anche andando al 60 per cento) per portare ora avanti quella di Fitto (niente 60 per cento, si tratta con Mittal per arrivare ad una nuova intesa tra pubblico e privato). È «una trattativa serrata col socio indiano a cui sono stati chiesti precisi impegni» riconosce il ministro dell’Economia, Giorgetti, per il quale «se lo Stato s’impegna anche il socio privato si deve impegnare». 
Sovvengono, perché attuali, le parole che il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, pronunciò il 10 maggio a margine dell’assemblea nazionale delle industrie siderurgiche associate a Confindustria con riferimento a Mittal e all’ex Ilva. «Se la prima siderurgia del mondo è intenzionata seriamente a rilanciare il più grande asset industriale d’Italia mettendo soldi e management, noi riteniamo che non ci sia soluzione migliore. Se Londra non è disponibile a fare questo, bisogna cambiare spartito. Bisogna cercare un altro piano. Lo dico con grande chiarezza e questa affermazione, così importante, è stata da me vagliata con la comunità dei siderurgici italiani», affermò Gozzi. Da allora sono passati quattro mesi e mezzo, cambiamenti non se ne sono visti, la situazione dell’azienda è peggiorata e nella comunità dell’acciaio si è fatta strada «la sensazione è che Mittal non voglia investire più nei suoi stabilimenti che funzionano in Europa, figuriamoci se ha voglia di investire a Taranto. È un operatore globale, ha di fronte a se il mondo, ha comprato la seconda siderurgia indiana, Paese nel quale, in 10 anni, passeranno da 130-140 milioni di tonnellate a 250 milioni, e ora come target ha Asia, Stati Uniti e Brasile, non l’Europa». 

Il sindaco

Le preoccupazioni del sindacato («È finita la storia con questo gruppo industriale, è finita» dice Rocco Palombella, numero 1 della Uilm, proposito di Mittal) e i dubbi degli acciaieri, diventano netta contrarietà del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. «Arcelor Mittal ha dimostrato sin qui di essere interessato solo a speculare sull’acciaio italiano, solo altrove sta investendo nella transizione tecnologica e continuamente crea danni incalcolabili al sistema economico, al mondo del lavoro e alla qualità della vita tarantini», dichiara Melucci. 
Nella convention del 28 settembre con alcune centinaia di clienti, Acciaierie d’Italia ha mostrato di se un altro quadro. Ha infatti presentato “Penisola Steel”, il marchio che certifica l’acciaio a ridotto impatto ambientale prodotto a Taranto, ha detto che, concluso il piano ambientale 2018-2023 e spesi 2 miliardi, “l’acciaio di Taranto rispetta l’ambiente”, che, in collaborazione col Rina, c’è una piattaforma che prevede oltre 200 camini monitorati, 50 punti di prelievo delle acque e analisi capillari dei terreni in occasione di interventi specifici, e che, oltre alla decarbonizzazione, priorità dei prossimi anni restano l’efficientamento energetico, la transizione ecologica ed energetica, la ricerca, l’innovazione di processo e di prodotto, la competitività e la formazione. Un messaggio che probabilmente avrà convinto i clienti, visti gli applausi alla convention, ma che su Taranto ha avuto scarse quanto nulle ricadute. Si dirà: ma l’azienda in quell’occasione voleva parlare ai suoi clienti e non ad altri. Vero. Ma dal dialogo col contesto sociale ed economico che ruota attorno alla fabbrica non si può prescindere. Perché nessuna fabbrica è, o dovrebbe essere, un castello arroccato. Anzi, proprio nelle ore in cui l’ad Morselli e i suoi manager spiegavano ai clienti quanto fatto e quanto vorranno fare, cominciava a girare su whatsapp il video della stessa Morselli che mostra il manifesto dei sindacati che l’attacca. Non è piaciuta la sua ironia (i manifesti “gli ho pagati tutti io”), ma sopratutto quando ha detto: «Una pubblicità così non è mica gratis, e quindi bisogna guadagnarsela, e poi perché costa molto come avrete capito. La città di Taranto è molto ricca, quindi può permettersi queste forme di spesa di comunità». «Un passaggio pessimo quello sulla città ricca, visto che l’azienda tiene da anni migliaia di dipendenti in cassa integrazione e sulla corda le imprese dell’indotto» è il commento. 
Intanto, restano aperti, tra i tanti, alcuni problemi: dalla fornitura di gas da assicurare all’ex Ilva dopo che il 30 settembre è finita la copertura in default concessa dall’Arera (l’Autorità per l’energia) attraverso Snam Rete Gas alle coperture da trovare per assicurare anche nel 2024 l’integrazione economica alla cassa integrazione dei lavoratori dipendenti dell’amministrazione straordinaria dopo che è stato bocciato in Senato l’emendamento di Mario Turco al dl Asset.

E sui fondi europei, a partire dal Just Transition Fund che assegna a Taranto poco meno di 800 milioni, e sulla riqualificazione delle aree ex Ilva, è annunciata per il 6 ottobre a Taranto la presenza del commissario UE per la politica regionale, Elisa Ferreira (è il secondo commissario di Bruxelles che arriva nel giro di pochi mesi dopo che a maggio c’è stato il vice presidente della Commissione, Frans Timmermans). Ferreira incontrerà il sindaco Melucci e il presidente Emiliano. 

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