Diritto alla vita, in 130 presentano ricorso alla Corte europea

Diritto alla vita, in 130 presentano ricorso alla Corte europea
di Alessio PIGNATELLI
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Sabato 20 Febbraio 2016, 07:33 - Ultimo aggiornamento: 14:17
Il caso Ilva sbarca a Strasburgo di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Sono stati 130 residenti tarantini e delle aree limitrofe a promuovere un’azione grazie all’intermediazione dello studio legale internazionale “Saccucci Fares & Partners: i cittadini lamentano la violazione del loro diritto alla salute e all’integrità psico-fisica in relazione all’inquinamento prodotto dal complesso siderurgico.
Da Strasburgo è arrivato il via libera al ricorso che avrà una corsia preferenziale. La Corte si è infatti impegnata a riservare un esame “prioritario” al caso Ilva. Si è ritenuto che le questioni sollevate presentino profili di particolare importanza e urgenza e che debbano essere esaminate con priorità rispetto agli altri casi pendenti.
I primi contatti tra ricorrenti e studio legale risalgono a marzo 2015: il pool di avvocati aveva sollevato l’urgenza appellandosi all’articolo 41 del Regolamento della Corte che disciplina l’ordine di trattazione dei ricorsi sulla base della loro rilevanza e dell’urgenza dei fatti allegati.

Tra i 130 ricorrenti - dai ventenni agli ottantenni, poco più della metà donne e risiedenti nei comuni di Taranto (in maggioranza), San Marzano di San Giuseppe, Grottaglie, Statte, Castellaneta, San Giorgio Jonico - c’è anche Lina Ambrogi Melle, prossima subentrante al consigliere comunale dimissionario Angelo Bonelli.
Melle ha ricordato che il ricorso è stato firmato antecedentemente alla questione politica e da semplice cittadina «trovando inaccettabile che a Taranto si continui a uccidere per le leggi salva Ilva: ho preparato un copioso dossier è diventato la base per un ricorso collettivo in cui ho coinvolto altri 129 amici che hanno creduto nella mia idea anche quando a Taranto si diceva che non si poteva fare».
Il ricorso è imperniato innanzitutto sulla mancata predisposizione da parte delle autorità italiane di un quadro normativo e amministrativo idoneo a “prevenire e ridurre gli effetti gravemente pregiudizievoli sulla vita e sulla salute dei residenti derivanti dal grave e persistente inquinamento causato dall’Ilva”.
Inoltre, si fa riferimento alla violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, anche in conseguenza dei ripetuti decreti salva Ilva con cui il “governo ha mantenuto in funzione l’impianto sotto la propria gestione a dispetto della normativa europea e delle decisioni della magistratura”.
Il governo italiano, consentendo all’Ilva di proseguire l’attività industriale, “ha determinato la perdurante situazione di grave inquinamento ambientale, subordinando la tutela della vita e della salute dei residenti ad asserite esigenze produttive”.
«I gruppi in gara per l’acciaieria sappiano che non potranno più continuare a inquinare a norma di legge» ha dichiarato il professor Andrea Saccucci.
Nelle procedure standard della Corte, occorrono solitamente circa due o tre anni prima di una decisione e di un eventuale contraddittorio con il governo. In questo caso, però, i tempi si accorceranno sicuramente grazie alla trattazione prioritaria: già nel corso dell’anno potrebbe arrivare una prima decisione da Strasburgo.
Nel caso di accoglimento del ricorso, la Corte potrebbe condannare lo Stato italiano al pagamento in favore dei ricorrenti di una riparazione pecuniaria per il danno patrimoniale e non patrimoniale subito a causa delle violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Infine, trattandosi nella specie di un caso importanza generale in cui è a rischio la vita e la salute dei ricorrenti, è stato chiesto alla Corte di adottare una procedura “pilota”: il governo italiano potrebbe essere condannato ad adottare tutte le misure di carattere generale necessarie ad eliminare le cause all’origine della situazione ritenuta in contrasto con la Cedu.
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