In chiesa a fare il chierichetto anziché in carcere: la messa... alla prova per un imprenditore

In chiesa a fare il chierichetto anziché in carcere: la messa... alla prova per un imprenditore
di Nazareno DINOI
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Giovedì 8 Ottobre 2020, 18:26

In chiesa ogni domenica a fare il chierichetto anziché in carcere dove avrebbe dovuto scontare una pena di due anni e tre mesi. Pena definitiva per aver aggredito con un coltello la nuova proprietaria dell’appartamento perduto all’asta giudiziaria. È andata tutto sommato bene al protagonista della storia. Si tratta di un imprenditore manduriano di 55 anni che nel 2016 aveva ferito una donna rea di essersi presentata alla porta con un decreto esecutivo di sfratto. Assistito dall’avvocato Alessandro Cavallo, il Tribunale del Riesame di Taranto ha accolto la richiesta dell’imputato concedendogli l’affidamento in prova per tutto il periodo della pena alla chiesa del suo quartiere. Ogni domenica dalle 11 alle 12, dovrà svolgere attività di volontariato alla parrocchia di San Giovanni Bosco a Manduria dove il parroco a cui è stato affidato sarà suo confessore e testimone dell’espiazione tra le preghiere e il profumo dell’incenso.

I fatti per i quali è stato condannato risalgono al 2016. L’aggressione aveva avuto origine dalla contesa dell’appartamento che i parenti dell’imprenditore avevano perduto a un’asta giudiziaria per fallimento. La nuova proprietaria dell’immobile aveva più volte cercato di prendere possesso dello stabile occupato dagli ex proprietari.

Trascorsi due anni dall’aggiudicazione ottenuta con il regolare pagamento di cinquantamila euro, la proprietaria aveva fatto causa agli inquilini ottenendo un ordine di sfratto. Il 30 luglio di quattro anni fa, la donna, accompagnata dall’ufficiale giudiziario, si presentò alla porta della sua proprietà. Tra lei e l’imprenditore scoccarono le scintille con un acceso alterco finito tragicamente. Nelle mani dell’uomo comparve un coltello a serramanico che usò per ferire la donna prima di dileguarsi.

La scena avvenne alla presenza di alcuni familiari dell’aggressore e dell’ufficiale giudiziario i quali avevano tentato inutilmente di placare gli animi. La donna fu portata al pronto soccorso dell’ospedale Mariana Giannuzzi dove le furono diagnosticate cinque ferite da taglio all’addome fortunatamente poco profonde. Dopo le cure del caso fu dimessa con dieci giorni di guarigione. Dopo un paio d’ore di ripensamenti, l’aggressore si costituì spontaneamente in polizia. In seguito patteggiò una condanna a due anni e tre mesi di reclusione contro la quale ha poi proposto appello in Cassazione che ha confermato la pena tramutata in affidamento ai servizi sociali della sua parrocchia. Molto più salutare il confessionale che il colloquio parenti tra le mura di un carcere. 
 

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