Acciaierie d'Italia ferma l’altoforno 2. I sindacati vanno all’attacco

Lo stabilimento ex Ilva
Lo stabilimento ex Ilva
di Domenico PALMIOTTI
5 Minuti di Lettura
Sabato 2 Dicembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:51

L’altoforno 2 dell'ex Ilva si ferma e il siderurgico scende ad un solo impianto in marcia, il 4, visto che su tre operativi, l’1 è inattivo da agosto. Ha dunque trovato conferma quanto già scritto da Quotidiano. Ieri Acciaierie d’Italia ha ufficializzato con una comunicazione lo stop: dal 4 all’11 dicembre. Date lievemente diverse, probabilmente frutto di altre tempistiche, hanno invece fornito i sindacati: dal 5 al 13. Acciaierie dichiara “di aver avviato un programma di interventi manutentivi riguardanti diverse aree produttive.

Gli impianti

Gli impianti interessati dalle manutenzioni sono quelli marittimi, i parchi, le linee di agglomerazione, la cokeria, l’acciaieria e il treno di laminazione. Le attività manutentive sono state programmate e ottimizzate in modo da poter essere eseguite in parallelo, al fine di minimizzare la riduzione della capacità produttiva. La produzione di ghisa dell’altoforno 2 sarà quindi sospesa per sette giorni a far corso da lunedì 4 dicembre e riprenderà regolarmente il giorno 11 dicembre”. Ma il punto non sono le date leggermente divergenti tra azienda e sindacati, quanto il fatto che quest’ultimi si dicono scettici sul riavvio dell’altoforno a breve termine. E citano, a titolo di esempio, l’altoforno 1 che doveva stare fermo un mese, agosto, e invece è ancora inattivo. Si teme un aumento della cassa integrazione nell’ordine di circa 250 addetti tra altoforno e batteria 7.
L’altoforno 2 viene fermato perché si è usurato il nastro trasportatore che fa arrivare all’impianto le materie prime.

C’è inoltre l’inagibilità di una gru portuale, per cui i materiali di carica dell’altoforno vengono trasportati con i camion e questo ha determinato difficoltà di smaltimento. 

Le materie prime


Ma non c’è solo il problema del nastro trasportatore. Scarseggiano anche le materie prime. Nell’uno e nell’altro caso, la motivazione è unica: non ci sono soldi sia per i pezzi di ricambio e le manutenzioni, che per l’acquisto di quanto serve per produrre. Un aspetto, quest’ultimo, che non solo frena ulteriormente la produzione, già ai minimi termini, ma che provoca anche extra costi all’azienda, ovvero le controstallie da corrispondere alle compagnie di navigazione per la forzata sosta delle navi nella rada di Mar Grande visto che non possono scaricare. E le materie prime si pagano allo sbarco. Sino a qualche anno, il costo delle controstallie era per nave, in base alle dimensioni, dai 15mila ai 30mila dollari al giorno. Impatti su impatti, quindi, per Acciaierie. 

I sindacati


«Non è possibile lasciare andare l’azienda al disastro senza liquidità, come l’amministratrice delegata Morselli sta facendo senza pagare più nessuno. E non possiamo più contare su dei Mittal che è il primo gruppo mondiale ma che di Taranto non vuole più occuparsene», ha dichiarato il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia. «A questo punto - ha proseguito Benaglia - il Governo deve mettere in campo un piano di sicurezza assoluta, esercitare come già previsto dai decreti l’opzione di conversione dei 680 milioni nel capitale, mettere in sicurezza il governo della società e trovare poi nel tempo la possibilità di individuare dei soggetti privati. Ma va fatto in queste ore. Noi abbiamo scritto ieri nuovamente alla presidente Giorgia Meloni un forte appello, perché l’assemblea dei soci fissata per il 6 dicembre, non sia una nuova occasione in cui tutti alzino le mani». 
Per Loris Scarpa, coordinatore della siderurgia per la Fiom Cgil, «non c’ è più tempo, occorre fare in fretta, il Governo decida. La fermata di altoforno 2 metterebbe seriamente a rischio la sicurezza dei lavoratori e degli impianti, determinando una chiusura definitiva dello stabilimento siderurgico”. Inoltre, secondo la Fiom, “è del tutto evidente che potrebbe apparire come l’ennesima arma ricattatoria nei confronti di un Governo incapace di determinare le scelte strategiche sia sul futuro della siderurgia che della transizione ecologica e sociale». 
«Il problema non è più avere una reale paura che lo stabilimento chiuda: ormai è una certezza», ha sostenuto Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, per il quale lo stop di altoforno 2 «significa che lo stabilimento si ferma per sfinimento, non è più nelle condizioni di poter andare avanti. E la politica resta ferma, non interviene nei confronti di questo gruppo industriale che in quattro anni ha combinato solo guai e danni”. Palombella - che ha parlato a Bari a margine della manifestazione per lo sciopero di Cgil e Uil - ha ricordato che “il 6 dicembre ci sarà un'ennesima riunione dell'assemblea, ma come ci si arriva? In quattro anni non hanno mai rispettato gli accordi, si tratta di inadempienza contrattuale». Chiosa Davide Sperti, segretario Uilm Taranto: «Se è davvero la fermata è 5-13 dicembre, perché Acciaierie non ci convoca e non ci dice come si procederà nelle prossime settimane?». 

Le aziende dell'indotto


“Aigi - ha annunciato Fabio Greco, presidente dell’associazione delle imprese dell’indotto - ha formalizzato una richiesta di incontro urgente alla società AdI per chiedere risposte immediate”. "Pretendiamo rispetto ed una seria assunzione di responsabilità da parte di AdI. Taranto - conclude Greco - merita una governance che rispetti il territorio in cui opera, che abbia responsabilità imprenditoriale, che sia autorevole e dotata di un piano industriale di rilancio vincente. È questa la via, non esiste un piano B”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA