Non c'è lavoro per i laureati. «Ma noi vogliamo restare nella nostra terra»

La sede di Medicina e chirurgia a Taranto
La sede di Medicina e chirurgia a Taranto
di Lucia J.IAIA
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Mercoledì 27 Ottobre 2021, 05:00

Quanto svelato dall’ultima indagine Excelsior scuote le aule universitarie tarantine. Tra dicembre e febbraio prossimo, chi non possiede alcun titolo di studio avrà, secondo questa analisi promossa da UnionCamere, maggiori opportunità lavorative sia rispetto ai diplomati che ai laureati. Ma se il commissario straordinario della Camera di Commercio di Taranto, Gianfranco Chiarelli, imputa allo scollamento tra le imprese ed il mondo universitario una delle cause di questo fenomeno, la voce degli studenti rimanda anche ad altre motivazioni.

Gli studenti

Alessandro Corbo, rappresentante di “Studenti Per - Medicina” e “Ops - Obiettivo Professioni Sanitarie”. «Molti studenti universitari – spiega - realizzano la realtà lavorativa verso la fine del percorso universitario, quando capiscono che, poco dopo la laurea, si ritroveranno direttamente nel mondo del lavoro. Molte facoltà offrono la possibilità tramite i tirocini e i laboratori formativi di entrare già a contatto con le realtà lavorative, sicuramente per alcuni corsi di studi vi è una propensione maggiore ma è necessario implementare maggiormente questo aspetto importantissimo per la realizzazione della società del futuro e, contestualmente, agire sul mondo lavorativo per aumentare le opportunità di inserimento per i neolaureati». Il timore che un’alta percentuale di laureati abbandoni Taranto per cercare fortuna altrove è un rischio molto concreto, così come conferma Corbo, ma non inevitabile. «Dipende molto da quanto l’università e il territorio si spenderanno, in termini di impegno, nella creazione di opportunità formative ma anche lavorative per il post-laurea. È necessario che tutte le parti facciano il possibile per consentire non solo agli studenti universitari di non migrare altrove dopo la il percorso accademico, ma di creare tutte quelle condizioni favorevoli per cui saranno gli altri studenti neolaureati italiani a voler scegliere di vivere la realtà tarantina e pugliese, in generale. Questo può essere fatto continuando a lavorare sulle convenzioni, sui trasporti, sulla qualità della formazione e e su tutte quelle condizioni che migliorerebbero la qualità di vita degli studenti universitari, anche nel post-laurea».

In tal senso, è interessante il punto di vista di chi si è già laureato, come Antonio Nardella, dottore magistrale in Giurisprudenza, ex rappresentante degli studenti del "Dipartimento Jonico in sistemi giuridici ed economici del Mediterraneo”. «Credo che in generale gli studenti italiani, quindi non solo quelli tarantini, oggi abbiano due paure: da un lato quella di non trovare un'occupazione dopo la laurea e dall'altro quella di non trovare un lavoro che risponda alle legittime aspirazioni ed ambizioni di ciascuno. D'altronde, alla mia generazione è stato detto in tutte le lingue, anche dalla politica, che l'instabilità, ad esempio rappresentata da contratti a tempo determinato, sarà la regola mentre fino a qualche anno fa era l'eccezione». Nardella racconta comunque, anche un’altra verità. «Solitamente chi come me ha scelto di formarsi e studiare nel proprio territorio lo fa perché vuole rimanere qui, non solo per studiare ma anche successivamente per lavorare. Tanti infatti, sono rimasti e ci stanno provando». Per cinque anni, Antonio Nardella ha rappresentato gli studenti del dipartimenti jonico, osservando da vicino anche l’istituzione universitaria. «Posso testimoniare che c'è grande attenzione e si pensi ad esempio, alle varie convenzioni di tirocinio che sono state sottoscritte. L'istituzione universitaria tarantina non si è mai ritirata sull'Aventino, anzi si è sempre proposta come motore di sviluppo non solo culturale e di formazione, ma anche di crescita della città e del territorio. Certamente, è necessario che ci sia sempre più dialogo tra i vari soggetti in campo. Servirebbe una riforma del sistema dei tirocini ed in punta di piedi mi permetto di suggerire un modo innovativo di fare impresa, in cui vi sia più rispetto delle professionalità e competenze acquisite attraverso un percorso di studi».

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