Pantaleo Corvino professore universitario per un giorno: «Nei giovani non basta vedere, serve intravedere. Racconto i miei segreti»

Pantaleo Corvino professore universitario per un giorno: «Nei giovani non basta vedere, serve intravedere. Racconto i miei segreti»
di ​Andrea CHIRONI
3 Minuti di Lettura
Giovedì 4 Aprile 2024, 08:10

Nel suo curriculum quello di professore universitario era un titolo che mancava, ma Pantaleo Corvino, uno che delle sfide ha già dimostrato a tutti di non avere paura, è invece salito anche in cattedra. Quella di ieri al Campus Ecotekne di Unisalento, dal titolo "Ieri, oggi e domani: il metodo Corvino. L'evoluzione dello scouting in Italia" non è stata una lezione qualsiasi: oltre agli studenti del corso di laurea di Diritto e management dello sport di Unisalento, tra i banchi sedevano anche vecchie glorie del calcio salentino, nessun giocatore ma gente che di pallone ne ha visto davvero tanto: Peppino Palaia, storico "medico di campo" come gli piace definirsi e poi Elio Donno e Umberto Verri, due istituzioni del giornalismo sportivo locale.

La sorpresa: Bojinov

In apertura una piccola sorpresa, in collegamento c'è Valeri Bojinov, uno dei tanti prodigi del ds di Vernole. «Corvino è stato l'uomo più importante per me - ha detto il calciatore -, sia sul piano sportivo che su quello personale. Per me è stato un esempio e io cerco di passare quello che ho imparato da lui a mio figlio».

Fedele al suo stile, poi, Corvino parla a braccio nonostante gli appunti preparati «come quando vado a Coverciano» e inizia proprio dalle origini, da quando a 16 anni dovette abbandonare la sua più grande passione, giocare a calcio, per andare a lavorare: concorso in Aeronautica Militare e sogno interrotto. E qui arriva la prima lezione, quella di avere coraggio e credere in sé stessi, perché «dopo 9 anni che ero in Aereonutica mi fu proposto di fare il direttore sportivo del Casarano: si trattava di abbandonare uno stipendio di quasi due milioni al mese per un contratto che inizialmente era di un anno soltanto», racconta alla classe.

Da quel primo contratto come ds sono passati 49 anni e un numero incredibile di successi che ci portano subito alla seconda lezione, la legge dello sport che non bisogna mai dimenticare: «Ci sono salite e ci sono discese: mai esaltarsi nelle vittorie o lasciarsi demolire dalle sconfitte». Poi inizia a parlare del "modello Corvino", e subito precisa: "Ogni responsabile tecnico deve avere un suo modello, io il mio non lo cambio perché è vincente, ma cosa significa essere vincente? Fare il massimo con i mezzi a disposizione. Io in 11 anni con il Lecce posso vantare 7 anni di serie A, 4 vittorie di playoff, una persa in finale, più tutti i campionati e le coppe vinte con la Primavera, sempre mantenendo i conti in equilibrio".

I giovani

Terza lezione: i giovani. «Io sono un ds anomalo - continua Corvino- perché ho la responsabilità e la supervisione del settore giovanile e l'impegno è quello di trasformare le potenzialità in qualità. Io ho iniziato con le tasche piene di gettoni telefonici, facevo telefonate ad amici fidati, giornalisti, arbitri che dirigevano le giovanili. Adesso appena finisce una partita hai già i video, le statistiche le analisi. Non sono contrario, mi adeguo. Però alcune cose le puoi vedere solo con gli occhi tuoi. Per chi lavora con i giovani poi non è importante solo vedere, ma anche intravedere, che è una cosa molto più difficile, e se io intravedevo che un giovane non aveva possibilità di diventare professionista non alimentavo illusioni. Sono sempre stato onesto per rispetto dei ragazzi e delle loro famiglie. Adesso sono nella fase finale di questo viaggio: anche questo è il motivo per cui sono qui a svelare i miei segreti agli studenti, per lasciare qualcosa sul mio territorio».
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