Il Lecce nel calcio del futuro. L'ex Ventura: «Ok i capitali, si porti amore per i colori sociali»

Il Lecce nel calcio del futuro. L'ex Ventura: «Ok i capitali, si porti amore per i colori sociali»
di Antonio IMPERIALE
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Lunedì 30 Maggio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 08:57

Le luci del mondo sul Lecce tornato in serie A. Accendono il cuore, illuminano la speranza. L’antico e il nuovo.  Saverio Sticchi Damiani, uno che vive il presente leggendo il futuro, ha saputo conferire al processo di modernizzazione e universalizzazione dell’assetto societario del Lecce il profumo di casa nostra. L’arrivo dei grandi imprenditori che vengono da altrove, Svizzera, Indonesia, altro, ha anche qualcosa dei fuochi d’artificio delle nostre feste patronali, per via del profondo respiro di Salento che arriva magari dal Capo di Leuca, Castrignano del Capo, o dalla salentinità adottiva di Collardi, della neretinità di Barbetta. Gian Piero Ventura ha vissuto le lunghe stagioni di un calcio diverso, nel corso del quale magari infilava tre promozioni di fila, due con il Lecce dalla serie C alla serie A, e l’anno dopo con il Cagliari e l’anno dopo i play off.

Mister dove possono portare gli orizzonti sempre più ampi, lontani, del calcio italiano e, nel nostro caso, del Lecce?
«C’era una volta un calcio romantico, con il fascino delle grandi famiglie. Poi è cambiata la stessa logica imprenditoriale del calcio, sono cambiati gli interessi. E’ iniziata una sorta di rivoluzione. Il futuro è questo. Sono arrivati un po’ ovunque gli imprenditori stranieri. A me pare determinante che oltre che portare capitali, si portino amore per i colori sociali, passione autentica per la squadra e per l’ambiente. Non ho elementi diretti per entrare nel merito della situazione leccese. Da quanto leggo, mi pare che l’operazione di un grande presidente come Saverio Sticchi Damiani e dei suoi bravissimi compagni di cordata, si proponga di coniugare il “nuovo” con la salentinità che è stata alla base di stagioni di successo, da ultima la stupenda promozione. Il mio augurio è che tutti i nuovi arrivati si sentano veramente leccesi». 

La Puglia ha messo a segno uno straordinario doppio colpo con il Lecce che torna in A, il Bari che riapproda in serie B. Grandi stagioni, quelle di Ventura, nelle due città. Quanto valgono per la regione queste due promozioni calcistiche?
«La portata socio-economica per la Puglia può essere enorme. Bisogna saper coglierne i risvolti, le opportunità. A Bari ho visto l’ultima partita. Per una gara di serie C c’erano oltre trentamila spettatori. La potenzialità di questa città e dei suoi tifosi è esplosiva. Importante, adesso, che la serie B non sia vissuta come punto di arrivo, ma come punto di partenza. Meritano complimenti ed applausi il presidente De Laurentiis, l’allenatore Mignani. Vincere un campionato di C non è facile. La forza è stata nel gruppo. A me come singoli piace citare un grande Antenucci e Di Cesare, due giocatori di valore che hanno vinto con me nel Torino e che so quanta voglia avessero di tornare in B. Non so se resteranno. Il Bari dovrà comunque puntare concretamente in alto. Poi magari per De Laurentiis si porrà il problema della doppia proprietà. E’ un problema del poi. Il ritorno del Lecce in A in così breve tempo ha fatto scoppiare d’amore il Salento. La decima promozione, la seconda da capolista, sta avendo già grandi riflessi in ogni angolo della provincia. Il Lecce ha disputato un campionato sopra le righe, con una grande regolarità, ed ha colto una promozione con grandi meriti condivisi da una società modello, da Corvino e Trinchera, da Baroni, dai giocatori con due bomber alle prime due posizioni della classifica cannonieri, gli straordinari Coda e Strefezza, magari anche Di Mariano pronti già per la serie A. Per Coda la serie A sarà un’occasione strameritata. Varrà molto la riflessione sull’ultimo anno di A. La imponente crescita societaria, la saggezza di Corvino, la bravura di Trinchera, mi convincono che il Lecce avrà uno spazio importante».

Che serie A sarà, alla luce delle indicazioni dell’ultimo campionato?
«L’ultimo mi pare di poterlo definire come il campionato del rammarico per ciò che poteva essere e non è stato. Vale per tutti, eccetto per Milan e Salernitana. Pioli ha fatto un capolavoro, una grande impresa con la squadra che non era la più forte. Grande l’impresa della Salernitana, grazie all’arrivo di Sabatini che ha rinnovato quasi interamente la squadra. La Roma di Mourinho ci ha regalato l’unica soddisfazione europea. Merita un applauso lo Spezia, per la seconda salvezza. Il bel campionato di altre provinciali sono un segnale importante per le neo promosse e ovviamente per il Lecce. Baroni si porterà il messaggio delle precedenti esperienze personali di A, quelle che ti segnano con la grande voglia di rivincita, magari con l’aiuto di una grandissima società».

È un campionato che parte la vigilia di Ferragosto con lunghissima pausa autunnale per via del Mondiale in Qatar dove per la seconda volta consecutiva l’Italia sarà assente. Prima lei, poi Mancini, nonostante l’illusione degli Europei. Non ce l’avete fatta. C’è un problema di fondo?
«Ho già detto che se non ti sei qualificato, al di là delle varie responsabilità, c’è un problema di sistema. Nelle prime sette squadre classificate in A, l’unico attaccante italiano è Immobile, con me nel Torino, quando arrivammo sino all’Europa. Sì, occorre riflettere. E magari andare oltre. I giovani che si affermano, sono pochi e giocano in squadre che non giocano le Coppe per poter maturare esperienze internazionali. Ci sono punti nodali sui quali si fa fatica a intervenire. Oltre le parole».

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