L'intervista/Silvestri: «X è la mia incognita per restare curiosi»

L'intervista/Silvestri: «X è la mia incognita per restare curiosi»
di Eleonora L. MOSCARA
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Sabato 5 Agosto 2023, 04:55

Paroliere, musicista e compositore, cantante e attore Daniele Silvestri torna nel Salento questa sera al Parco Gondar per un concerto in cui scoprire i brani del suo nuovo Disco X e cantare a squarciagola i vecchi successi. X come decimo album e dieci le storie raccontate, alcune delle quali hanno voluto altre voci a raccontarle, e così tra gli ospiti del disco troviamo Davide Shorty, Eva, Emanuela Fanelli, Franco126, Frankie hi-nrg mc, Fulminacci, Giorgia, i Selton e Wrongonyou. L’ironia, la sua grande passione per la cultura e la letteratura gli hanno consentito di parlare, attraverso la musica, di temi di spessore ma in maniera sfacciata e un po’ sorniona riuscendo a entrare dritto nel cuore degli italiani. Dal suo esordio nel 1994 non c’è canzone di Silvestri che il pubblico non conosca: da Le cose in comune a Salirò, Il mio nemico, Occhi da orientale, La Paranza e così via. Trent’anni di bella musica, che è arrivato il momento di festeggiare in un «modo un po’ anomalo» come dichiara lui stesso. Si tratta di un resident show in una delle sale dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Roma. 30 concerti per celebrare 30 anni di carriera, con il nuovo spettacolo “Il cantastorie recidivo”, nella città dove tutto è iniziato.
Il tuo decimo disco è appunto una “X” come dieci, ma anche come “incognita”. Che significato c’è dietro questo “enigmatico” lavoro? 
«Mentre si lavorava in questo nuovo album, c’era incognita per scelta: volevo si chiudesse in modo naturale e spontaneo. L’incognita è qualcosa che cerco, ho bisogno di sapere che c’è quella parte di imponderabile, quel qualcosa che non puoi o non vuoi prevedere che ci rende più svegli, curiosi e preoccupati, ma nella maniera giusta». 
Dieci storie per dieci canzoni che compongono l’album, tasselli che si uniscono fino a diventare inseparabili. Come hai scelto cosa raccontare?
«Sono storie scelte senza un criterio precostituito, erano tutte diverse e nel metterle insieme qualcuna ha prevalso non per intensità o importanza del messaggio, ma solo perché mi sembrava raccontassero il mondo che viviamo. Ci sono delle canzoni che parlano d’amore in una maniera estremamente diretta come mai mi è capitato, poi ci sono altre storie. Una ad esempio racconta la vita di quei popoli che conoscono la guerra come unica forma di esistenza, sembrano lontane ma ci riguardano da vicino e non solo perché “ogni bambino è come fosse il nostro bambino” come canto nel brano».
Trent’anni di carriera che festeggerai con lo spettacolo “Il cantastorie recidivo”, come è arrivata questa idea?
«Era un’idea che avevo da tempo, mi sembrava bella. Tra i vantaggi della stanzialità c’è che sarà come essere a casa dove ti stabilisci e puoi invitare persone amici sempre diversi e far vivere questa festa. Cercheremo, attraverso le canzoni, di raccontare 30 anni di storia del nostro Paese più che della mia vita». 
Come ti hanno cambiato questi anni di carriera?
«A livello artistico, pensando al disco, mi sembra di aver recuperato l’approccio iniziale, mi sono liberato dal peso che mi ero dato di rispettare dei canoni, di guidare un gruppetto di seguaci come fossi una voce da ascoltare. Mi sono fatto più narratore e forse più un tramite, ci sono meno io e più il mondo intorno e le storie altrui». 
C’è qualcosa che ti piacerebbe fare ora?
«Ci sono un sacco di cose che ancora non ho fatto che riguardano la sfera dei miei interessi ma, se faccio un bilancio, credo di averne fatte più di quante avrei mai pensato. Mi piace tantissimo scrivere anche non solo in forma di canzone e l’ipotesi di pubblicare qualcosa non è così lontana».
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