Xylella, il Cnr svela le ricerche:
così la “favolosa” resiste al batterio

Xylella, il Cnr svela le ricerche: così la “favolosa” resiste al batterio
di Maria Claudia MINERVA
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Venerdì 24 Marzo 2017, 06:30 - Ultimo aggiornamento: 13:10
L’ampia diffusione della xylella fastidiosa e la modalità con cui si trasmette hanno ormai fatto accantonare qualsiasi speranza di eradicazione del batterio, facendo così concentrare gli sforzi sulle azioni di contenimento e sulla ricerca di soluzioni che consentano una convivenza sostenibile con la pericolosa infezione. Ed è proprio grazie a questi sforzi che oggi per l’olivicoltura salentina si apre uno spiraglio di rinascita grazie alle sperimentazioni che hanno portato a scoprire varietà di ulivi in grado di tollerare abbastanza bene la xylella. L’ultimo studio riguarda la “favolosa”, (in gergo tecnico si chiama “FS-17”), un olivo che, secondo quanto svela il Cnr di Bari e il Centro di ricerca “Basile Caramia” pare metta in difficoltà il batterio, addirittura meglio del "leccino", l’altra specie olivicola su cui si sono concentrate le ultime sperimentazioni  che pure sembra tollerare la malattia. Della “favolosa” il nostro giornale si è già occupato nei giorni scorsi, ora però la ricerca è stata pubblicata con i dati delle analisi che aiutano a capire meglio perché i ricercatori ritengono “sorprendenti” i risultati evidenziati.
Lo studio
S’intitola “Resistenza a xylella fastidiosa in diverse cultivar di olivo” la ricerca del Cnr di Bari e del Centro di ricerca, sperimentazione e formazione in agricoltura “Basile Caramia” appena pubblicata sulla rivista “L’Informatore agrario”. L’articolo, che riassume tutte le attività di ricerca avviate ed attualmente in corso sulla ricerca e valutazione di resistenze genetiche a xylella (subspecie pauca ceppo CoDiRO) nel germoplasma olivicolo, riporta dati sperimentali nuovi ed originali sia sul comportamento delle varietà “leccino”, “ogliarola salentina”, “cellina di Nardò” ed altre cultivar, che la prima segnalazione di elevata resistenza della varietà “FS-17”. La ricerca, firmata da più di 30 studiosi dimostra soprattutto come la cultivar “favolosa” presenti, rispetto alle altre più utilizzate nel Salento una carica batterica bassissima o addirittura inesistente. Un risultato che incoraggia i ricercatori. Nello stesso studio anche altre analisi sul “leccino” condotte in alcuni oliveti del Salento. «I risultati che continuano a emergere dalle osservazioni in campo e dalle indagini diagnostiche – sottolineano i ricercatori nello studio – fanno ben sperare circa una possibile convivenza con il batterio».
Il lavoro, parzialmente finanziato dal programma Ue di ricerca e innovazione Horizon 2020, nell’ambito dei progetti “POnTE” e “XF-Actors”, scaturisce dalle attività sperimentali condotte da tre Istituti di ricerca pugliesi in collaborazione con l’agronomo Giovanni Melcarne ed altri soggetti del mondo agricolo.
L’esperimento e la resistenza nella “FS-17”.
Grande interesse ha destato il ritrovamento nell’estate 2016, in un’area gravemente affetta di xylella, in agro di Sannicola (provincia di Lecce), di un oliveto plurivarietale dell’età di circa 15 anni con piante asintomatiche di “FS-17”. In seguito a tali osservazioni, nel febbraio scorso, è stato effettuato un campionamento da oltre 400 piante per verificare la presenza di xylella fastidiosa e determinarne la concentrazione. Complessivamente sono state analizzate: 201 piante di “Fs-17” di circa 15 anni; 177 piante della cultivar “kalamata” di circa 15 anni, 10 piante di “ogliarola salentina”, con età stimata di oltre 50 anni, 18 piante di “leccino”, con età stimata di oltre 40 anni. Ebbene, all’osservazione visiva tutte le piante di “favolosa” si mostravano asintomatiche, mentre le piante di “kalamata” presentavano frequenti casi di sofferenza e disseccamenti seppur lievi. Le piante di “ogliarola salentina” mostravano uno stadio avanzato della malattia e, infine, le piante di “leccino” erano asintomatiche o mostravano leggeri disseccamenti. Il campionamento consistito nella raccolta di 8 ramette di 15-20 cm. da ciascuna pianta, privati della porzione terminale più tenera, prelevati da parti diverse della chioma, con almeno un prelievo in corrispondenza di ciascun punto cardinale.
 
Le analisi
Grazie alle analisi sierologiche (Elisa) e molecolari quantitative (qPCR), condotte su diverse centinaia di piante in oliveti multivarietali sottoposti a fortissima pressione di inoculo in zona infetta, il Cnr svela che la cultivar “FS-17”, oltre che essere asintomatica presenta una minore incidenza percentuale di piante infette (appena il 12% di piante infette rispetto al 50% in “leccino” e 100% in “ogliarola salentina”); inoltre, quando infetta, ha la più bassa concentrazione batterica poiché nelle piante analizzate è stata ritrovata, in media, la metà della concentrazione di “leccino” e circa un centesimo della concentrazione in “ogliarola salentina”. Tutte le 10 piante di “ogliarola” sono risultate positive alla xylella, anche l 177 piante di “kalamata” hanno mostrato un elevato valore percentuale di positivi (70%). Soltanto 9 delle 18 piante di “leccino” analizzate sono risultate positive al batterio, mentre sorprendenti i risultati sulle piante di “FS-17”: solo il 12,4% delle 201 piante saggiate è risultato positivo con valori di assorbenza media più bassi di quelli del “leccino”.
Distribuzione del batterio all’interno delle piante di “ogliarola” e “leccino”
Sono stati individuati due oliveti, in cui coesistono le due varietà: il primo in agro di Racale (Lecce) con piante in fase di sviluppo avanzato della malattia; il secondo in agro di Ugento (Lecce), con piante con infezione presumibilmente recente. Entrambi gli esperimenti hanno dimostrato che il “leccino”. presenta una carica batterica notevolmente ridotta rispetto alla “ogliarola”. Per i ricercatori ora è importante avviare degli studi anche sulla varietà “frantoio” sia in quanto parentale di origine “FS-17”, sia perché sembrerebbe presentare anch’essa una qualche forma di tolleranza/resistenza al batterio.
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