Unisalento, il rettore: «Hub per le Zes, una svolta. A fine anno la prima pietra»

Unisalento, il rettore: «Hub per le Zes, una svolta. A fine anno la prima pietra»
di Giuseppe ANDRIANI
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Mercoledì 12 Luglio 2023, 05:00

Lavorare sui rapporti con le imprese, favorire la nascita di nuove start-up, trasformare il Salento in un’area nella quale la ricerca e il mondo del lavoro camminano di pari passo. A partire dalla nascita dell’incubatore-acceleratore di imprese all’interno della Zes Adriatica Interregionale Puglia-Molise, per cui è appena stato sottoscritto un accordo tra università, Zes e Asi. È l’obiettivo di Fabio Pollice, rettore dell’ateneo salentino. «Se riuscissimo a stimolare il contesto territoriale e a creare occupazione saremmo la migliore università d’Italia», dice. 

Rettore, nasce un nuovo strumento per le imprese. La relazione tra queste e la ricerca è un punto saldo del suo governo universitario. Cosa succederà adesso?
«L’obiettivo è promuovere la nascita di start-up del territorio in un’area strategica, quella del One Health.

In tutto il mondo gli incubatori-acceleratori hanno il compito di incubare le imprese nascenti e accelerarne lo sviluppo. Vogliamo attrarre iniziative da altri contesti territoriali. Le start-up che arriveranno qui favoriranno lo sviluppo competitivo, partendo dall’università. Il tutto, come detto, in un settore, quello della Salute del genere umano e dell’ambiente, in grande espansione nell’intero ecosistema della ricerca. E noi su questo abbiamo deciso di puntare. Penso alle tante relazioni in questo territorio. L’incubatore che nasce è al servizio del territorio e mette in valore il prodotto della ricerca universitaria».

Il territorio è pronto?
«Non dev’essere pronto il territorio, devono essere pronte le persone. E lo saranno. L’incubatore nasce in un posto unico, all’interno della Zes. È la prima volta.. E questo è un vantaggio competitivo unico. Perché realizza pienamente gli obiettivi della Zes, li esalta, perché è un caso virtuoso di cosa vuol dire Zona Economica Speciale. È un esempio da manuale. Poi con la collaborazione dell’Asi, che mette a disposizione i terreni, della Zes per le risorse finanziarie. E questo è solo l’inizio, perché è chiaro che ci saranno degli altri investimenti, oltre alle competenze dell’Università del Salento. È un modo per dare valore ai soldi del Pnrr. Credo che sia l’atto più importante del mio mandato. Mi sono sempre occupato di questo e sono convinto che il futuro sia in questa direzione».

Entro dicembre dev’essere posta la prima pietra, perché il progetto è finanziato con i fondi del Pnrr. Sarà possibile?
«Saremo obbligati a lavorare di giorno e di notte (sorride, ndr). Ma l’obiettivo è enorme e vogliamo realizzarlo».

Qualche giorno fa ha presentato l’accordo per un protocollo d’intesa tra Regione, Asl e Unisalento per il Presidio Universitario Ospedaliero al Fazzi. 
«Quello è un aspetto importante, certo. Nel giro di due anni abbiamo posto le basi per realizzare il Salento Biomedical Discrict, di cui avevamo parlato nel 2021. Abbiamo realizzato un sogno con la nascita dell’incubatore-acceleratore. E ancora: abbiamo il progetto di una fabbrica di Car-T, i medicinali per la terapia genica, all’interno dell’Ecotekne. Lo annunceremo nel giro di qualche giorno, in collaborazione con Uniba e la Regione. Abbiamo deciso di puntare forte su questo aspetto e stiamo continuando a farlo».

La classifica Censis vede Unisalento all’ottavo posto in Italia tra gli atenei medi. Però resta il problema dell’occupabilità dei laureati. È davvero così?
«Se ci impegnassimo di più, come stiamo facendo, a stimolare il contesto territoriale e a creare occupazione, saremmo la migliore università d’Italia. Noi formiamo le persone ma non sempre il territorio riesce ad assorbirle. Faccio un esempio: Porsche ha aperto un centro di ricerca qui. I nostri ragazzi sono bravi, in gamba, intelligenti, ma anche l’università lavora bene. Dobbiamo intanto capire che abbiamo le forze per competere a livello globale. Dobbiamo attrarre e promuovere la creazione di imprese. Tra i medi siamo l’ottavo ateneo secondo il Censis. Partivamo da una situazione difficile, con un contesto complicato e il calo demografico del Sud. Sicuramente in questi anni siamo cresciuti. Stiamo lavorando tanto, il mio mandato ha concorso a creare il corso in Medicina, ma non penso che sarebbe stato giusto fermarmi qui. Sono fiducioso, perché non stiamo lavorando per l’università ma per il territorio. Magari qualcuno non sarà d’accordo, ma noi siamo un ateneo modernoe e possiamo avere solide radici solo se ci possiamo radicare in un territorio. Quello che ci condanna alla marginalità è proprio non credere in noi stessi. L’università non è solo didattica e ricerca, è anche il trasferimento tecnologico dalla ricerca all’impresa. È un circolo virtuoso».<

Come accaduto con il nuovo incubatore di imprese.
«Ci ha sostenuto la Regione, con l’assessore Alessandro Delli Noci, che ci ha creduto. La Regione continuerà a investire se noi lavoreremo bene. Devo ringraziare il presidente della Zes, Manlio Guadagnolo, il presidente dell’Asi, Massimo Albanese, e poi i miei professori, a partire da Alessandro Sannino. Però c’è bisogno di tutto il territorio, del supporto di tutti. Bisogna lavorare come una squadra, e penso che stiamo lavorando bene. Faccio una metafora a cui tengo particolarmente».

Prego.
«Probabilmente non sarò più rettore quando questi progetti saranno esecutivi. Ma noi dobbiamo pensare alle persone che hanno piantato gli ulivi nel nostro territorio. Siamo chiamati a fare la stessa cosa. Stiamo piantando il seme di qualcosa di bello. Le generazioni future dovranno riconoscerci il merito di aver creato qualcosa di importante. E anche qualora non dovessimo farcela, ci dobbiamo provare».

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