Scu, la metamorfosi: patto generazionale tra i boss e i figli

Scu, la metamorfosi: patto generazionale tra i boss e i figli
di Nicola QUARANTA
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Venerdì 8 Agosto 2014, 10:04 - Ultimo aggiornamento: 10:07
Mafia & affari: di famiglia. Padri, figli e nipoti, stretti in una “santa” alleanza generazionale, non priva di contese e contrasti. Mutagenesi della malavita organizzata ionico salentina fotografata nella relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia.



Lo scenario delle provincie di Lecce, Brindisi e Taranto, dopo aver perso l’antica unitarietà (grazie all’azione di contrasto dele forze dell’ordine e alla strada collaborativa imboccata da parte di alcuni ex affiliati alla Sacra corona unita) risulta variamente interessato da iniziative autonomistiche di neo aggregazioni criminali, decise ad approfittare della ridotta operatività dei gruppi mafiosi portanti.

E’ il nuovo che avanza. Ma appare senza collante.

Dopo la disarticolazione giudiziaria subita in passato e la scarcerazione recente di alcuni esponenti di spicco, la vecchia guardia così non molla e punta ad attingere dal serbatoio della criminalità giovani leve in cerca di guadagni facili. Gioco facile, seppure con alterne fortune, soprattutto là dove - emblematico il caso di Taranto - il primo alleato rischia di risultare il diffuso malessere sociale.



Disagio che già in passato consentì ai gruppi criminali dediti al contrabbando di tabacchi lavorati esteri di attecchire sul tessuto locale, fungendo quasi da ammortizzatore sociale in ampie zone della Puglia. Non è un caso, dunque, che proprio il traffico delle bionde, eredità scomoda della malavita di ieri, stia manifestando segnali di ripresa, confermando i porti di Bari, Brindisi e Taranto snodi cruciali utilizzati dalla criminalità transazionale per introdurre sul territorio italiano stupefacenti e “tabacchi” (provenienti dalle vicine Albania e Grecia), nonché merce contraffatta prodotta in Cina. Scali, quelli pugliesi, punto di sfogo anche per il traffico di immigrati clandestini (per lo più di origine afghana e siriana).



Tanto emerge dal rapporto della Dia sull’andamento delle attività della criminalità organizzata nell’arco dell'ultimo semestre preso in esame (luglio-dicembre 2013).

Tra i dati “spia”, sintetizzati su scala regionale, spicca tra le righe della realizione l'andamento degli omicidi tentati (+4) e consumati (+7): numeri da collegarsi alle attuali dinamiche di scontro all'interno dei clan finalizzate al predominio nei locali mercati criminali.



Altrettanto significativo il sostanziale aumento delle rapine (1548 nel secondo semestre del 2013, rispetto a 1299 del primo semestre 2011), mentre più contenuto appare il divario, progressivamente registrato dal 2011 ad oggi, per quanto attiene i fenomeni dell'usura (-4) e dell'estorsione (268 nel 2° semestre 2013 rispetto ai 317 del 1° semestre 2011). Ciononostante la Dia ritiene che le organizzazioni criminali salentine siano tuttora particolarmente interessate agli introiti garantiti dal “pizzo” e dal mercato nero dei “prestiti”. Nella sola provincia di Lecce, ad esempio, a fronte delle pochissime denunce presentate dalle vittime, non sono infatti mancati attentati incendiari e dinamitardi, danneggiamenti, messaggi minatori, perpetrati nei confronti di imprenditori commerciali ed artigiani nel capoluogo e nelle città di Gallipoli, Aradeo, San Donato, veglie, Leverano, Surbo, Trepuzzi e Galatina. Una scia che, peraltro anche di recente, le forze dell'ordine hanno spesso contrastato.

A risentire degli effetti dell’azione investigativa è soprattutto la criminalità in terra di Brindisi, che nell'ultimo triennio, grazie alla collaborazione di alcuni esponenti di spicco della frangia brindisina e mesagnese della Scu (a partire dal pentito Ercole Penna), ha sensibilmente ridotto le capacità operative delle consorterie criminali, pur continuando a nutrirsi in tutto il territorio provinciale dei proventi dell’attività estorsiva.



Sul fronte Jonico, emerge un asse criminale privilegiato che starebbe legando e collegando la malavita locale alla criminalità organizzata barese e napoletana, per l'approvvigionamento dello stupefacente. Resta alta la guardia, infine, sul fronte del racket.

Ma la chiosa è una incognita amara: molte delle vittime scelgono la strada del silenzio e pertanto la portata reale del fenomeno risulta di difficile quantificazione.