Soldi alla sanità con il payback. Incostituzionale? I dubbi del Tar

Soldi alla sanità con il payback. Incostituzionale? I dubbi del Tar
di Andrea TAFURO
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Lunedì 27 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 29 Novembre, 15:02

Il Tar Lazio conferma la sospensiva sul payback per i dispositivi medici e con alcune ordinanze solleva “la questione di legittimità costituzionale della normativa relativa al payback dei dispositivi medici, con riferimento agli artt. 3, 23, 41 e 117 della Costituzione” davanti alla Corte Costituzionale.

Il Tar

I giudici amministrativi della sezione III quater, hanno rilevato inoltre che “le scelte legislative potrebbero risultare irragionevoli sotto molteplici profili”. Le aziende ricorrenti contro la misura varata dal Governo Draghi, tornano dunque a sperare in un esito positivo della vicenda, già trattata e stoppata dal Tar Lazio con diversi decreti cautelari, in accoglimento dei ricorsi delle società del comparto sanitario destinatarie della norma. La querelle giudiziaria era sorta a seguito del Decreto “Aiuti Bis” che aveva previsto una procedura accelerata per l’accertamento dello sforamento dei tetti di spesa assegnati ad ogni Regione per l’acquisto dei dispositivi medici relativi agli anni dal 2015 al 2018 e per la quantificazione del payback, cioè dell’obbligo introdotto per i fornitori della sanità pubblica di contribuire al ripianamento dei disavanzi per circa la metà dell’importo.

In Puglia il payback è stato quantificato in circa 246 milioni di euro. Soldi utili quindi a ripianare i bilanci della sanità. Le doglianze delle società interessate dalla norma, diverse anche quelle pugliesi (alcune salentine difese dall’avvocato Luigi Quinto), si sono quindi basate sotto tre profili: le imprese non hanno mai conosciuto il tetto di spesa regionale del settore, né potevano conoscerlo poiché è stato definito solo con l’accordo Stato-Regioni del 7 novembre 2019; non avevano alcuna possibilità di verificare l’evoluzione della finanza regionale per comprendere l’andamento in rapporto al rispetto di tale vincolo di spesa; non avevano alcuno strumento per incidere sulla spesa pubblica, potendo esclusivamente partecipare ai bandi di gara indetti nell’ambito del Ssr.

Le ordinanze

Il Tar Lazio quindi, accolti i ricorsi e decretate le sospensive, ha spostato la questione nell’ambito della legittimità costituzionale. «Tale previsione normativa intervenuta nel 2022 e volta a definire il tetto di spesa regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, – si legge in una delle ordinanze - appare violativa dei profili dell’affidamento, della ragionevolezza e dell’irretroattività, atteso che va ad incidere su rapporti contrattuali già chiusi, le cui condizioni contrattuali si erano cristallizzate nei contratti già da tempo conclusi tra le parti». Inoltre per il Tar: «la norma in esame appare altresì in contrasto con i parametri costituzionali di cui all’articolo 23 Costistuzione. Il prelievo economico disposto sul fatturato delle aziende fornitrici può essere inquadrato nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge senza la volontà della persona destinataria, non avendo invece natura tributaria». Tra gli altri principi costituzionali sollevati dai giudici amministrativi anche quello racchiuso dall’articolo 41 che tutela la libertà di iniziativa economica. «Appare manifestamente irragionevole un sistema, come quello delineato dal payback sanitario, – ha precisato l’avvocato Quinto - che costringe le imprese a restituire a distanza di anni una quota consistente, nell’ordine del 50%, di quanto fatturato con il SSN senza verificare quale sia il margine di utile conseguito, con il rischio concreto che la prestazione finisca per essere resa in perdita. Tutto ciò determina un ingiustificato sacrificio dell’iniziativa economica privata, la cui limitazione può considerarsi legittima solo se il bilanciamento tra lo svolgimento dell’iniziativa economica privata e la salvaguardia dell’utilità sociale – conclude Luigi Quinto - risponde ai principi di ragionevolezza e proporzionalità e non è perseguita con misure incongrue». In attesa dunque che la Corte Costituzionale si esprima sulla questione, rimane in stand-by il pagamento di 1 miliardo previsto su scala nazionale, per le aziende di dispositivi medici, in base agli sforamenti del tetto di spesa per gli anni 2015-2018.

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