Payback sanitario: dal Tar un'altra sospensiva

Payback sanitario: dal Tar un'altra sospensiva
di Andrea TAFURO
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Venerdì 8 Settembre 2023, 05:00

Nuovo stop del Tar Lazio sul payback sanitario. Accolta dal Tribunale amministrativo romano la richiesta di sospensiva presentata da una nota azienda salentina che opera in ambito sanitario, contro la misura varata dal Governo Draghi. Con l’ordinanza del 6 settembre scorso, il Tar Lazio sezione Terza Quater (Presidente, Silvestro Maria Russo, Giuseppe Sapone, consigliere, e Chiara Cavallari, estensore referendario) ha quindi bloccato l’efficacia dei provvedimenti a firma del Dipartimento Salute della Regione Puglia e del Ministero della Salute.

I contenziosi

La querelle giudiziaria in corso da mesi, con numerosi provvedimenti emessi già in questa direzione (l’intero contenzioso a livello nazionale conta oltre 1800 ricorsi, con un impatto di diversi milioni di euro) è sorta a seguito del Decreto “Aiuti Bis” che aveva previsto una procedura accelerata per l’accertamento dello sforamento dei tetti di spesa assegnati ad ogni Regione per l’acquisto dei dispositivi medici relativi agli anni dal 2015 al 2018 e per la quantificazione del payback, cioè dell’obbligo introdotto per i fornitori della sanità pubblica di contribuire al ripianamento dei disavanzi per circa la metà dell’importo. In pratica la disposizione imponeva a tutte le aziende che avevano effettuato “forniture mediche” nel periodo di riferimento di “restituire” una somma in percentuale al fatturato annuo. In Puglia il payback è stato quantificato in circa 246 milioni di euro. 

Il Ministero


Nei mesi scorsi il Ministero delle Salute ha emanato due decreti con i quali aveva dato concreta attuazione alla procedura accelerata (certificando gli sforamenti regionali) a seguito dei quali la Regione Puglia ha chiesto la liquidazione delle somme entro il 31 luglio, termine slittato poi al 30 ottobre prossimo. Provvedimento verso cui numerose aziende di dispositivi sanitari, messe in crisi dalla norma, hanno opposto le proprie ragioni ricorrendo al Tar. I giudici romani anche in quest’ultimo caso (adottati sinora circa un migliaio di decreti monocratici) hanno quindi accolto le tesi dell’avvocato, Daniele Montinaro, legale dell’azienda salentina che dovrebbe versare 170mila euro per il quadriennio dal 2015 al 2018. 
«Siamo molto soddisfatti. La fattispecie è molto complessa, ma eravamo fiduciosi sull’accoglimento dell’istanza di sospensiva. È evidente – sottolinea l’avvocato Montinaro - che l’impatto dell’applicazione della normativa, che definirei quantomeno atipica, è talmente importante su tutte le aziende del settore che la soluzione definitiva non potrà che essere di carattere legislativo. Ad ogni modo è un segnale importante per tante aziende che sono state sino ad ora con il fiato sospeso».
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater) oltre ad accogliere l’istanza cautelare e di fatto sospendere l’esecutività degli atti impugnati ha fissato anche l’udienza “pilota” del 24 ottobre prossimo, al fine di affrontare la questione nel merito con l’intenzione di definirne il contenzioso. Ma nell’attesa del pronunciamento la linea è quella dell’accoglimento delle istanze cautelari anche per scongiurare il rischio di ripercussioni sugli equilibri finanziari delle aziende coinvolte.

Registrata la nuova ordinanza del Tar, dall’assessorato alla sanità della Regione Puglia arriva la richiesta al Governo nazionale di fare chiarezza sulla questione. «La decisione del Tribunale amministrativo del Lazio – afferma l’assessore Rocco Palese -non fa altro che rinviare il problema, che il Parlamento ha creato, senza risolverlo. L’esecutivo Meloni e il Parlamento devono quindi farsi carico della questione, che non può essere scaricata sulle Regioni, trovando le soluzioni a copertura del 50% delle somme restanti del payback. La sanità ha bisogno di risorse, circa 4 miliardi come concordato col Ministro Schillaci, e non di altri problemi. Se non c’è questo tipo di responsabilità a livello nazionale non si farà altro che danneggiare ulteriormente il sistema sanitario nazionale e quello regionale già in grave crisi».

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