Rischio idrogeologico per il 78% dei comuni pugliesi

Rischio idrogeologico per il 78% dei comuni pugliesi
di Vincenzo DAMIANI
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Martedì 23 Febbraio 2016, 08:22 - Ultimo aggiornamento: 13:57
Centoventimila pugliesi vivono in aree esposte a possibili alluvioni, 8mila quelli che abitano in zone a forte pericolo di frane. Nonostante le cifre allarmanti, solamente un Comune su tre svolge un lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico. I dati sono emersi durante un incontro nella sede della Camera di Commercio di Bari sul futuro dei Consorzi di bonifica, un confronto sulla riforma in atto degli enti organizzato da Anbi e Coldiretti Puglia. Il paradosso è che la Puglia da un lato deve fare i conti con fenomeni di siccità, sempre più accentuati, dall’altra parte, però, ogni anno è colpita da alluvioni e piogge torrenziali, con l’aggravante che l’acqua non viene riutilizzata a fini irrigui a causa della carenza e mancanza di infrastrutture ad hoc. Secondi i dati Ispra, 232 Comuni su 258 sono a forte rischio idrogeologico, circa il 78 per cento dei centri pugliesi. Non solo: 8.098 cittadini vivono in aree che sono a pericolo frane, 119.034 quelli, invece, che risiedono in territori a rischio alluvioni.

Eppure, secondo Legambiente Puglia, solo il 38 per cento dei Comuni svolge un positivo lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico. Molte sono ancora le amministrazioni che hanno abitazioni e fabbricati industriali in aree a rischio, ma solamente un terzo quelli che hanno intrapreso azioni di delocalizzazione per tutelare il territorio e ridurre i pericoli a cui sono esposti i cittadini. Una piccola fetta dei Comuni aggiorna il piano d’emergenza, organizza attività d'informazione e realizza esercitazioni. Un ritardo non di poco conto visto che i piani d’emergenza, per essere realmente efficaci, devono essere aggiornati e conosciuti dalla popolazione. In Puglia nel 78% dei Comuni sono presenti aree con diversa pericolosità idraulica o geomorfologica e la cartografia geologica della Regione in scala 1:50.000 è in fase di stallo: solo il 20 per cento circa del territorio pugliese possiede una cartografia geologica aggiornata. Continua anche ad essere rara la figura del geologo nella pianta organica degli enti.
La ex giunta regionale guidata da Nichi Vendola ha provato ad invertire la rotta. Come? attraverso gli investimenti, ovvero programmando 624 opere per una spesa di circa un miliardo di euro: di queste quelle avviate sino al 2015 sono state 413 (costo 578 milioni), quelle concluse 280. Nella nuova programmazione per il piano nazionale 2015-2020, le richieste della Regione ammontano complessivamente a 1,6 miliardi, sono 438 opere individuate pari al 7.5% dell’intera pianificazione nazionale contro frane e alluvioni. Da agosto 2014 sino a fine 2015 sono stati aperti 58 nuovi cantieri che si sono aggiunti ai 21 già avviati nei primi sei mesi del 2014, per un valore complessivo di 178 milioni di euro. Nell’ambito dello sviluppo delle infrastrutture idriche la Puglia risulta essere quella con la migliore performance nell’attuazione degli interventi previsti dalla delibera Cipe 60/2012. Il Tacco d’Italia è il terzo territorio dopo Lombardia e Toscana per opere avviate con 148 euro per abitante rispetto ad una media nazionale di 109 euro investiti in sicurezza del territorio e dei cittadini. Ed è stata anche tra le prime a dotarsi di un piano paesaggistico approvato sulla base del Codice dei beni culturali, che impedisce che nelle aree esposte al rischio di frana o allagamento si possa costruire. Con l’approvazione del piano sono stati individuati di una serie di vincoli di tutela che si sono aggiunti, rafforzandoli, a quelli già esistenti e previsti dalla normativa ambientale nazionale e regionale.

Spiega Gianni Cantele, presidente Coldiretti Puglia: «La terra frana a causa della mancanza di un’adeguata politica di prevenzione e di governo del territorio. Fenomeni meteorologici sempre più intensi, concentrati in poche ore e su aree circoscritte, con alluvioni e danni anche in aree non eccessivamente antropizzate fa emergere la necessità di considerare i loro effetti per pianificare e programmare le politiche territoriali nei prossimi anni. Proprio per garantire la sicurezza idraulica, la manutenzione del territorio, il deflusso idraulico, la conservazione e la difesa del suolo è stato valorizzato, in quasi tutte le regioni italiane, il ruolo dei consorzi di bonifica».
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