Regionali, l'idea spariglia tutto: l'accordo in aula sul governatore

Regionali, l'idea spariglia tutto: l'accordo in aula sul governatore
di Francesco G.GIOFFREDI
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Martedì 11 Giugno 2019, 07:02 - Ultimo aggiornamento: 07:25

Il centrosinistra s'interroga, litiga, forse si divide rispolverando antichi rancori o alimentandone di nuovi, ma allo stesso tempo intravede lo spettro di un centrodestra unito, rinnovato e in salute. I cinque stelle cercano la rotta, riprogrammano la bussola e non vogliono condannarsi all'irrilevanza nelle amministrazioni territoriali. E così nella Puglia proiettata verso le elezioni regionali 2020 spunta una suggestione apparentemente tecnicistica, da addetti ai lavori, ma che potrebbe avere riflessi evidenti sulla storia politica della Regione: riformare dalle fondamenta la legge elettorale pugliese.

Più volte se n'è discusso, ma all'ordine del giorno c'erano sempre stati correttivi marginali o comunque non sostanziali. Stavolta il progetto è ben più radicale: un sistema elettorale interamente proporzionale, con un premio di maggioranza solo dopo una data soglia (il 40%, per esempio), che porterebbe all'elezione del governatore non più diretta, ma affidata in aula ai consiglieri regionali sulla base degli accordi politici e degli equilibri numerici dell'Assise. In sostanza, ciò che accade in Parlamento e ciò che ha determinato in corso d'opera l'asse gialloverde tra M5s e Lega. Il senso è: tante debolezze in campo, meglio assemblarle in Consiglio invece di ferirsi mortalmente a vicenda. «Aria di inciuci»: il rischio d'esporsi all'accusa è elevatissimo.

Il progetto di riforma è stato (appena) abbozzato in ambienti del centrosinistra e della sinistra, non è scartato affatto dai cinque stelle ed ora è anche sulla scrivania della presidenza di Michele Emiliano. A chi gioverebbe la rivoluzione del sistema elettorale pugliese? Innanzitutto consentirebbe a tutti di pesarsi e di ritagliarsi un ruolo. Poi renderebbe quasi naturale, e di certo più indolore, la sempre probabile scissione del centrosinistra: il ricongiungimento avverrebbe nella dinamica d'aula, e per esempio i vendoliani e chi per ora è sull'Aventino anti-emilianiano riacquisterebbero così ruolo e centralità. Il proporzionale puro renderebbe inoltre protagonisti i cinque stelle: refrattari ad alleanze elettorali, impossibilitati a riesplodere oltre il 40% in una competizione insidiosa come le Regionali, con l'attuale sistema elettorale rischiano ancora una volta di incassare un inutile e infruttuoso 20-25%, percentuale che viceversa - con l'ipotizzata legge elettorale - permetterebbe loro di essere cruciali negli accordi in Consiglio.

Non sfugge il dato politico: le intese in aula su maggioranza e governatore potrebbero saldare l'alleanza tra centrosinistra (o parte del centrosinistra) e il M5s, un segnale di netta e recisa discontinuità rispetto allo scenario nazionale. E un segnale, soprattutto, caldeggiato da larga parte dei pentastellati pugliesi, sempre critici sul patto con la Lega: proprio ieri il consigliere regionale Mario Conca ha spiegato che «serve un accordo M5s-Pd». Il riferimento era al governo nazionale, ma la Puglia potrebbe essere un acceleratore e un incubatore.

È questa prospettiva ad aver risvegliato gli antichi ardori di Emiliano, il quale già in passato aveva corteggiato i cinque stelle: nel 2015, da neo eletto governatore, proponendo loro persino di entrare in giunta; e poi, a più riprese in questo quadriennio, sponsorizzando un accordo nazionale M5s-Pd. «In questo modo - trapela dalla Regione - la Puglia tornerebbe un laboratorio nazionale...». Si badi: per ora Emiliano resta prudente, anche perché continua a coltivare il progetto di sempre, cioè costruire una coalizione ampia e inclusiva, inglobando pezzi del mondo moderato, sfruttando la vecchia legge elettorale (che assegna la maggioranza alla coalizione vincente, a prescindere dalle percentuali). Va da sé che una scissione a sinistra e una crescita del centrodestra unitario metterebbero a rischio il piano.

Proprio ieri, peraltro, il governatore s'è lasciato andare a uno sfogo Facebook che sa di proclama e di avvertimento a un po' tutti, e soprattutto a chi (su scala nazionale o pugliese) trama contro la sua ricandidatura: «Non casco nelle provocazioni di quelli che ricordano ossessivamente il luogo dove sono nato. Non cado neppure nelle provocazioni delle lobby che vogliono distruggere la libertà della Regione nel difendere la salute dei cittadini di Taranto, nell'attuare la decarbonizzazione della Puglia, nel premere per lo spostamento del gasdotto Tap, nel riacquisire la sovranità pubblica del ciclo dei rifiuti, nel ridefinire gli investimenti nel sistema sanitario dando priorità al pubblico rispetto al privato. Rassegnatevi. Non riuscirete a tirarci dentro risse di strada, non riuscirete a farci perdere le elezioni, non riuscirete a dividerci, non riuscirete ad utilizzare le ambizioni individuali di alcuni di noi per distruggere quanto abbiamo sino ad oggi costruito. Noi non ci arrenderemo mai. Vogliamo solo sapere a che gioco volete giocare e a che ora comincia la partita. Noi siamo pronti».

Un messaggio prima di tutto interno.

Non a caso ieri, durante la segreteria regionale Pd convocata da Marco Lacarra, i fedelissimi del governatore hanno ribadito: «Le primarie? Nessun problema». In sostanza: chi vuol sfidare il governatore, si faccia avanti. Per ora nessuna candidatura, nemmeno ufficiosa. Solo qualche trama e molte voci di dentro. Si vedrà. E Lacarra? Ieri durante la riunione, per uscire dall'impasse in cui è il Pd, ha annunciato di voler ristrutturare la segreteria. Solo un cerotto su ferite ben più gravi: il partito indebolito è già in fibrillazione per il 2020, ancora una volta diviso.

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