Più pensioni che lavoratori, in Puglia saldo negativo

Più pensioni che lavoratori, in Puglia saldo negativo
di Giuseppe MARTELLA
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Domenica 19 Novembre 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20 Novembre, 11:07

Una regione a trazione pensionistica. È questo il disegno della Puglia che viene fuori da un rapporto dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre: nel Tacco d’Italia i titolari di pensione hanno superato gli attivi nel mondo del lavoro. Numeri impietosi quelli che regolano il territorio pugliese al diciannovesimo posto su scala nazionale, peggio riesce a fare soltanto la Sicilia: in Puglia i pensionati sono infatti 1 milione 493 mila, si fermano invece a 1 milione 267 mila i lavoratori per un differenziale negativo che segna un – 227mila complessivo. Del resto il dato totale della Puglia è la sommatoria di quelli delle sue provincie che nella graduatoria riservata ai capoluoghi provinciali occupano tutte una posizione di retroguardia con Lecce che chiude mestamente la classifica con il saldo più negativo tra numero di pensionati e lavoratori. Il sorpasso dei pensionati pugliesi compiuto ai danni dei conterranei lavoratori, simile a quello verificatisi nel resto del Mezzogiorno, apre una serie di questioni e riflessioni presenti e future molto complesse. Che quella italiana sia ormai una tendenza consolidata, del resto, lo dimostrano le cifre, fredde ma incontrovertibili. 

Il dato


Nel Belpaese, infatti, rileva la Cgia che il numero complessivo di cittadini che godono del trattamento pensionistico è pari a 22 milioni 772 mila unità, di poco inferiore a quello degli occupati che, secondo le ultime stime, sono 23 milioni 99 mila: un rapporto ormai di uno a uno che peggiora considerando soltanto Sud e Isole, dove le pensioni erogate sono 7 milioni 209 mila e i residenti lavoratori non vanno oltre la quota di 6 milioni 115 mila per un saldo negativo pari a 1 milione 94 mila unità. Quello del Meridione, d’altro canto, è l’unico riferimento negativo se è vero che le altre aree dell’Italia segnano un residuo positivo nel Nord Ovest (+ 748 mila), nel Nord Est (+ 695 mila) e al Centro (+ 385mila). E così, su scala nazionale, i lavoratori superano i pensionati di appena 327mila unità. I numeri pugliesi sono dunque lontani da quelli delle regioni più virtuose, nove nel totale quelle che marciano in territorio positivo segnando una quota di lavoratori superiore a quella dei titolari di pensione.

A guidare la classifica la Lombardia, 4 milioni 424 mila occupati a fronte 3 milioni 692 mila pensionati, seguita da Veneto con un saldo più pari 342 mila unità, e Lazio che chiude il podio con un più 310 mila. Più stipendi e salari rispetto ai trattamenti pensionistici erogati anche in Emilia Romagna, Toscana, Trentino Alto Adige, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta.

Le province

Passando alla classifica che mette assieme i capoluoghi di provincia la maglia nera per Lecce è sancita da un saldo negativo di 97 mila unità che viene fuori confrontando i 244 mila occupati ai 341 mila pensionati. Va poco meglio a Taranto dove i lavoratori registrati sono 162 mila e i titolari di pensione 219 mila (- 57 mila) e Foggia che segna un dato complessivo negativo pari a meno 37 mila frutto del confronto tra i 175 mila stipendiati e 212 mila lavoratori in pensione. La forbice negativa si riduce ancora in provincia di Bari: a fronte di 444 mila pensionati sono infatti 426 mila gli occupati per un saldo meno pari a 18 mila unità. 
Sebbene il conteggio resti in “zona rossa”, i dati migliori sono quelli registrati in provincia di Brindisi, 140 mila lavoratori e 150 mila i titolari di trattamenti pensionistici, e nella Bat che segna il confronto meno negativo tra i capoluoghi pugliesi: il disavanzo non va oltre un meno 7 mila unità, risultato complessivo tra i 121 mila occupati e i 128 mila cui lo Stato versa l’assegno di pensione. Le cifre dei capoluoghi di provincia della Puglia sono molto differenti da quelli degli omologhi più virtuosi. A scorrere i dati del rapporto della Cgia di Mestre la realtà territoriale più virtuosa d’Italia è stata nel 2022 Milano (saldo dato dalla differenza tra il numero delle pensioni e gli occupati uguale a +342 mila). Seguono Roma (+326 mila), Brescia (+107 mila), Bergamo (+90 mila), Bolzano (+87 mila), Verona (+86 mila) e Firenze (+77 mila). Denatalità, invecchiamento della popolazione e lavoro irregolare: la combinazione di questi tre fattori principali è alla base della progressiva riduzione dei contribuenti attivi e del costante aumento dei cittadini serviti dal servizio pensionistico e dal welfare. Una condizione preoccupante che nei prossimi decenni potrebbe produrre difficoltà nella quadra dei conti pubblici in particolar modo a causa dell’aumento di spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e di assistenza alle persone.

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