Michele Emiliano a tutto campo: «Io in campagna elettorale. I renziani? Basta rancori»

Michele Emiliano a tutto campo: «Io in campagna elettorale. I renziani? Basta rancori»
di Francesco G.GIOFFREDI
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Domenica 4 Agosto 2019, 13:13 - Ultimo aggiornamento: 14:54
Michele Emiliano, che voto si dà dopo quattro anni? In tanti, anche tra gli elettori di centrosinistra, non sono certo di manica larga.
«Sono andato molto meglio di quanto potessi prevedere. Mi rendo conto però che le aspettative erano enormi. Bisognava lavorare duramente, costruire una squadra, risanare i conti, ripulire l'ambiente, visto che si continua a pensare che inquinare sia necessario per lavorare e creare economia. Ma sono stupidaggini che cerchiamo di contrastare lasciando al programma il ruolo che un tempo era affidato alla lotta tra lobby dei rifiuti, del carbone, del gas. Il conflitto può essere governato e azzerato se si tolgono dai piedi quanti ci guadagnano dal conflitto e se si cerca di costruire l'interesse generale con un processo democratico, dando peso solo a sindaci, sindacati, organizzazioni sul territorio, singoli cittadini, senza disintermediare».
È lei che ha sempre inseguito la disintermediazione: rende pubblico pure il suo numero di telefono.
«Ma questo non vuol dire non avere a che fare con i corpi intermedi, significa invece garantire a tutti le stesse modalità di accesso. Guardi, la lista Con vuol lanciare un messaggio: chi ha governato finora non avrà un ruolo privilegiato. Le competenze verranno valorizzate, ma conta l'esperienza maturata gratuitamente, non quella di chi ha curato interessi particolari. E poi è centrale il concetto di alleanza, sulla base del programma. Lo abbiamo rispettato al millimetro in questi anni, costruito dal basso nelle Sagre, con qualche lobbista che partecipava e vedeva maturare il contrasto rispetto al proprio interesse».
A voi risulta realizzato l'84% del programma. In realtà molti settori caratterizzanti sono all'anno zero.
«Entro la fine della legislatura arriveremo al 100%. L'84% è un dato frutto dell'analisi degli uffici e riguarda azioni realizzate e misure attivate la cui realizzazione è in corso».
Il Piano rifiuti non è nemmeno arrivato in Consiglio regionale. E l'emergenza viene rattoppata con soluzioni tampone.
«Il Piano c'è, stiamo solo facendo l'ultimo passaggio con Comuni e maggioranza: è in quel 16% del programma da definire. Finora abbiamo predisposto la strategia e costituito un'autorità unica, ma lasciando la governance ai Comuni nell'Ager. L'Agenzia riesce a gestire i flussi e sta cominciando a convincere i sindaci sugli impianti da costruire. Tutti vogliono fare la differenziata, ma nessuno vuole gli impianti di compostaggio, che invece rispettano tutti i criteri: si scatenano le opposizioni comunali di turno che attaccano i sindaci sostenendo che si tratta di impianti che puzzano, salvo poi lamentarsi se il sindaco deve mandare i rifiuti fuori regione».
Anche i sindaci alzano le barricate. Ormai è un approccio diffuso, in Puglia: la politica teme ripercussioni sul consenso. E un suo assessore, Borraccino, dà manforte alla protesta contro l'impianto di Pulsano.
«In questo momento i siti di trasferenza dei rifiuti non funzionano, e sono di competenza dei sindaci. Siamo al fianco dei Comuni, ma a tutti i sindaci spieghiamo che occorre senso di responsabilità. Siamo nella fase elettorale, il sistema a preferenza è spietato... Ma Borraccino comprende bene che il ciclo dei rifiuti è una cosa complessa: il sindaco di Pulsano sostenendo l'impianto fa una battaglia di civiltà per tutta la Puglia. Il ciclo era in mano ai privati, a cui stiamo spiegando che la strategia deve essere pubblica e loro devono adeguarsi dialogando con noi, non vogliamo certo fargli la guerra».
Poi c'è l'agricoltura, altro tasto dolente: dalla xylella al Psr, si è proceduto a tentoni. E i rimedi sono tardivi.
«Stiamo portando avanti un progetto di ricostruzione del paesaggio e del capitale dell'agricoltura salentina, attraverso un arricchimento sistematico del terreno, col compost dei rifiuti e col riutilizzo delle acque reflue. Magari ci consentirà di uscire dalle monocolture: la Puglia degli ulivi è bellissima, ma nel Salento bisogna ricostruire intere aziende agricole e dobbiamo permettere di farlo in una logica innovativa. La conservazione del paesaggio non può mai impedire il punto di equilibrio economico. Ma occorre attenzione: il reimpianto di milioni di ulivi è operazione rischiosa».
Ha promesso una delibera sui reimpianti e aiuti ai frantoi: con che tempi?
«Le risorse verranno erogate rapidamente alle aziende, ma si tratta pur sempre di procedure pubbliche. La xylella è un fenomeno epocale, non si tratta di pratiche ordinarie, e a ciò bisogna sommare la continua rimodulazione delle misure con l'Ue: passaggi che portano via del tempo, ma abbiamo realizzato tutto quello che è stato concordato».
Continua a non rimproverarsi nulla circa il suo primo approccio alla xylella?
«Nulla. Da luglio 2015 ho ascoltato tutti con attenzione, non ho disprezzato nessuno, ho fatto la mia istruttoria, non ho mai disatteso le misure Ue, quando moltissimi erano contrari al taglio degli alberi dicevo che non c'erano alternative».
Oggi stiamo di fatto applicando il piano Silletti, stoppato quasi sul nascere.
«Dal 2013 al 2016 non è stato fatto nulla, anni persi mandando la palla a Roma, dove però la palla è stata nascosta. Mi riferisco anche al piano Silletti: feci io il suo nome a Renzi, ma ha tenuto il piano fermo nove mesi senza tagliare nemmeno un albero. Il commissariamento del Consiglio dei ministri è stato un fallimento, serviva un soggetto tecnicamente più competente».
All'agricoltura ci vorrebbe un assessore? Non può accentrare tutto lei.
«Le deleghe si danno per avere collaborazione, ma mi occupo comunque di tutte le materie. Dove ho un assessore è chiaro che va molto meglio, però forse se è vero che il sistema sanitario pugliese è quello che secondo il ministero è migliorato di più, è perché il presidente ha dato alla delega grande importanza. Non so se nell'agricoltura sarà la stessa cosa, ma se nella maggioranza qualcuno mostra grandi capacità sulla materia, ben venga. Il posto è libero».
La sanità è in affanno: il personale scarseggia, gli ospedali chiusi non sono stati sostituiti dal rafforzamento della medicina del territorio.
«Ci sono responsabilità enormi del passato: dal 2001 sono state bloccate le assunzioni. Io le ho sbloccate e le stiamo realizzando grazie al Piano di riordino ospedaliero, ora procederemo anche con i concorsi che naturalmente hanno tempi definiti dalla legge. Anche la medicina del territorio è stata in passata molto trascurata: abbiamo investito 400 milioni di euro di fondi europei, recupereremo il tempo perduto. La sanità pugliese era ultima in Italia e ora è tra le prime dieci, anche se i cittadini non ne hanno la percezione immediata».
Più volte in questa intervista ha segnalato i problemi ereditati da Vendola. Eppure a Sinistra italiana ha teso la mano dicendo che lei si muove «in continuità con quei dieci anni». Tattica?
«Vendola è stato fondamentale per avviare la rivoluzione pugliese, ha provato a fare le nostre stesse cose, ma ci è riuscito fino a un certo punto. Io ho ripreso da lì, provando a rimediare, ma mi godo comunque il buon lavoro fatto da lui su turismo, cultura, infrastrutture, immagine della Puglia».
Ormai si va verso le primarie a gennaio: si è arreso?
«Non entro nel merito perché mi sembra tutto surreale. Però dico che una campagna elettorale comunque va fatta, non possiamo arrivarci sfiniti dalle primarie. Sarebbe un errore gravissimo farle a gennaio, vorrebbe dire non fare campagna elettorale per le regionali. Soprattutto se poi il candidato non dovessi essere io, che invece ho già cominciato la campagna elettorale. Ma in fondo a me della data delle primarie non frega nulla».
Ha detto che qualcuno vuol rompere con lei a tutti i costi: conferma?
«Non mi preoccupa la rottura, che non influirebbe sul risultato. Mi preoccupa il passo indietro culturale: torneremmo a quella sinistra che preferiva perdere le elezioni in purezza invece che vincerle con una miscela di Amarone e Primitivo».
Lei però mescola un po' troppi vitigni...
«La biodiversità in politica è fondamentale: più gente c'è ed è diversa, meglio è».
Con coalizioni troppo ampie si è costretti a firmare cambiali politiche agli alleati.
«Non firmo cambiali, scrivo invece programmi con tutti, mi assumo responsabilità e non concedo nulla a nessuno. E comunque mi sembra che in questa fase tutti gli alleati stiano lavorando solo per l'unità».
Chi le piacerebbe sfidare alle primarie?
«Vorrei una bella battaglia con un persona che ha una storia politica ben definita e pugliese. Mi dispiacerebbe se si cercasse un candidato senza passato e futuro».
Quindi gradirebbe per esempio Gentile, Bellanova, Stefàno.
«Capisco la difficoltà di molti di loro a candidarsi, non è facile sfidarmi. Apprezzo allora il coraggio di Palmisano a essere in campo: è un bravo ragazzo preparato, di sinistra, connesso col territorio».
Intanto, continuerà a raccogliere pezzi di centrodestra?
«Ci sono tanti ex Dc, socialisti, repubblicani, tanti non leghisti che hanno il diritto di salvarsi. Perché devono trovarsi per forza con la Lega? È giusto dare un'opportunità a tutti i pugliesi di non assoggettarsi al Nord sostenendo un progetto alternativo. Ma del resto è sempre stato così dal 2004: molti elettori di centrodestra hanno sostenuto me e Vendola e li abbiamo sempre rispettati, purché aderiscano al programma».
Gliene vengono rimproverati molti, ma qual è l'errore che ammette di aver commesso in questi anni?
«Forse potevo curare di più i rapporti politici: sono stato molto istintivo, davanti alla prepotenza ho reagito male, se fossi stato più diplomatico magari ora i renziani non starebbero tentando di allearsi con la sinistra radicale per far saltare il progetto di governo. Ma con Renzi non ho mai avuto una questione personale, solo politica: superata quest'ultima, il rancore accumulato in quei mesi di scontro violento deve essere messo da parte. Ora è una fase nuova».
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